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ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO
À la recherche du temps perdu
Vasta opera
narrativa di Marcel Proust (1871-1922), in sette parti pubblicato tra il 1913 e
il 1927. Nella prima, Dal lato di casa Swann [Du cóté de chez Swann],
pubblicata nel 1913, l'autore, con delicata, penetrante diffusione racconta la
sua fanciullezza timida di ragazzo nervoso, nella cittadina di Combray, ove la
famiglia passava lunghi mesi dell'anno: tutto un piccolo mondo intorno al 1880,
che pel ragazzo si allarga con due mondi confinanti appena intravisti. Uno è
quello di casa Swann, un finissimo gentiluomo accolto con la più alta stima dai
genitori di Marcel, che però non conoscono, non ricevono sua moglie (una
ex-cocotte) e la figlioletta. L'altro è il mondo dei duchi di Guermantes, che
allo spirito incantato del fanciullo appaiono quasi ancora i signori feudali del
luogo. Dello squisito, incantevole Swann l'autore passa a narrare (come appreso
più tardi) l'intenso e malinconico romanzo che l'aveva condotto a quel
matrimonio: l'amore sottile, invadente, travolgente per una cortigiana, Odette
de Crécy, che aveva cercato, seguito nell'ambiente tanto a lui diverso dei
Verdurin, borghesi ricchi e vanitosi. Ogni spasimo di gelosia aveva sofferto per
lei. È un lungo racconto quasi a parte - Un amore di Swann [Un amour de Swann]
- d'una profondità e compiutezza classiche. Marcel giovinetto incontrerà poi
al Bosco di Boulogne la piccola Gilberta, la figlia di Swann e di Odette, e sarà
un amore fanciullesco, tenero e tirannico. Esso occuperà ancora quasi tutta la
prima parte di All'ombra delle fanciulle in fiore [À l'ombre des ieunes filles
en fleurs], pubblicato nel 1919, incerto e delizioso poi si spegnerà a poco a
poco, quando Marcel pensa debba rafforzarsi nell'assenza, per un capriccio
essendosi imposto di non vedere la fanciulla. Intanto il padre di lei, il gran
signore, il dilettante finissimo, s'é mutato per il suo matrimonio, appare
sempre più imborghesito e preoccupato; trionfante e pur bonaria è Odette, con
l'alta società che la tiene ancora lontana, ma la conosce, la segue nella sua
certa ascesa. E fra tante figure dello sfondo meglio conosciamo lo scrittore
Bergotte (che molto ricorda Anatole France), il diplomatico Norpois e il grande
medico Cottard. Quando è lontana la passione per Gilberta, alla spiaggia di
Balbec, dov'è andato con la vecchia nonna, Marcel ammira un gruppo di amiche,
Albertina Simonet, Andreina, Gisella, Rosamonda, e certo ama la prima più delle
altre; ma un po'respinto da lei, esita fra le altre, nella lunga estate. E
avvicina il pittore Elstir, la cui esperienza artistica tanto lo interesserà;
conosce il barone di Charlus, fratello del duca di Guermantes, e il loro nipote
Roberto di Saint-Loup, entrando così un poco, di lontano, in quel mondo sognato
come inaccessibile. Più vi si accosta nel Lato di Guermantes [Le côté de
Guermantes], edito nel 1920, quando a Parigi la sua famiglia abita un
appartamento nel palazzo dei duchi, ed egli spesso vede la duchessa Oriana,
sente di amarla, ancora lontana e già vicina, mentre più intima si fa la sua
amicizia col nipote di lei Saint-Loup. Le è presso quando va in casa della
signora Villeparisis, zia della duchessa, un ambiente un po'misto ed equivoco
ov'è ammessa anche Odette (ma Oriana evita di parlarle); poi giunge finalmente
alla vetta sognata, è invitato a pranzo dalla nobilissima signora. Ora non la
ama più (gli è riapparsa Albertina, e sembra meno restia), ma gusta assai
quella società, quello spirito, che in Oriana meglio gli si dimostra, e non è
proprio superiorità o lontananza, ma un senso di semplicità, di
"antico", quale si trova presso i contadini. È il momento
dell'"affaire Dreyfus", dreifusardo è non solo Swann, israelita (sua
moglie invece affetta il nazionalismo, ciò che la avvicina sempre più
all'aristocrazia), ma anche Saint-Loup, per onesto liberalismo, e i Verdurin,
ancora lontani dalla più alta società, cui pure mirano con qualche aperto
disdegno e molto segreto desiderio. Marcel ha la rivelazione del vizio di
Charlus, quindi la spiegazione di tutte le stranezze che sono nel carattere, nei
modi del gran signore effemminato, semplice e aristocraticissimo. In Sodoma e
Gomorra [Sodome et Gomorrhe], del 1922 trascinato dalla passione pel giovane
musicista Morel, Charlus eutra nel mondo dei Verdurin; qualche altro nobile
frequenta già i ricchi borghesi, i quali lentamente si avvicinano
all'aristocrazia, ove Odette è ormai accolta quasi da tutti. Tornato una
seconda volta a Balbec, Marcel soffre acutamente la morte della nonna, come non
aveva fatto quando essa era venuta meno, qualche tempo prima: un altro esempio
delle "intermittenze del cuore" minuziosamente indagato. Qui è
Albertina, cui si è riavvicinato e pare voglia staccarsene tranquillamente,
poiché insomma sente di non amarla. Ma quando ha più certo il sospetto che
ella sia dedita a Gomorra (così aveva anche sofferto un tempo Swann per Odette),
quasi per impedire la caduta, o la ricaduta di lei, sente di amarla, pensa a
sposarla. Siamo agl'inizi del Novecento: si spengono gli ultimi echi del
processo Dreyfus, è la gran voga dei balletti russi, il clima di Pelleas e
Melisenda (v.) del Debussy. Nella Prigioniera [La prisonnière], del 1923,
Marcel conduce Albertina a Parigi, la tiene in casa sua, soli coi servi: vivono
come fidanzati. Ma solo la gelosia tien vivo il suo amore, che è stanco,
indifferente, quando non lo punge il sospetto doloroso; l'idea di lasciarla, di
riprendersi la sua libertà, cede ogni volta che ha la certezza del vizio, delle
menzogne di lei. Allora la tiene più chiusa, vigilata, in una prigionia che
finirà per esserle intollerabile. I Verdurin, trattati una volta senza riguardo
dal barone di Charlus, si vendicano guastandolo con Morel, che gli rivolta con
una durezza di cui il barone soffre con strazio sincero. Albertina sembra più
irretita nelle sue menzogne, la sua clausura si fa più stretta: in un momento
di calma, in cui i due giovani sono più vicini, riconciliati, ella fugge.
Orfana, quasi indipendente, aveva potuto restare così a lungo con Marcel. In
Albertina sparita [Albertine disparue] del 1925, il giovane ora soffre
immensamente dell'abbandono: cerca Albertina, pensa ogni mezzo per farla
tornare. Ma essa muore per un incidente in una passeggiata a cavallo, quando
pareva disposta a raggiungere l'amico, il cui dolore è acuito dalla gelosia
postuma. E quando il sospetto diverrà tutta certezza, quando saprà che ella
era veramente colpevole, lo strazio non si lenirà, come un tempo per la
presenza dell'amata. Siamo verso il 1910, i primi velivoli, il ritiro di Delcassé.
Lentamente, anche al grande strazio di Marcel succede l'oblio, e dopo sussulti,
ritorni dolorosi dell'amaro ricordo, l'indifferenza. Perché egli non è più il
Marcel di prima, quello cui Albertina interessava: così noi cessiamo di
soffrire perché incessantemente muta il nostro essere, diviene altro da quello
che aveva sofferto. Riappare Gilberta, adottata da Forcheville, il nuovo marito
di Odette dopo la morte di Swann: col nuovo cognome, ora anche la duchessa di
Guermantes riceve l'antica cocotte. E diventano parenti: Gilberta sposa Roberto
di Saint-Loup, tanto mutato dal fine giovane che conoscevamo, poiché in lui,
pur sempre signore e liberale, s'è manifestata l'anormalità dello zio Charlus.
Egli trova la morte nella guerra. Quando, venuta la pace - Il tempo ritrovato
[Le temps retrouve], del 1927 -, Marcel, che ha passato quegli anni in una casa
di salute, torna a Parigi, sembra compiuta la fusione delle caste, poiché un
cugino del duca, il principe di Guermantes, ha sposato in seconde nozze la
signora Verdurin, rimasta vedova. Non questo però impressiona tanto Marcel,
quanto il mutamento di tutti i conoscenti, per l'età, la vecchiaia: quasi una
indicibile fantasmagoria. Tuttavia non s'arresta, non si perde
dilettantescamente col mondo così mutato come avrebbe fatto uno Swann, ma pensa
che può ritrovare quegli uomini, quelle donne quali furono, può ritrovare se
stesso e il tempo perduto, fissandolo con l'opera dell'arte, dello stile. Questa
la missione cui dedicherà, lontano dal mondo, la vita che gli rimane. E
l'opera, fortunatamente condotta a termine dall'autore malatissimo, usciva
postuma per buona parte, con qua e là qualcosa di affrettato e provvisorio
negli ultimi volumi. Scarsa la risonanza del Lato di casa Swann, nel 1913; il
grande successo si delineò nel 1919 con All'ombra delle fanciulle in fiore,
dopo di che l'opera sempre meglio rivelò la sua portata, apparve una delle
maggiori creazioni della letteratura del Novecento. Presto fu notata l'imponente
vastità balzacchiana, quasi di una nuova Commedia umana (v.), ritraente la
vita, la società francese dagl'inizi della Terza Repubblica alla guerra
1914-18. Come Balzac, Proust ha creato una folla di persone, che vivono con
tutti i segni della vita, nella loro realtà umana e sociale, indagate da uno
psicologo nuovo, sottile, penetrante: Swann, Charlus, Saint-Loup, i Verdurin,
Odette, la vecchia serva Francesca, e Marcel (che ha tante cose dell'autore, ma
ha poi un'esistenza sua), e molti altri: tutto un mondo. Come documento di quei
nove lustri, nella minuziosità appassionata con cui tutto è notato, gli
uomini, il costume, il pensiero, perfino nell'interesse per la nobiltà, còlta
nell'inevitabile decadenza con una simpatia appena lievemente ironica, il libro
ha ricordato Saint-Simon e le sue Memorie (v.). Oltre che memorialista, Proust
vi appare moralista della più grande linea, perché il racconto spesso cede a
dissertazioni diffuse, sinuose, intorno al tempo, la memoria, il sonno, l'amore,
la gelosia, per cui la Ricerca ha fatto pensare ai Saggi (v.) di Montaigne.
L'opera è anche la confessione dello scrittore, il racconto della sua vittoria
sulla dissipatrice vita mondana, sul tempo, per mezzo dell'arte; è la
testimonianza di una grandiosa esperienza artistica, rivelante un concetto
estetico in cui Ruskin, Baudelaire, Bergson e i simbolisti sono ripresi e
superati. Questa diversità e ricchezza che tanto innalza la Ricerca, e insieme
la fa sembrare opera disparata, mal definibile, non deve nascondere la sua prima
essenza, di racconto, di storia tutta umana, vasta e lenta, ma legata da un
ordine visibile e segreto, da rispondenze ideali, da "ritorni"
musicali, tra cui quello della "sonata" di Vinteuil è solo il più
vistoso e illustre. Con le sue originali scoperte, per cui furon rinnovati il
romanzo e l'indagine psicologica, coi modi a volte inconsueti, rimane tuttavia
racconto dell'eterna commedia, dell'eterno dramma umano. La materia, che nella
prima parte sembrò persino un po'trita, con l'estetismo di Swann e dell'autore
(una delle cause del poco successo iniziale), è improntata dal pensiero, dalla
visione nuova. La realtà esteriore, coperta dalla vita pratica, dall'uso
sociale, dall'abitudine, è da noi veramente appresa quando è spiritualizzata,
sciolta nella nostra vita interiore, ricreata dalla fresca intuizione: la
personalità umana, fluida, discontinua, mutevole, è rivelata a se stessa dal
sogno, dalle fresche impressioni che, serbate intatte dall'oblio, tali risorgono
per la memoria involontaria. Cosi il sapore della "madeleine"
inzuppata nel tè richiama al romanziere lo stesso sapore che egli fanciullo
gustava ogni domenica mattina, quando la zia Leonia gli offriva un pezzo dello
stesso dolce, e dietro quella sensazione via via tutta la fanciullezza, il mondo
lontano, gli ritornano freschi e vivi. Escluso dalla vita pratica per la salute
inferma, Proust era il più atto a spiare così l'incosciente, a suscitare le
rivelazioni, per cercare l'io profondo nel ricordo, per ritrovare se stesso e
gli altri. Nell'indagine egli recava l'indifferenza etica quasi di naturalista
(più facile a chi è come fuori della società) quindi nulla ha taciuto di ciò
che ha incontrato, anche se morboso o anormale, nella natura umana. Ma tutto è
redento dall'arte. Mentre tutto intorno si discioglie, svanisce, la visione
interiore - sola conoscenza certa, realtà assoluta -, intellettualmente
approfondita, si traduce nello stile, diviene arte, per durare vittoriosa fuori
del tempo. Essa sola è morale, affermandosi contro le menzogne della vita
pratica e del sentimento con la rinuncia eroica che essa richiede. Incontrandosi
con le più nuove correnti del pensiero, nonostante l'impressionismo della
costruzione soggettiva, la Ricerca è opera classica per l'ossequio alla realtà
ritrovata, per l'impegno dell'artista a fissarla con l'espressione più adeguata
e aderente. Creazione tutta nuova specialmente in Francia, ove più che altrove
il romanzo indugiava negli spiriti e nei modi ottocenteschi, si lega alle grandi
creazioni del passato per l'uguale studio di allargare i confini dell'arte, per
stringere sempre più da vicino la realtà, la vita. Trad. di Un amore di Swann
di G. Debenedetti (Milano, 1948). V.L.
Come
egli fa di Albertina, così attira l'universo nella sua camera di malato e lo
tiene prigioniero. Proust solo ci basta e questa ricerca nella quale viaggiamo
al suo seguito, questa salita in una luce spietata dove, presi da vertigini, lo
teniamo pel suo mantello. (Fr. Mauriac).
Proust
ci ha dato un mondo meraviglioso, come un crepuscolo verde in fondo all'oceano,
ma i suoi drammi non ci possono commuovere come i fatti del globo superiore,
perché mancano degli influssi più vasti della vita. (John Buchau).
...
presenza di tutte le cose, e continuo presente. Così si nutre, si continua e si
trasforma l'amore senza memoria di Swann, stupefacente e mirabile cosa...
(Alain).
Si
sente che ciò che domina nell'animo dell'autore è l'erotismo sensuale e
alquanto perverso; erotismo che è già tutto diffuso nella bramosia di rivivere
le sensazioni di un tempo lontano. Ma questo stato d'animo non si chiarifica in
motivo lirico e forma poetica, come invece accade, nelle cose sue buone, al meno
complicato ma più geniale Maupassant, anche lui partecipe di simile stato
d'animo. (B. Croce).
(Proust)
è un uomo dallo sguardo infinitamente più sottile e attento del nostro, e che
comunica anche a noi un simile sguardo mentre lo leggiamo. (A. Gide).
In
Saint-Simon è un flusso storico che cammina, è una folla, l'intera corte di
Francia, ed è ovunque e sempre l'anima vivente e veemente di Saint-Simon: in
Proust è un flusso psicologico, vasto come l'altro, ma che, per donarsi e
progredire interamente, non ha bisogno che di un'anima, sia quella dell'autore
sia quella d'un personaggio, ch'egli non ha mai esaurito, perché nessun essere
è esauribile. (Thibaudet).
Il
suo libro è come quei trattati del Medioevo in cui il testo sparisce sotto
l'infittire delle glosse e della glossa delle glosse: è una summa. (J.
Boulenger).
Non
so se si troverebbe nell'arte letteraria un altro esempio d'un così prestigioso
spettacolo il cui punto di partenza resta sempre fornito dalla realtà. (Du Bos).
(scheda tratta da Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi, pubblicato in CD Rom da L'Espresso, 2003)