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LA POSTA IN GIOCO TV E TROPPO POTERE
di GIOVANNI SARTORI

 

dal Corriere - 18 febbraio 2002

 

Non mi è chiaro se sarei anch’io un «apocalittico». Nell’uso comune questo aggettivo sta per una esagerazione spaventante e per un gridare al lupo quando il lupo non c’è. Berlusconi minaccia la democrazia? Chi risponde sì è un apocalittico. Ma alla stessa stregua chi risponde no diventa un Berlusco-comprato. Discutere a questo modo non serve a nulla. Ed è un gioco poco serio dal quale mi chiamo fuori. Il fatto è che siamo a una stretta decisiva. Da un lato c’è la cattura (o meno) della Rai. Dall’altro c’è la disciplina (o meno) del conflitto di interessi. Le due partite sono collegate, ma sono diverse. Un Berlusconi che conquista anche la televisione pubblica ingigantisce il problema del suo eccesso di potere. Ma quel problema sussiste in ogni caso, e deve essere affrontato nei termini che gli sono propri.
Ma qui restiamo a viale Mazzini. L’argomento del Cavaliere è che la Rai è sempre stata colonizzata dai vincitori delle elezioni, e dunque che lui si propone semplicemente di fare quel che hanno fatto i suoi predecessori. La prima asserzione è purtroppo vera; ma la seconda «non consegue». Perché si fonda su un’analogia che è falsa. I vari Fanfani, Moro, Andreotti del passato non erano proprietari di altre televisioni e non controllavano una televisione privata che costituiva la metà dell'universo mediatico. Invece un Berlusconi che conquista il servizio pubblico andrebbe a raddoppiare un suo preesistente potere privato. Questa è una differenza fondamentale. Possibile che sfugga persino al capo dello Stato?
Io ho molto apprezzato e condivido di tutto cuore la esternazione a Genova del presidente Ciampi sul pluralismo dell’informazione. Però, e dall’altro lato, il presidente Ciampi ha sempre lasciato capire che lui accetta il principio della conquista berlusconiana. Il nuovo presidente della Rai deve essere, per il capo dello Stato, «leale» alla maggioranza che lo esprime. Ora, un presidente Rai «leale» a Berlusconi è, fuor di perifrasi, un presidente che gli ubbidisce. Diciamo le cose come stanno.
S’intende che non chiedo che il presidente Ciampi intervenga in una questione che esorbita dai suoi poteri costituzionali. Nella questione del servizio radiotelevisivo il capo dello Stato può solo esercitare una moral suasion , come si usa dire. Ma perché questa persuasione deve essere esercitata in favore della conquista berlusconiana? Io la riterrei molto più «morale» se il capo dello Stato proclamasse che le colonizzazioni del servizio pubblico sono una vergogna e che devono finire. Anche se queste fossero soltanto parole al vento, sarebbero le parole giuste. Perché al cospetto del fatto nuovo di un duopolio che diventa monopolio, il pluralismo dell’informazione si salva soltanto chiedendo che la Rai sia davvero affidata a una gestione super partes , davvero neutrale e davvero autonoma.
Pro veritate , come dice Caianiello, si deve soggiungere che anche in questa vicenda il centrosinistra ha volato basso. Sino all’altro giorno Fassino si è lasciato invischiare in una miserabile trattativa di posticini in consiglio di amministrazione che implicitamente avalla la conquista berlusconiana. Che miseria! C’è voluta la rivolta della base (Santoro e Giulietti) per costringere l’Ulivo a lasciar perdere «il tavolinetto delle nominucce» e ad affrontare il problema di fondo, il problema di un presidente di garanzia. Questa è la posta. È vero che il presidente della Rai viene eletto dal consiglio di amministrazione. Ma tutti sanno che il padrone è lui. E se il Cavaliere sceglierà un suo fedele, allora l’opposizione non deve vendere l’anima per due consiglieri che non conterebbero nulla. Chieda invece al capo dello Stato un messaggio che dichiari se questa sia una situazione compatibile con il pluralismo dell’informazione e con un assetto democratico.