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Una proposta ancora insufficiente IL CONFLITTO NON RISOLTO

di GIOVANNI SARTORI, in Corriere della sera 10 dicembre 2001

 

Berlusconi aveva promesso che entro i primi cento giorni del suo governo avrebbe affrontato e chiuso il problema del conflitto di interessi. La scadenza è stata rispettata e ora esiste uno schema di disegno di legge predisposto dal ministro Frattini pronto a partire. Ma la soluzione Frattini è una soluzione? Se per soluzione si intende che un problema è risolto, allora no: la proposta Frattini non risolve un bel nulla, e anzi è la peggiore non-soluzione escogitata sinora. In un agile volume appena uscito su Democrazia italiana e Conflitto di interessi Stefano Passigli definisce la proposta Frattini una «beffa». È il meno che si possa dire. Ma prima di rispiegare, in concordanza con Passigli, perché Frattini ci prenda in giro, vorrei spiegare ancora una volta quale sia il problema. Molti miei lettori (mi risulta dalle lettere che ricevo) non lo capiscono. Così una gentile signora che si firma ma che chiamerò, per proteggerne la privacy (e anche proteggere me stesso da Rodotà), signora Sbattista, mi scrive che lei del conflitto di interessi «se ne sbatte», così concludendo: «Piantiamola per favore di parlarne e cominciamo a parlare di cose utili e serie». Mi scusi, signora Sbattista, ma a tanto assalto io debbo resistere. Se lei di quel conflitto se ne sbatte, io no. Per le ragioni che passo a sottoporre alla sua attenzione.
Procedo per esempi. Primo esempio: io sono un giudice ma tengo anche, accanto al tribunale nel quale giudico, uno studio legale. Il che implica che i non-fessi devono transitare, prima di essere da me giudicati, dal mio studio legale (dove vengono debitamente «parcellati»). Va bene? A me sembra che non vada bene. E sa perché, signora Sbattista? È perché c’è conflitto (di interesse) tra essere giudice e, al contempo, difensore dei suoi giudicandi. Secondo esempio: io sono proprietario di televisioni, e quindi occorre che lo Stato, o meglio il governo, mi «conceda» lo spazio, in etere, per teletrasmettere. Sarebbe giusto, sarebbe accettabile, che sia io a concedere a me stesso la concessione in questione e così, anche, a negarla ai miei concorrenti?
Prevedo che lei mi risponda che in tribunale lei non ci va, e che l’etere non la riguarda. Ma, attenzione, in Italia finire in tribunale è facile, ed è proprio la televisione che lei ascolta che non le ha mai spiegato niente di niente. Comunque, se lei continua a sbattersene, faccio ancora un tentativo. Terzo esempio: io, come tutti, sono tenuto a pagare le tasse e sono quindi sottoposto al controllo del fisco. Ma se un bel giorno io divento controllore del fisco, allora mi trovo ad essere un «controllato controllore», un controllato che controlla se stesso, e quindi un evasore fiscale che non può essere acchiappato. Le sta bene anche questo? Se sì, sospetto che nemmeno lei paghi le tasse, e mi arrendo.
Vengo a Berlusconi e alla proposta Frattini. Una proposta che ha il merito di seppellire una volta per tutte la precedente trovata del blind trust , dell’affidamento cieco. Nella relazione introduttiva di Frattini leggo così: «Anche il più rigoroso regime di segregazione e di commissariamento dell’impresa non potrebbe offuscarne la visibilità... Occorre abbandonare qualunque impraticabile azione di accecamento». Finalmente un passo avanti. Del quale Frattini si avvale, però, per farne parecchi indietro. Perché la sua soluzione (si fa per dire) è di ignorare il colosso a monte nel quale il conflitto di interessi nasce e prospera, e di aspettare che quella montagna partorisca qualche topolino a valle, e cioè in sede di atti di governo. Ma, osserva Passigli, «buona parte del conflitto di interessi si nutre di comportamenti omissivi». Anche perché lo strapotere di Berlusconi non si fonda su un fare, ma soprattutto su rendite di posizione sulle quali l’Autorità prevista da Frattini non ha giurisdizione.
A volte, s’intende, Berlusconi userà anche lo strumento legislativo (come ha fatto di recente per salvarsi dalle rogatorie internazionali). Ma le leggi sono, per definizione, regole generali in ordine alle quali diventa difficilissimo dimostrare che assecondano soprattutto un interesse particolare. Aggiungi, infine, che il cane da guardia di Frattini non morde: è stato fatto senza denti. Non ha poteri di sanzione e nemmeno può fermare alcunché. Può soltanto segnalare un caso sospetto a un Parlamento la cui maggioranza è controllata da Berlusconi. Il girotondo è perfetto.
È di tutta evidenza, allora, che nel momento nel quale Berlusconi diventa capo del governo il suo conflitto di interessi si riconfigura come un potenziale pressoché illimitato di abuso di potere. Un abuso (potenziale) di potere che non esiste in nessuna democrazia, e che nessuna democrazia può accettare. Eppure il Quirinale ha fatto sinora finta di non vedere e di non capire. In attesa che si svegli, è davvero importante che si risvegli l’opinione pubblica. Di tanto diminuiranno le nostre Sbattiste e i nostri Sbattisti, di altrettanto aumenteranno le nostre chances di restare una democrazia rispettabile.
Vedi l’ultimissimo caso del mandato di cattura europeo. Berlusconi resiste alle richieste degli altri 14 Paesi adducendo il motivo che occorre prima una disciplina normativa comune. Certo, sarebbe meglio. Ma finché il suo armadio è pieno di scheletri suoi, è inevitabile sospettare che la sua resistenza sia anche e soprattutto in difesa dei suoi interessi. Come dovevasi dimostrare.

Giovanni Sartori