torna a . . . Ma anche: buone cose
VARESE
LIGURE (La Spezia). Solo dieci anni fa questo borgo medievale stava subendo la
sorte, apparentemente inevitabile, di tanti piccoli comuni ex agricoli, ex
abitati, ex vivi. Il caso volle che un altro ex, ex funzionario della Regione,
esperto in rapporti con l'Unione Europea, decidesse di candidarsi a sindaco
del suo paese. Si chiamava Maurizio Caranza, tra l'altro ex democristiano (poi
«espulso» dal partito), col cuore a centro-sinistra, e la volontà di
invertire una tendenza storica.
Nel
suo modesto ufficio municipale, con accento inconfondibile e i modi eleganti
del più puro understatement ligure, Caranza ricorda: «Avevamo solo
debolezze: niente industrie, case cadenti e non ristrutturate, un terzo di
cittadini agricoltori, agricoltura naturale per via della povertà che
impediva una trasformazione, mucche allo stato brado per la stessa ragione».
Ed ecco la cosa vista da un altro punto di vista: «Cioè: niente inquinamento
industriale, case intatte e speculazione quasi assente, attaccamento alla
terra, produzione praticamente già biologica e pascoli dove si può escludere
la mucca pazza. Che ne dice?».
Prodigi
della povertà: Varese Ligure, nel 1999, ha ottenuto il primato - non italiano,
addirittura europeo - di comune ecologico con certificazione internazionale
IS014001 e, a giorni, otterrà, ancora per primo, la certificazione europea
che si chiama Emas, ed è un passo avanti ulteriore verso la perfetta gestione
ambientale.
Un ritratto per tradurre le sigle in vita di tutti i giorni: la quasi totalità del paese è stata restaurata con rispetto storico-architettonico; il 95 per cento delle aziende che producono agricoltura e zootecnia è biologico; ci sono due depuratori (una metropoli come Milano non ne ha neanche uno) il cui perfetto funzionamento è garantito da ispezioni continue; i valori dell'inquinamento dell'aria sono bassissimi; il Comune è praticamente autosufficiente sul piano energetico avendo una centrale eolica, pulita, che produce elettricità (da 4 megawatt); si producono 320 chili di rifiuti/anno procapite contro i circa 500 della media italiana e funziona una capillare raccolta differenziata. Infine: c'è un piano urbanistico e del rumore. Sindaco, è l'Eden? «No, naturalmente. Il risultato è il frutto di due fattori: l'effettiva volontà di rendere più ecologico e più vivibile il paese e il fatto di conoscere le normative europee, che significa ottenere finanziamenti e, per esempio, sapere che si può certificare un comune».
Detto
altrimenti: Varese (che si chiama così perché è attraversato dal fiume Vara)
non è necessariamente il Comune più pulito e meno inquinato d'Italia. «È un
comune molto pulito e poco inquinato», dice francamente Caranza «che, per di
più, ha chiesto una certificazione del suo stato».
La
cosa sta facendo scuola: dopo Varese hanno chiesto e ottenuto la certificazione
ISO 14001 Vado e Celle (sempre in Liguria), Cavriago e Quattro Castella (in
Emilia), Cesana (Piemonte), lesolo (Veneto), Santa Caterina Jonica
(Calabria), Capri (parzialmente, mare escluso). Altri già sono in attesa. Non
è solo un fatto formale: significa accettare che un ente di certificazione
(a Varese: Rina per l'IS014001 e Arpal per l'Emas) controlli lo stato ambientale
periodicamente. Occorre impegnarsi a fare miglioramenti (e investimenti)
continui e, soprattutto, a rispettare tutte le regole.
Sembra
poco: a quanto pare il fatto di stare in pace con le leggi, per un Comune, è
un fatto straordinario. Dovrebbe essere normale, non lo è. Ed ecco come si
presenta un fenomeno ecologico: il centro storico è restaurato e chiuso al
traffico.
Le
facciate dai colori liguri sono così a posto da sembrare tutte appena fatte. «Ogni
proprietario ha messo quattro lire per ogni lira pubblica investita. La Ue ci ha
dato 26 milioni di euro e noi abbiamo proposto ai cittadini: noi vi facciamo
strade, illuminazione, fogne. Voi restaurate i vostri edifici con un contributo
pubblico. Sulle prime hanno aderito il 20 per cento dei cittadini,
poi,
via via, quasi tutti».
Ci
sono due macellerie, a Varese Ligure. Vendono, direttamente, la carne prodotta
biologicamente nel Comune (da bestie che, se si devono curare, usano medicine
omeopatiche e pranoterapia). «Così», dice il sindaco «saltiamo un
passaggio della catena commerciale e possiamo risparmiare. Tenga presente che
la nostra carne serve tutto il paese ma pure le centinaia di persone che
vengono a comprarla qui da fuori. Durante mucca pazza venivano non solo da
Milano, ma persino dalla Germania».
Lo
stesso vale per il formaggio e l'olio, garantiti biologicamente. Le attività
ecologiche, nel complesso, hanno creato 130 posti di lavoro nuovi su 2500
abitanti. Significa un incremento di oltre il 5 per cento sulla popolazione.
Come se in Italia, improvvisamente, nascessero 3 milioni di posti di lavoro.
«Abbiamo bloccato lo spopolamento», dice il sindaco «e adesso abbiamo un
trend inverso: la popolazione cresce. Poco, ma cresce».
C'è un risvolto turistico, in tutto questo. «Qui era un deserto», ricorda l'assessore all'ambiente (famiglia di albergatori dal '700), Michela Marcone, «Adesso i due hotel sono spesso pieni, e soprattutto lo sono tutto l'anno e non solo a luglio e agosto. E sono arrivati i tedeschi, in cerca di ecologicamente corretto'^. E così Varese ha tre hotel, quattro aziende di agriturismo, dieci tra ristoranti e pizzerie (ecologici), due trattorie in frazioni remote, due centri ippici. «Non abbiamo», ammette il sindaco «un campo da calcio nuovo come quello dei nostri vicini, a Sesta Godano. Ho letto che il collega sindaco lo ha sottolineato». E lei? «Ho risposto che abbiamo fatto fogne e depuratori, che non si vedono, ma che preferiamo quelle e possiamo continuare a giocare nel vecchio stadio. La cui erba, tra l'altro, è trattata biologicamente». In realtà, escluse le fisiologiche invidie locali, a Varese c'è la coda di amministratori che vanno ad imparare come certificare i loro comuni. Siena, per esempio, con un grosso finanziamento del Monte dei Paschi, sta cercando di certificare tutta la provincia. E circola l'idea di fare un club dei paesi certificati, una specie di ritrovo dei precursori, a disposizione di chi volesse far crescere il numero.
Dice
l'assessore regionale all'Ambiente della Liguria, Roberto Levaggi (Forza
Italia): «La via è quella giusta e noi appoggiamo tutte le iniziative che la
favoriscano. Non solo: stiamo mettendo a punto una catena di finanziamenti,
di tipo europeo, che privilegino i comuni certificati. Che investano in
ecologia, se, invece, vogliono spendere i soldi nelle sagre o altrove, beh,
non
avranno nulla da noi per l'ambiente». Una catena virtuosa cui potrebbero
seguire, per esempio, appalti solo ad aziende certificate e così via.
Caranza,
da buon ligure, non si lamenta troppo, ma un po' sì. Per i ministri
dell'Ambiente che qui non si sono mai visti (ma non era un bei primato
europeo?), per la politica che non capisce, non sempre. Come nel piccolo caso
di politica locale, da manuale, che da anche il senso dei travagli della
sinistra: alla rielezione, s'è trovato contro una lista dei Ds (e ha vinto comunque,
a grande maggioranza con la sua lista civica di centro-sinistra fatta di ex dc
ed ex pci). Come dire: se ne abbiamo uno buono, ammazziamolo. Dio non voglia,
potrebbero riprodursi.
ATTILIO GIORDANO •
in Il Venerdì della Repubblica 15 febbraio 2002