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Massimo L. Salvadori, La tirannide della maggioranza, in L'Unità 17 gennaio 2002

 

I nostri neoliberali sembrano ignorare, ma più probabilmente ignorano davvero, che uno dei fondamenti del liberalismo moderno è la denuncia del pericolo fatto gravare sulle istituzioni e sulla società dalla volontà di una maggioranza che travolga il sistema dei pesi e contrappesi su cui si basano il sistema rappresentativo e l'equilibrio tra i poteri dello Stato.

Basta fare i nomi di James Madison, di Benjamin Constant, di John C. Calhoun, di Alexis de Tocqueville, di John Stuart Mili, i quali - per caratterizzare la politica illiberale di una maggioranza che, pur formatasi nella libera competizione elettorale, travalica e mette in atto una politica di prevaricazione - parlarono di "tirannide della maggioranza".

Questa tirannide prende corpo quando un potere tende a soverchiarne un altro, quando chi rappresenta la maggioranza si sente legittimato a non riconoscere i diritti delle minoranze, quando una parte si considera il tutto e pensa di rappresentare tout court il bene comune, quando chi governa mescola interessi privati e pubblici. Ebbene, cosa fanno in concreto i nostri uomini di governo "liberali" e la loro maggioranza parlamentare? Nello spirito e nella prassi manifestano una costante insofferenza, intolleranza, non acccttazione per tutti coloro che, facendo opposizione, "mettono colpevolmente i bastoni tra le ruote" della macchina della "rinascita nazionale" e della "grande modemizzazione". Portando avanti un attacco ininterrotto agli equilibri tra i poteri dello Stato, pongono sotto accusa la magistratura che svolge processi non graditi e

adoperano ogni mezzo per sabotarne l'operato. Mostrandosi sordi al fatto che, secondo quanto stabilito in tutte le democrazie decenti, il potere economico non deve confondersi con quello politico, fanno quadrato intomo agli interessi privati del Presidente del Consiglio, e ostacolano con ogni mezzo il varo di una legge seria che regoli il conflitto di interessi. Guardano con disprezzo alle critiche di coloro che protestano contro la concentrazione nelle mani del Cavaliere di un abnorme potere nel campo dell'informazione, distorcente veicolo della formazione del consenso, il quale non ha riscontri ne in America ne in Europa. Considerano i sindacati, cui vogliono imporre dei diktat, alla stregua di fastidiosi ingombri. Questi nostri governanti vanno avanti a colpi di forza. Lo hanno fatto anche con l'ex-ministro Ruggiero, su cui con tracotanza i Bossi e i Tremonti hanno rovesciato vergognose contumelie non appena non ha rigato diritto. O si da loro consenso e si comanda a bacchetta oppure bollano gli avversali come ostacoli da togliere di mezzo oppure addirittura li aggrediscono come nemici della democrazia che ha dato loro la maggioranza. Ma tutto dò mostra sempre più proprio i tratti di quella "tirannide della maggioranza" di cui hanno parlato i grandi teorici della società liberale. È una strada molto, troppo pericolosa. Il Presidente Ciampi non ha perso occasione di invitare al dialogo, al rispetto delle istituzioni e delle regole. Sennonché quale dialogo può volere e rende possibile chi aggredisce i magistrati che fanno processi ai potenti come artefici di una "congiura comunista" che travalica le frontiere, chi definisce l'Unione europea come "Forcolandia", chi considera la stampa estera che esercita il diritto di critica complice dei nemici intemi del nostro paese e bolla l'opposizione come anti-italiana? In ballo sono, ne più ne meno, lo spirito e la prassi della democrazia.

Il dialogo è giusto e doveroso, ma esso ha quale imprescindibile presupposto il rispetto della lettera e della sostanza vuoi degli equilibri stabiliti dalla costituzione vuoi delle regole della convivenza proprie dei paesi liberi, dove la maggioranza non mira a uscire dai limiti posti a salvaguardia dei diritti delle minoranze e dell' eguaglianza tra i cittadini a partire dall'esercizio