Www.segnalo.it

Home page

Formazione Biblioteca e Cineteca Politiche e Leggi  Tracce e Sentieri

 

Le quattro indecenze del Cavaliere
di Antonio Padellaro

 

da l'Unità - 27 febbraio 2003


L’opposizione ha spesso accusato Silvio Berlusconi di comportarsi più da padrone che da presidente del Consiglio. Come se, dopo la vittoria elettorale, egli si fosse convinto di avere acquisito una sorta di inappellabile diritto di proprietà sulla cosa pubblica. Adesso questo fondato sospetto si è trasformato in palpitante realtà. Con un improvviso quanto spudorato outing sulla Rai, il presidente-padrone è uscito allo scoperto, chiarendo a chi non lo avesse capito ancora che, a viale Mazzini, chi decide ogni cosa è lui e solo lui, il signore di Mediaset, colui che incarna il più colossale conflitto d’interessi della storia. Un’arbitrio mai visto, denunciato pubblicamente non dai soliti dai comunisti ma da un autorevole esponente della Casa delle Libertà, il presidente della Camera in persona. Interpellato sulla composizione del nuovo Cda della Rai, nomina che istituzionalmente spetta a lui e al presidente del Senato Pera, Casini ha risposto ironicamente: «Chiedetelo a Confalonieri», chè è appunto il braccio destro di Berlusconi a Mediaset.

L’indecenza in quattro atti comincia con Berlusconi che annuncia ai giornalisti: «È andata bene, l’accordo sulla Rai è vicino, entro oggi si dimettono Baldassarre e Albertoni». Il premier è reduce da un vertice con i big del Polo che si è tenuto nel palazzo di via del Plebiscito. Ricordate le pudibonde precauzioni, studiate per evitare la pur minima ombra di conflitto d’interessi nell’attività di governo? «Quando si discuterà di materie che possono riguardare la sua attività d’imprenditore, il presidente del Consiglio uscirà dalla sala del Consiglio dei ministri», fu la virtuosa buona novella, declamata in ditirambi dai tg di regime. Adesso, onde evitare spostamenti superflui, le decisioni che riguardano i suoi affari Berlusconi le prende direttamente nel salotto di casa sua.

La seconda indecenza ha come protagonista il ministro Gasparri. Qui siamo al varietà, e non a caso la rappresentazione si svolge sul palcoscenico del “Costanzo Show”. Spetta al popolare conduttore comunicare alla nazione i nomi del nuovo vertice del servizio pubblico. Il fatto che l’autore del notevole scoop sia un dipendente di Mediaset è naturalmente, del tutto casuale. Così come il silenzio assenso del ministro delle Comunicazioni di An, seduto lì accanto. Poco prima Berlusconi aveva detto: «Garantisco che le nomine saranno di alto profilo, ma la scelta spetta a Casini e Pera». C’è da giurarci.

La terza indecenza consiste nel fatto che il presidente della Camera e quello del Senato, alle cui prerogative insindacabili la legge assegna la nomina del vertice Rai, nulla sanno delle decisioni di Berlusconi. Nessuno li avvertiti, forse pensando che dovranno limitarsi a dire: obbedisco, e a mettere un bel timbro sul comunicato Mediaset. Davvero un curioso rispetto delle istituzioni. Per fortuna il presidente della Camera non è un dipendente del proprietario, nè si considera tale. Casini ha, giustamente, un’alta considerazione del suo prestigiso ruolo e si comporta di conseguenza. Quei nomi, dichiara indignato, per lui non esistono, sono sole delle ipotesi. Vedremo.

La quarta indecenza riguarda il mercato di Berlusconi e Bossi, lo scambio di favori a cui premier e capo leghista ricorrono ogni momento. Tu mi dai i voti al Nord. Io ti regalo la Padania e RaiDue. Non sfuggono a questo baratto le nomine Rai fatte da Mediaset. Si parla di un direttore generale leghista che dovrebbe prendere il posto di Saccà. Prende forma l’incubo di una Rai totalmente padanizzata.
Anche le dimissioni di Baldassarre e Albertone rappresentano una pagina poco onorevole. Per il ritardo con cui sono avvenute. Per i disastri che quei due si lasciano alle spalle. Un’azienda a pezzi, in calo di ascolti e di qualità del prodotto. Una Rai pronta a essere definitivamente colonizzata da Mediaset. Così come il padrone desidera.