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La vicenda giudiziaria dellŽavvocato Previti
FRANCO CORDERO
 
 
da Repubblica - 7 dicembre 2005

SŽera esibito in erculee soperchierie piegando le norme al suo tornaconto: dŽun colpo inghiotte lŽemendamento che esclude dal regime lassistico della prescrizione i processi pendenti; né obietta lŽonorevole avvocato, mandatario delle baratterie (tale figura in quattro condanne), a beneficio del quale le Camere devastavano la macchina penale; il testo non emendato mandava in fumo un processo su due. LŽhanno cambiato a balia? (bella formula dialettale dŽuna metamorfosi imprevedibile). Impossibile, neuroni, ghiandole et coetera restano quali erano, tanto più nei settantenni. Domanda ovvia, cosa vi sia sotto. Gli ultimi eventi schiudono spiragli davanti ai quali gli spettatori dotati dŽanima impallidiscono. Pende un giudizio davanti alla Consulta, instante il presidente della Camera, 7 gennaio 2005: secondo lui, Tribunale e Corte dŽappello milanesi violavano garanzie parlamentari giudicando lŽon. P.: il parlamento diventa santuario dei colletti bianchi delinquenti; diritto dŽasilo; legulei napoletani lo chiamavano "confugio". LŽopinione volgare è che lŽipotetico responso positivo sotterri lŽintero evento processuale: lŽiter riparta; e nel nuovo corso scatti la prescrizione (i delitti ci sono ma il tempo li estingue, sicché lŽautore esce impunito). GlŽinteressati ostentano ottimismo. B. rassicura P. raccontando dŽavere chiesto al Quirinale una suasion nellŽorecchio della Consulta: voce raccolta dalle cronache; fosse vero, sarebbe farsa nera. Siccome grammatica, sintassi, logica, verità storica sono anche valori morali, influenti nella commedia umana, vediamo come stanno le cose in procedura penale, avvertendo i lettori: esistono varie procedure, più o meno serie; talvolta raglia lŽasinina con punte fraudolente.
È presto detto. Non esiste nemmeno lŽombra del conflitto tra poteri dello Stato (art. 130 Cost.). Ricapitoliamo la storia del caso, risalendo allŽudienza preliminare (luogo dove stabilire se vi sia materia dŽaccusa). Difese ostruzionistiche la trascinano: spesso P. non appare; chiede rinvii affermandosi impegnato dai lavori parlamentari; infine, unŽordinanza respinge lŽennesima richiesta. Conclusione impeccabile, a parte lŽinnocuo lapsus della frase che ventila una priorità della giurisdizione penale sul Parlamento; mai dire più dello stretto necessario; la Camera insorge virtuosamente davanti alla Corte. Presiede un Ds e il centrosinistra è egemone ma spirano arie bicamerali: il cartello al governo sta suicidandosi; la stessa assemblea rifiuta il permesso dŽuna custodia cautelare motivata dal rischio che braccia lunghe inquinino le prove. Al dibattimento P. risolleva la questione affermandosi leso nel diritto alla difesa. Idem i coimputati, sebbene non vantino privilegi parlamentari. Nelle procedure piratesche le nullità sono carte dŽalto rendimento: avendo interlocutori malsicuri, distratti o timidi, chi le gioca allunga i tempi (obiettivo, la prescrizione); stavolta però la mossa fallisce; e due ordinanze spiegano perché sia tutto in regola. Gli episodi processuali contestati cadono dal 17 settembre al 6 ottobre 1999. Ora, lŽart. 420 prevedeva il rinvio solo nella prima udienza: lŽart. 420-ter, c. 3, dove tale regime è esteso alle seguenti, nasce dalla l. 16 dicembre 1999 n. 479 (prodotto dŽequivoco parossismo garantistico). LŽargomento taglia corto tra persone che discutano onestamente: P. non aveva diritti in materia; lŽasserita nullità esiste nelle fantasie avvocatesche. Da notare ad abundantiam: chi afferma lŽimpedimento lo provi; bisognava produrre documenti idonei, calendario dei lavori, odg delle sedute e simili; va anche stabilito se fosse nellŽaula quel giorno, assorbito dalla discussione sulla tutela della minoranza linguistica slovena. Supponendo poi che esistesse un diritto al rinvio e lŽimpedimento fosse provato, sarebbe nullo il dibattimento? NientŽaffatto: la nullità dŽuno o più atti istruttori non invalida lŽaccusa né la condanna; al massimo sarà infondata lŽuna, ingiusta lŽaltra; e il rimedio sta nella decisione del merito. Se nellŽudienza contestata non fosse avvenuto niente, lŽirregolarità sarebbe innocua, quindi irrilevante. Sono concetti elementari.
Torniamo ai dibattimenti milanesi. Pendeva un "conflitto dŽattribuzioni", risolto dalla Corte nel senso ovvio: quel giudice sbaglia affermando un primato giurisdizionale sul Parlamento; niente impedisce dŽaccordare le rispettive funzioni; sedi competenti diranno come vadano applicate le regole processuali. Lo dicono due ordinanze, 1 ottobre e 21 novembre 2001: P. pretendeva un rinvio senza avervi diritto, non esistendo ancora la norma de qua; e cambierebbe poco se fosse esistita, perché era onere dellŽinstante provare lŽimpedimento; non lŽha adempiuto, né lŽipotetica invalidità dellŽatto istruttorio invalida processo e sentenza. Chi ha memoria buona ricorda quale pandemonio esploda nellŽarea berlusconiana: siamo agli esordi trionfali dŽun governo dal quale poveri illusi aspettano i mirabilia evocati nel ciarlatanesco contratto televisivo; B. comanda le lanterne magiche dellŽItalia bisognosa dŽoppio; fiorisce unŽingorda paura servile; ammanettare i giudici eversori, sbraitano gli sgherri; vecchi tromboni servizievoli planano sopra la mischia auspicando una linea morbida (ignoranti della sintassi giuridica o la mistificano). È consolante che, sotto lune nere, a Milano esistano dei giudici, notavo quattro anni fa, 19 dicembre, in una "Lezione impolitica sulla giustizia", spiegando i termini elementari delle questioni. Sappiamo cosa sia avvenuto poi: roba da riempire i repertori della patologia forense, mediatica, politica, incluse tre leggi cucite addosso aglŽimputati; P incassa quattro condanne; B. esce ignobilmente (i delitti constano o almeno, manca la prova negativa, ma nel caso suo risultano prescritti grazie alle attenuanti generiche). Esauriti gli espedienti ad impedienda iudicia, la Camera berlusconiana solleva un secondo conflitto davanti alla Consulta: bis in idem, gli argomenti dŽallora; valevano zero, adesso valgono zero meno qualcosa. Logica del diritto, sŽintende. In quella del malaffare strapotente 2+2 fanno un numero ad libitum.
Se le cose andassero come i filibustieri auspicano, lo Stato affogherebbe nel brago. Rifatto ab ovo il processo a P., affinché il tempo estingua i delitti, non è più decorosamente pensabile la condanna dŽun qualsivoglia reo. Ancora due rilievi destinati ai pappagalli forzaitalioti. Nessuno pretende sacrifici umani sotto maschera giudiziaria: sono gusti perversi largamente coltivati a destra; nella fine secolo XIX i cultori dŽuna paranoia misticoide invocavano la condanna dellŽinnocente capitano Alfred Dreyfus, sapendo benissimo chi fosse lŽautentica spia; e quanto strepitano i banditori della controriforma ateo-bigotta quando esigono condanne senza prove (i dottori le chiamavano "pene del sospetto"). Sono due le questioni: se P. abbia commesso fatti poco raccomandabili (secondo lŽaccusa, comprava i giudici, tenutario dŽuna miliardaria agenzia romana del baratto); e nel caso affermativo come qualificarli penalmente; altrimenti sarà assolto, epilogo meno disonorevole della prescrizione. Questioni risolubili, né mancano le prove, ma lŽOlonese tollera solo tribunali acquisiti sotto banco. Chi non lo sapesse, lŽOlonese era un pirata nelle Bermude. I nomi indicano curiose affinità: lŽOlona lambisce Milano; o la lambiva, se non scorre più nella geografia devastata daglŽinquinatori.