| 
        
      Il presidente del Consiglio dei ministri ha ragione: c’è un deficit di
      comunicazione sull’attività del suo governo. Poiché gli esecutivi
      vanno giudicati in base ai fatti e non alle parole, la lacuna è grave.
      Per colmarla, tento qui di avviare un bilancio del secondo esecutivo
      Berlusconi, avvalendomi dei dati dell’Osservatorio sull’attività
      normativa del governo, curato fin dal 1994 da un gruppo di studiosi della
      Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma La Sapienza. Quelli
      che presento e commento sono dati quantitativi riferiti al primo biennio
      di attività. E sono comparati con quelli dello stesso periodo del governo
      Prodi (che ha avuto durata paragonabile), non per attizzare polemiche, ma
      perché solo attraverso la comparazione si riesce a misurare davvero
      l’attività dei governi. 
      Il governo Berlusconi ha mostrato minore attivismo normativo del governo
      Prodi: il numero degli atti complessivamente prodotti è minore di circa
      un quinto del numero di quelli del governo Prodi e ancor minore è la
      quantità delle leggi. L’attività collegiale del governo Berlusconi è
      stata molto inferiore a quella del governo Prodi (le delibere dei comitati
      interministeriali sono state 131, contro 477 del governo di
      centrosinistra), mentre il numero dei decreti e delle ordinanze del
      presidente del Consiglio è stato doppio. Prima conclusione: il governo
      Berlusconi è ricorso meno al Parlamento, ha lavorato meno collegialmente,
      è più accentrato nel «premier». Due interpretazioni sono possibili: si
      è finalmente delegificato. Oppure: sono in corso uno svuotamento di
      funzioni del Parlamento e un rafforzamento del capo del governo. Due fatti
      sono certi: la promessa di Berlusconi di semplificare codificando non è
      stata mantenuta e il numero di colonne di Gazzetta Ufficiale riempite dal
      suo governo è solo di poco inferiore a quello del governo Prodi, che
      aveva attirato, a suo tempo, irridenti e giuste critiche da parte
      dell’attuale ministro dell’Economia. 
      I dati dell’Osservatorio mostrano, poi, che il numero di misure di
      semplificazione del governo Berlusconi è pari a quello delle misure
      opposte, di complicazione (ad esempio, nuovi pareri, intese, concerti).
      Invece, nei primi due anni, il governo Prodi aveva complicato, più che
      semplificare. Seconda conclusione: il governo Berlusconi ha fatto un passo
      avanti, ma il saldo è pari a zero. Per semplificare davvero, occorre fare
      molto di più. 
      Le misure di liberalizzazione del governo Berlusconi sono un sesto di
      quelle del governo Prodi e le privatizzazioni hanno prodotto ricavi pari a
      circa un terzo (secondo un’altra stima circa la metà) di quelli
      ottenuti dal governo Prodi. Terza conclusione: il governo di centrodestra
      è più statalista di quello di centrosinistra. A sua difesa, può
      invocare la mutata situazione dei mercati e le maggiori difficoltà di
      vendita, derivanti dalle imprese da vendere (poste, ferrovie, eccetera).
      Ma l’impegno liberalizzatore è evidentemente inferiore e le «voglie»
      della politica (posti di sottogoverno, condizionamenti di partito alla
      gestione, richieste di assunzione, eccetera) palesemente superiori. 
      Infine, le misure concrete di decentramento del governo Berlusconi sono
      poco più della metà di quelle del governo Prodi. Quarta conclusione:
      forse Umberto Bossi non ha tutti i torti.
      
       
      
          
      
      Prodi-Berlusconi, governi a confronto 
      Il Professore batte il Cavaliere sull’attività legislativa ma perde sul
      tema della «semplificazione»
      
       
      Leggi, decreti legge
      e decreti legislativi. Ma anche il numero di privatizzazioni portate a
      termine o le misure di decentramento attuate. Sono alcuni dei parametri
      scelti dal professor Sabino Cassese per «misurare» e confrontare tra
      loro il governo più duraturo del centrosinistra, quello di Prodi, e il
      governo attuale di centrodestra guidato da Berlusconi. La comparazione è
      fatta sulla distanza di due anni.
      
       
      LE NORME - Il
      confronto tra le produzioni normative del governo Prodi e del Berlusconi
      II, tiene conto del numero di atti direttamente emanati da premier e
      ministri ma anche dei decreti del capo dello Stato. Sono valutati anche il
      numero di articoli complessivi e l’«ingombro» delle norme sulla
      Gazzetta Ufficiale . La bilancia dell’iniziativa legislativa pende a
      favore del governo Prodi: 423 disegni di legge contro 241. 
      SEMPLIFICARE - Sul terreno della semplificazione (tra i parametri indagati
      la riduzione del personale negli uffici o l’introduzione di
      autocertificazioni per gli utenti) il governo Berlusconi vince il
      confronto. Non tanto perché abbia davvero semplificato (le misure in
      questo senso si compensano con quelle di segno opposto), piuttosto perché
      il governo Prodi aveva ecceduto in scelte di «complicazione». 
      LIBERALIZZARE - Il misuratore del tasso di «statalismo» torna invece a
      far pendere la bilancia a favore dell’esecutivo ulivista. Pur in un
      quadro economico più favorevole, Prodi fu più efficace su temi come la
      promozione della concorrenza o la soppressione di ordini professionali.
      
       
       
      PRIVATIZZARE - Nell’ambito della spinta liberalizzatrice un ruolo
      importante va alle privatizzazioni. Anche in questo settore è stato
      l’Ulivo a condurre in porto operazioni con ricavi maggiori di quasi un
      terzo rispetto a quelli realizzati dall’esecutivo in carica. Ma qui il
      ruolo del mercato e l’appetibilità delle imprese rimaste dopo le
      privatizzazioni dell’Ulivo hanno un certo peso.
      
       
       
      DECENTRARE - Infine, il decentramento. Nonostante la presenza al governo
      della Lega di Bossi, è ancora l’Ulivo ad aver prodotto il maggior
      numero di misure «federaliste».
      
       
     |