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Dopo Milano il diluvio
La Cassazione ha deciso di non spostare i processi a Berlusconi e Previti. Per tutta risposta, Forza Italia si prepara alla guerra. Contro giudici, Csm. E Quirinale

di Francesco Bonazzi e Marco Damilano

 

 

Il golden gol della Cassazione, martedì 28 gennaio, è arrivato a tempo scaduto. Mentre il presidente della commissione Affari costituzionali Donato Bruno parlottava a Montecitorio con Franco Nicolazzi, ministro dei Lavori pubblici nel mesozoico della prima Repubblica, Silvio Berlusconi, rinchiuso nella villa di Arcore, studiava i dossier prima della partenza per l’Inghilterra e gli Stati Uniti e Cesare Previti mordeva l’ennesimo sigaro nel suo studio romano.
Dopo la sentenza delle Sezioni unite, che ha dato torto agli avvocati di Berlusconi&Previti e lascia i processi Imi-Sir e Sme a Milano, tutto si azzera, tranne il tempo che manca alle sentenze. Mesi di polemiche, scontri parlamentari, girotondi. Ma anche annusamenti, tentativi di dialogo tra maggioranza e opposizione, appelli a raffreddare il clima. Tempo sprecato. Si riparte dal via. Dal Grande Complotto.
«Certo, fin qui abbiamo avuto la massima fiducia nei confronti del Capo dello Stato, ma quello che è avvenuto con la sentenza della Cassazione è davvero inquietante», attacca il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi, uno degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. Negli incubi della Casa delle Libertà riprende corpo il fantasma della grande manovra per rovesciare il governo del Cavaliere. Con la magistratura e la sinistra strettamente alleati. E l’uomo del Colle che benedice dall’alto.
Come nel ’94, peggio che nel ’94. Solo che all’epoca l’inquilino del Quirinale si chiamava Oscar Luigi Scalfaro. Mentre oggi c’è Carlo Azeglio Ciampi. «Ripeto: finora c’è stata la massima fiducia verso il presidente», prosegue Bondi. «Ma le analogie con il ’94 sono davvero tante. Anche allora Berlusconi era a un vertice internazionale quando ricevette il primo avviso di garanzia. Questa volta la sentenza della Cassazione è arrivata alla vigilia del suo viaggio in Inghilterra e Stati Uniti, per parlare della pace mondiale. Ci riprovano, con mezzi più sofisticati di otto anni fa. Siamo di fronte al colpo di Stato, a un potere sovversivo che interpreta le leggi come vuole invece di applicarle».
Il Complotto, accusano gli uomini di Forza Italia, è scattato l’8 ottobre, durante un pranzo al Quirinale tra Ciampi e Berlusconi. Quando circolarono alcune ipotesi di modifica della legge Cirami, in votazione il giorno dopo alla Camera, studiate dai consiglieri giuridici del presidente. Nella modifica si specificava che sarebbe stato possibile chiedere il trasferimento del processo solo in caso di «gravi situazioni locali». Il giorno dopo il consiglio fu recepito dal Polo in quello che i giornali chiamarono “il maxi-emendamento Ciampi”. Necessario per rendere costituzionale la Cirami.
Oggi i falchi del Polo rivendicano di aver capito tutto già all’epoca. E sospettano che l’emendamento Ciampi sia servito allo scopo. Perché proprio quella modifica ha consentito alla Cassazione di lasciare i processi Previti e Berlusconi a Milano. «Avete vinto voi. Siamo nella merda», confidò l’avvocato-deputato Gaetano Pecorella a un collega di sinistra.
«Alle undici del nove ottobre si era già capito benissimo che la legge Cirami, così cambiata, non serviva a nulla», ricorda con puntiglio Carlo Taormina. «La verità è che quando dissi che certi magistrati andavano arrestati, a farmi dimettere da sottosegretario all’Interno fu la mia stessa maggioranza. Si sono fatti un sacco di illusioni sui giudici della Cassazione, alzandogli anche l’età pensionabile. Ecco il risultato: la magistratura ci ha dato una tortorata in testa e chi l’ha ricevuta ora deve solo strisciare».
Ora i processi sono l’ultimo dei problemi, tranne che per gli imputati. Previti è quello che rischia di più. Ilda Boccassini ha chiesto 13 anni per l’Imi-Sir. «E pensare che hanno fatto tutto per lui. Dovevano dimostrargli fedeltà fino all’ultimo», dice il ds Francesco Bonito.
La prova estrema di fedeltà a Cesarone è arrivata da un uomo di An, l’avvocato-sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino. Con i giudici della Cassazione ancora in camera di consiglio, ha avuto l’idea di dichiarare che il trasferimento dei processi era «una scelta obbligata».
Di Previti si parla come della vittima sacrificale. Pecorella se ne fa una ragione: «Impensabile che Berlusconi possa essere condannato». E su Previti? Neppure una parola. Omissione poco saggia per chi siede su una poltrona sempre più in bilico, la presidenza della commissione Giustizia. La fazione previtiana ha messo in pista il suo uomo, l’ex magistrato romano, ora deputato di Forza Italia, Francesco Nitto Palma. Il profeta del ritorno all’immunità parlamentare che avrebbe risolto tanti problemi.
Ma è tutta Forza Italia scatenata nell’invocare la resa dei conti con le toghe. «Dobbiamo risolvere alla radice questa malattia che si chiama giustizia politicizzata», proclama Bondi. «E non basta fare le leggi garantiste come la Cirami perché i giudici le applicano come vogliono».
Taormina stila l’agenda dei prossimi mesi: «Separazione delle carriere, scioglimento delle correnti dei giudici, Magistratura democratica e Movimenti riuniti in primo luogo. Introduzione della meritocrazia». Un programma di fuoco. Una guerra senza quartiere che minaccia di colpire anche altre istituzioni. Il Csm, per esempio, dove il membro laico in quota Forza Italia Giuseppe Di Federico, abbandonando la prudenza accademica, ha paragonato la sentenza della Cassazione all’intervento in Iraq: «Si avvicinano decisioni su Berlusconi che potrebbero essere più devastanti della guerra». E il Quirinale. Accusato, neppure in mondo tanto velato, di aver scavato la fossa alla Cirami, e che ora potrebbe essere messo in difficoltà da una marcia forzata verso il presidenzialismo. Nell’entourage del Cavaliere, impegnato a recitare la parte del grande statista tra Downing Street e i prati della Casa Bianca, circola di nuovo la parola elezioni in caso di condanna del premier al processo Sme.
«Qualunque sia la sentenza, l’opinione pubblica si rivolterà contro questa magistratura», promette Bondi. Radicalizzare lo scontro. Fare le riforme da soli, la giustizia e il resto, sarà la nuova strategia. Ma gli alleati sembrano freddi. An e i centristi stanno a guardare. La Lega, pochi minuti dopo la sentenza della Cassazione, ha perfino abbandonato l’aula di Montecitorio in segno di protesta. Non per solidarietà con Silvio e Cesare. Ma contro una leggina sul corpo forestale. Troppo centralista.

30.01.2003

In: http://www.espressonline.it/ESW_articolo/0,2393,40390,00.html