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La Chiesa frena «soprattutto sulla nuova sanità».
Il premier difende la riforma
Devolution, le critiche dei vescovi
«Il federalismo sia solidale». Dubbi anche da Casini: non tutto va bene Berlusconi rilancia: ora la legge elettorale, poi si cambia la par condicio
 

  dal Corriere - 18 novembre 2005


Approvata dal Senato la riforma costituzionale, che sarà sottoposta al referendum, emergono perplessità sia in ambito politico che tra i vescovi. Il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, fa sapere che del testo «la parte migliore è quella sul federalismo» ma «non tutto mi convince». La Conferenza episcopale, che «rispetta» il federalismo votato dal Parlamento, si augura che sia «moderato e solidale». Preoccupa i vescovi, soprattutto, la sanità: «Occorrerà porre massima attenzione per contrastare la formazione di 20 servizi sanitari regionali» diversi. Dal canto suo, il presidente del Consiglio difende la riforma e insiste: vado avanti, ora la legge elettorale, poi - dice Silvio Berlusconi - cambieremo anche la par condicio.
Da pagina 2 a pagina 5 Accattoli, De Bac, M. Franco, Fuccaro, Galluzzo, Gorodisky Michilli, Trocino, Zuccolini


LE NUOVE REGOLE. LA CHIESA
Devolution, allarme dei vescovi: più solidarietà
DAL NOSTRO INVIATO

ASSISI (Perugia) - La Cei «rispetta» il federalismo votato dal Parlamento, ma si augura che sia «moderato e solidale», specie in materia sanitaria, in modo da evitare che si realizzino «venti sistemi sanitari regionali tra loro sperequati»: lo hanno affermato, all’assemblea della Cei, l’arcivescovo Giuseppe Merisi, che parlava a nome della Commissione episcopale per la salute, e Antonio Cicchetti, direttore del Policlinico Gemelli.
Un’altra voce di ambito Cei, quella dell’agenzia Sir, riprendendo un’espressione del cardinale Ruini qualifica come «assai controverse» le modifiche costituzionali appena approvate e si augura che vengano sottoposte - in vista del referendum confermativo - a un «pacato ma profondo dibattito».
Dall’insieme di queste voci risulta un approccio preoccupato alla devolution, che corrisponde bene all’insistenza con cui - negli anni passati - l’episcopato ha messo in guardia dai propositi riformatori della Lega Nord, sostenendo che l’eventuale riforma costituzionale avrebbe dovuto evitare ogni attentato all’unità del Paese, ma anche la sola «parvenza» di non tenerla in conto.
Merisi ha tenuto ieri una conferenza stampa per riferire sul tema della pastorale sanitaria: «Ci auguriamo che il federalismo sia solidale e preveda meccanismi di eventuali perequazioni tra le regioni. Si tratta di un’esigenza che nasce dalla base e che noi facciamo presente nel rispetto per le competenze delle istituzioni civili». Le conseguenze della devolution sul sistema sanitario nazionale sono state descritte ai vescovi da un esperto della materia, Antonio Cicchetti: «Bisognerà porre la massima attenzione per contrastare la formazione di 20 servizi sanitari regionali». Come «mezzo» per ottenere quell’obiettivo, Cicchetti propone che «ogni anno con la legge finanziaria vengano fissati gli standard di servizio e i meccanismi centrali di verifica e di affiancamento: l’effetto auspicato è quello di un federalismo mitigato», che eviti «drammatiche ricadute sui cittadini delle regioni oggi più indietro».
Aprendo lunedì l’assemblea dei vescovi (che chiude oggi) Ruini aveva parlato con prudenza della riforma costituzionale, limitandosi a dire che essa conteneva «norme assai controverse, che dovranno essere poi sottoposte a referendum popolare confermativo». Il concetto delle «norme controverse» è stato ripreso dal Sir: «Dirà il popolo sovrano se questa stagione di riforme costituzionali votate a maggioranza porterà a un nuovo equilibrio costituzionale oppure resterà consegnata agli archivi come uno dei capitoli della lunga e aggrovigliata transizione».
«Il testo della riforma infatti - continua l’agenzia promossa dalla Cei - lungi dal limitarsi alla cosiddetta devolution, comporta cambiamenti assai rilevanti e non sempre del tutto chiari nella forma di governo, tanto da portare a quella che allora sì si potrebbe chiamare una "seconda" Repubblica».
La preoccupazione degli ambienti Cei per la devolution ha provocato commenti favorevoli a sinistra e una calda rassicurazione da parte di Calderoli. «Condivido totalmente le preoccupazioni espresse dai vescovi» ha detto Piero Fassino, segretario dei Ds. E Rosy Bindi, della Margherita: quelle dei vescovi sono «preoccupazioni perfettamente condivisibili», le sperequazioni regionali «costituiscono un’eventualità tutt’altro che remota». Ma il ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, non ha dubbi: «Il federalismo è equo, equilibrato, solidale» e punta a ottenere «20 sanità di serie A».
Luigi Accattoli


Dubbi di Casini sulla riforma
«Non mi convince del tutto» «Mantengo incertezze su poteri del premier e rapporti tra le Camere»

ROMA - Il giorno dopo il via libera alla riforma costituzionale affiorano i dubbi. Non quelli di Silvio Berlusconi che ostenta ottimismo: «Io penso di vincere comunque... devoluzione o non devoluzione». Il progetto, aggiunge, porterà «una razionalizzazione di ciò che devono fare le Regioni». A sollevarli sono i vescovi italiani che temono venti sistemi sanitari diversi. Ed è per questo che invocano meccanismi di perequazione. Le stesse preoccupazioni trovano consensi nelle opposizioni. I Ds concordano con la Cei, ma rilevano: «Le avevamo già espresse». E Romano Prodi incalza: «La devolution è una norma sciagurata che porta indietro la politica italiana».

DUBBI - Altri dubbi (di natura diversa) li solleva il presidente della Camera, che annuncia il suo «ritorno alla vita del partito, l’Udc». Pier Ferdinando Casini dice che «non tutto mi convince ma questo testo è stato migliorato rispetto a quello di tre anni fa, l’Udc ha lavorato per cambiarlo, per inserire punti fondamentali come l’interesse nazionale». Per lui «la parte migliore è quella del federalismo». Sul federalismo, insiste, «mantengo il mio giudizio, anzi non capisco l’esultanza della Lega. Perché se guardiamo i fatti, il federalismo di oggi è molto più rassicurante anche per il Mezzogiorno piuttosto che i rischi della riforma di ieri». Le riserve, a giudizio di Casini, riguardano i rapporti alquanto macchinosi tra Camera e Senato delle autonomie e sul capo del governo.
Casini è convinto che non è alle viste la «dittatura del premier». Anzi. «Credo che le norme antiribaltone - argomenta -, pur essendo giuste, lo abbiano talmente ingessato in alcuni passaggi che rischiamo di avere un premier più debole di quello che si pensa, non più forte». E allora? Attendiamo, esorta, «con serenità, che siano i cittadini a pronunciarsi con il referendum, evitando che i partiti li tirino da una parte e dall’altra. È necessario, comunque, sdrammatizzare la questione».

REPLICA - A tutte le obiezioni replica la Lega. Soddisfatta per gli «apprezzamenti di Casini sul federalismo», dichiara che se questi sono i rilievi «ne usciamo più forti». Per il Carroccio i dubbi sono legittimi sulla parte che riguarda la forma di governo. Ecco perché, preannuncia, «sono già previsti passaggi successivi allo scopo di rivedere quei punti che, alla prova dei fatti, si dimostreranno da correggere».
Lorenzo Fuccaro