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Terminato il secondo dei quattro passaggi parlamentari previsti

Devolution, sì del Senato

I senatori del centrosinistra hanno lasciato l'aula e non hanno partecipato al voto: 162 i voti favorevoli, 14 i contrari

 
 

ROMA - Il Senato dice sì al Ddl sulla devolution ma lo fa attraversando momenti di forte tensione. Il disegno di legge sulla riforma della Costituzione è stato approvato con 162 voti favorevoli e 14 contrari. I senatori del centrosinistra non hanno partecipato. Il disegno di legge va ora all'esame della Camera. Nella maggioranza, interventi di dissenso sono arrivati dal centrista Renzo Gubert e dal vicepresidente di An e del Senato Domenico Fisichella.

«NASCE LA NUOVA ITALIA» Al momento della proclamazione dell’approvazione, i senatori della Cdl hanno esposto in Aula dei grossi striscioni tricolore con le scritte: «Nasce la nuova Italia», «Stop ai ribaltoni», «Torna l’interesse nazionale». Il presidente del Senato Marcello Pera ha invitato a rimuovere i cartelli. Quindi, ha sospeso la seduta.

 

 
 

L'OPPOSIZIONE NON VOTA - L’Unione non ha partecipato al voto finale sul Ddl di riforma della Costituzione. I senatori del centrosinistra in segno di protesta hanno abbandonatol'Aula, eccetto Gavino Angius e Willer Bordon restati come «testimoni». Il centrodestra in segno di scherno ha applaudito i senatori che uscivano e che hanno lasciato sui banchi bandiere italiane.

TRICOLORE IN AULA - La seduta era stata sospesa anche in precedenza, in seguito a una protesta inscenata dall'opposizione. Subito dopo l'intervento di Gavino Angius, tutti i senatori del centrosinistra hanno cominciato a sventolare fazzoletti tricolori, mentre il senatore dei verdi Sauro Turroni e altri parlamentari sventolavano bandiere bianco rosse e verdi. Pera ha chiesto ai senatori di togliere le bandiere: «Ancorché molto patriottico - ha detto Pera - questo non è consentito».
Angius, nel suo intervento aveva parlato di
un ddl che «mina l’unità nazionale, colpisce il Presidente della Repubblica e attribuisce al Presidente del Consiglio, chiamato primo ministro, un potere smisurato, di controllore assoluto del Governo. Ne è risultata - ha aggiungto - una Costituzione che fa impressione per la sua farraginosità, la sua contraddittorietà, sostanzialmente inapplicabile, destinata ad accentuare conflitti istituzionali permanenti».

REFERENDUM - A questo punto si comincia già a discettare sulla data del referendum, che, come è noto, trattandosi di una consultazione confermativa, non avrà bisogno di un quorum per essere ritenuta valido. E anche sulla data i punti di vista di maggioranza e opposizione divergono. L’Unione vorrebbe che si tenesse prima delle politiche. I suoi esponenti sono convinti infatti che un’eventuale bocciatura sarebbe un buon segno per il centrosinistra e, di converso, pessimo per la Casa delle libertà.

La seconda lettura della Camera potrebbe avvenire nel giro di pochi giorni. L’articolo 138 della Costituzione stabilisce infatti che tra le due successive decisioni di ciascun ramo del Parlamento debbano trascorrere tre mesi. Per l’assemblea di Montecitorio, dunque, non ci sarebbero problemi perché dalla prima lettura (metà ottobre 2004) sono passati più di sei mesi. Diverso il discorso per il Senato, che dovrà attendere la fine di giugno per affrontare la questione. A questo punto il nodo è politico. Il premier Silvio Berlusconi ha già detto che il referendum si terrà dopo le politiche. Pertanto è assai improbabile che ci sia un’accelerazione per anticipare il sì definitivo prima della fine del 2005.
 

 

 

 

23 marzo 2005