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MALATI DI MENTE / LA MODIFICA DELLA 180, Questa riforma è roba da matti
Strutture protette per lungodegenti. Ma anche ricoveri forzati su richiesta di chiunque. È quello che chiede il Polo di Stefania Rossini

L'Espresso 30 maggio 2002

 

 

DuE FIGLICIDI IN UNA SETTIMANA, due penosi delitti compiuti da madri che pure ricevevano aiuto psichiatrico dalle strutture pubbliche, hanno indotto il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, a dire qualcosa in tema di riforma psichiatrica. Con la bonomia un po' distratta che caratterizza certe politiche sociali del Polo, Sirchia ha annunciato l'apertura di "sportelli di quartiere", dove le famiglie dovrebbero trovare finalmente ascolto e aiuto. Ma gli sportelli sono piombati sugli addetti ai lavori - anche su quelli della Casa delle libertà - con lo stesso effetto delle 800 mila dentiere gratis promesse il giorno dopo agli anziani senza denti: seduzioni di stampo berlusconiano. Intanto si colpisce l'immaginazione, poi si vedrà.

Infatti, guardando oltre lo slogan, si scopre che ad "ascoltare il disagio" dovrebbero essere i soliti volontari (che vuol dire costo zero ma anche competenza zero), i quali non farebbero altro che dirottare i disagiati ai servizi territoriali, che restano gli stessi che non avrebbero saputo aiutare le due disgraziate madri di Sondrio e di Imola. Anche i finanziamenti sarebbero stornati da quel 5 per cento che è già la quota della spesa sanitaria regionale indirizzata alla psichiatria. Un gioco delle tre carte, insomma, che lascia semplicemente le cose come stanno. In realtà il lancio della nuova e suggestiva parola d'ordine serve soprattutto a guadagnare tempo su una questione che il Polo aveva promesso di risolvere in un lampo e che invece si sta dimostrando tra le più spinose: la riforma della legge 180 o, meglio, la controriforma psichiatrica.

Quattro proposte di legge si confrontano da mesi in Parlamento, nella commissione Affari sociali. Ma solo quella che fa capo a Forza Italia e porta la firma di Maria Burani Procaccini ha le carte in regola per arrivare all'esame delle Camere. Tre stanno lì a mera testimonianza: quella del leghista Alessandro Cé che affianca quasi in tutto la prima; quella di Paolo Cento dei Verdi che difende quasi in tutto la 180; quella del medico forzista Furio Gubetti, che ripropone un testo presentato con gran fracasso dal primo governo Berlusconi (e che all'epoca si avvalse dell'apporto mediatico di Vittorio Sgarbi, ora assorbito da compiti più consoni, e di Alessandro Meluzzi, ora disperso in una crisi mistica).

Due i punti caldi che rischiano di riaprire una vecchia guerra di religione. La possibilità di un ricovero del malato su richiesta di «chiunque ne abbia interesse» e l'apertura di reparti di lungodegenza, chiamati Sra (Strutture residenziali con assistenza continuata) per almeno 50 mila posti letto. Roba che scotta e che, secondo alcuni, riporta indietro la visione della malattia mentale di oltre un secolo, quando si conoscevano solo coercizione e custodia. Come se intanto non ci fossero stati Foucault nella letteratura e Basaglia nella pratica, le psicoterapie che hanno preteso di andare incontro all'altro e gli psicofarmaci che hanno sedato senza legacci. Anche se il trattamento d'urgenza avrà una durata di sole 72 ore e avrà bisogno della convalida di uno psichiatra, quel "chiunque" richiama immagini perse nel tempo: un nipote che deve liberarsi per un po' di un vecchio zio per questioni di eredità, un amante che si vendica di un'infedeltà, un vicino che non sopporta più la prossimità dell'angoscia. Figure che hanno popolato per decenni i vecchi manicomi, persone più o meno malandate che entrarono un giorno per uscirne male o mai più. Basterà uno psichiatra compiacente, dicono gli allarmisti, e per 72 ore ciascuno di noi potrebbe essere messo fuori gioco.

Sulle residenze protette, invece il problema sembra meno grave. Neanche i più fedeli osservanti della 180 si nascondono che la controriforma è già stata fatta e che alcune migliaia di quei malati dismessi d'ufficio dai manicomi stanno già altrove, in cliniche convenzionate che possono avere 30, 50, o chissà quanti posti letto. Rispondere a colpi di ideologia a chi ha già vinto sul piano della realtà appare finalmente inutile. L'esperienza di 24 anni di pratica psichiatrica riformata ha fatto bene a tutti e non si trova nessuno che neghi l'utilità di contenimento anche prolungato per chi proprio di questo ha un disperato bisogno. L'accento deve spostarsi semmai sulla qualità e la scelta della cura, grande assente nella riforma di Forza Italia.

Senza dimenticare il business che si sta già organizzando, con il travestimento in cliniche psichiatriche di tristi cronicari, in cui assemblare adulti e anziani, giovani al primo episodio psicotico e vecchi consumati dall'Alzheimer. È un processo ampiamente cominciato, con punte esemplari come quella di Catania dove -come denuncia Maria Grazia Gianichedda di Psichiatria democratica - la Regione Sicilia ha finanziato il camuffamento di ben 900 posti letto. Sarà quindi uno scontro sulle cose e non più sulle bandiere, quello prossimo venturo intorno alla gestione della follia. Anche se è forte la tentazione di dare una lezione ideologica, il governo deve fare i conti con schieramenti resi complicati dai tempi. Come l'ostracismo già ventilato di Giulio Conti, medico e deputato di An, che in commissione Affari sociali ha detto in sintesi: mi dispiace, la destra sociale non ci sta.

30.05.2002