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Luigi Cancrini, Ospedali psichiatrici giudiziari: migliorarli, ma non cancellarli

in L'Unità 19 febbraio 2002

L« impressione più forte che si vive entrando in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario (Opg) come quello di Montelupo Fiorentino è un'impressione di disorientamento. Nutrito da film idioti del tipo «II silenzio degli innocenti», il pregiudizio di chi pensa a un luogo dove sono rinchiusi i matti più pericolosi, è quello di un incontro con «Hannibal the Cannibal» sorvegliato a vista da decine di uomini armati che rischiano la vita ogni volta che lui si muove. Serial killer e psicopatici programmaticamente dediti ad ogni tipo di violenza non abitano qui, tuttavia, trovano vita solo nella sceneggiatura dei film americani: gli sponsor più importanti di un sistema carcerario violento, che ospita un numero di detenuti da 5 a 10 volte superiore, in percentuale, a quello dei paesi europei e che sostituisce di fatto, nel bilancio degli Stati Uniti, le spese del sistema sanitario nazionale.

Sono sostituiti qui, in un paese del cui livello di civiltà a volte è bene essere orgogliosi, da un insieme di persone rinchiuse perché malate e paurosamente deboli. Da persone che andrebbero aiutate a capire che cosa è successo loro nel corso di una vita cui sarebbe importante restituire un senso: aiutandoli ad appropriarsi o a riappropriarsi di un destino che dovrebbe essere il loro. La considerazione immediatamente successiva, è quella proposta dalla vostra lettura. Irreale nella sua atmosfera, l'Opg è un luogo tremendamente reale per le funzioni che svolge. Insostituibile esso è, infatti, per le categorie di utenti cui voi fate riferimento: quello dei pazienti psichiatrici che non trovano risposta adeguata nei servizi territoriali, quello dei condannati che presentano disturbi psichiatria in carcere e quello degli autori dei crimini più «inquietanti». Tre situazioni diverse, non omogenee e che debbono però essere valutate separatamente.

Poco da dire, in teoria, sul primo gruppo. Il superamento dei manicomi voluto da Basaglia doveva essere seguito dallo sviluppo di strutture in grado di ospitare, curandole, le persone che stanno troppo male per vivere in casa. La possibilità di corrispondere alla necessità di cure residenziali con i soli servizi ospedalieri destinati al trattamento sanitario obbligatorio non è realistica.

Carenza di posti e di spazi obbligano a ricoveri troppo brevi impedendo lo sviluppo di un progetto di cura, e caricando sulle famiglie un peso spropositato di dolore e di responsabilità. Un sistema organico di comunità terapeutiche costituisce una necessità fondamentale, ad oggi non esaudita, dell'assistenza psichiatrica.

Non realizzarlo spinge dapprima al reato e poi all'Opg un numero di pazienti che potrebbero (dovrebbero) essere curati fuori, che pericolosi non sarebbero stati mai e che pericolosi diventano in rapporto alle inadempienze del sistema di cura.

Un discorso di fatto molto simile riguarda la seconda categoria dei vostri utenti. Se un detenuto sta male e deve essere operato, affidarlo al sistema sanitario nazionale per il tempo in cui ha bisogno di cure è del tutto normale. L'idea per cui il detenuto che va incontro a un episodio psicotico acuto o a una sindrome depressiva debba essere inviato all'Opg si regge solo sull'idea per cui non ci sono strutture, nel sistema sanitario, .nazionale, in grado di ospitarlo e di curarlo. L'esistenza dell'Opg è anche qui, di fronte ai problemi di questo tipo di utente, una esigenza legata all'insufficienza delle strutture che dovrebbero occuparsi dei pazienti con problemi psichiatrici.

Più delicato e più complesso, il problema proposto dalla terza categoria di utenti. L'esistenza di disturbi gravi della personalità direttamente collegati allo sviluppo di comportamenti criminali pesanti, è un dato non più controverso della letteratura psichiatrica moderna. Patologie del senso morale e del Super-Io (nel senso proposto, per esempio, da Otto Kernberg) si associano abbastanza spesso a patologie di tipo narcisistico e/o paranoico. Propongono là necessità assoluta di interventi capaci di basarsi sulla reclusione protratta di persone inaccessibili, altrimenti, a ogni tipo di intervento terapeutico. Purché la reclusione non sia il solo intervento, però, perché pochi pazienti hanno bisogno come questi di cure centrate sulla costruzione di un rapporto personale forte e di una ricostruzione attenta, al suo intemo, della loro storia di bambini e di adulti.

L'attuale organizzazione di un Opg dovrebbe essere superata. La logica chiede, tuttavia, che si ragioni sino in fondo sui tempi delle decisioni e sul dato per cui comunque i bisogni con cui l'Ospedale si confronta oggi sono bisogni reali. Cui occorre dare risposte da subito.

Porre mano alla attuazione piena della riforma voluta da Basaglia venti anni fa aprendo, sul territorio, strutture in grado di offrire cure residenziali di una certa durata ai pazienti psichiatria the ne hanno bisogno chiede un impegno politico e amministrativo forte. Chiede di dedicare alla psichiatria il 5% almeno (Veronesi lo ha proposto ma non lo ha fatto) delle spese sanitarie. Se questo impegno ci fosse (e non c'è) i nostri pazienti andrebbero comunque curati da oggi.

Del tutto assurdo sarebbe, in questa condizione, non lavorare seriamente per migliorare le condizioni attuali degli Opg. Ragionando sulle loro finalità che dovrebbero essere di cura prima che di custodia. Creando condizioni in cui queste finalità possano essere effettivamente perseguite. Vorrei concludere questo discorso, ora, con una piccola nota di ottimismo. Psicologi e psichiatri, infermieri e agenti, che lavorano negli Opg affrontano ogni giorno difficoltà di ogni genere. Ho sentito un insieme di volontà e di scelte caratterizzate da un livello alto di civiltà e di impegno.