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13 Novembre 2002
FINANZIARIA: REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO, STORIA E ATTUALITA'
Scheda sul reddito minimo di inserimento;
Articolo di Livia Turco per L'Unità;
Dichiarazione di voto di Livia Turco



1) Scheda sul reddito minimo di inserimento;


2) Articolo di Livia Turco per L'Unità del 12 novembre 2002;


3) Resoconto stenografico dell'Assemblea; Seduta n. 222 del 10/11/2002

Scheda sul Reddito Minimo di Inserimento

Storia del RMI

· Il Reddito Minimo di Inserimento è uno strumento integrato di sostegno al reddito di ultima istanza. È una misura di assistenza attiva che prevede un’integrazione al reddito per le persone che, per qualunque ragione, si trovano al di sotto della soglia di povertà ed è accompagnata da un progetto di reinserimento sociale incentrato soprattutto sulla formazione. ·

Il Reddito Minimo di Inserimento è stato introdotto nel nostro Paese in forma sperimentale nella Finanziaria del 1998. Lo scopo della sperimentazione era verificare le condizioni di fattibilità finanziaria ed organizzativa di un istituto- peraltro presente in varie forme in tutti i paesi europei, eccettuata la Grecia- in un paese come l’Italia caratterizzata da forti differenze territoriali e da altrettante forti concentrazioni territoriali della povertà.

La Legge Finanziaria del 1998 ed il successivo decreto legislativo 237 del 18 giugno 1998 avviarono la sperimentazione in 39 Comuni diffusi su tutto il territorio nazionale. I comuni vennero individuati sulla base di un indicazione dell’ISTAT coerente con gli indicatori generali di disagio e povertà. La sperimentazione era biennale e riguardava gli anni 1998-2000. Furono stanziati 500 miliardi di vecchie lire. La sperimentazione è stata valutata per la prima volta nel nostro Paese da un istituto indipendente (IRS di Milano e la Fondazione Zancan di Padova) che ha lavorato a stretto contatto con il Dipartimento Affari Sociali e con la Commissione di indagine sull’esclusione sociale. Il Rapporto Guida di valutazione è stato consegnato al Governo nel giugno 2001. Tale Rapporto avrebbe dovuto essere trasmesso dal Governo alla Commissione parlamentare competente ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 237 del 18 luglio 1998. Il Ministero del Welfare – Governo Berlusconi – benché ripetutamente sollecitato da interrogazioni ed interpellanze parlamentari dei DS- non ha ritenuto di adempiere a questo obbligo di legge.

· La legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di inserimento e servizi sociali all’art.23 ha sancito che, sulla base delle risultanze della sperimentazione, il Parlamento dovrà approvare una legge per la messa a regime di questo istituto.

· La Legge Finanziaria 2001 ha ulteriormente allargato per il biennio 2001-2002 il numero dei Comuni in cui è introdotto il Reddito Minimo di Inserimento. Con i governi dell’Ulivo la sperimentazione del Reddito Minimo di Inserimento è stata estesa a 396 Comuni ed ha visto lo stanziamento di 1000 miliardi di vecchie lire. Il Reddito Minimo di Inserimento ha coinvolto oltre 200.000 persone ed ha consentito a molte di esse di uscire dalla povertà.

· Il “Patto per l’Italia” al paragrafo 27 afferma che “la sperimentazione biennale 1998-2000 ha consentito di verificare l’impraticabilità di individuare, attraverso la legge dello Stato, soggetti aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale. Appare, perciò, preferibile realizzare il cofinanziamento con una quota delle risorse del Fondo per le politiche sociali, di programmi regionali, approvati dell’amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito. L’amministrazione centrale avrà un ruolo di coordinamento e di controllo sull’andamento e sui risultati dei programmi medesimi”.

· Nella legge Finanziaria 2003 l’Ulivo ha presentato un emendamento per prolungare ed estendere la misura del Reddito Minimo di Inserimento. Tale emendamento è stato respinto dal Governo. Pertanto con l’esaurirsi delle risorse stanziate dalla Finanziaria 2001 dell’Ulivo si concluderà la politica del Reddito Minimo di Inserimento. Ciò comporterà ai Comuni interessati o di abbandonare le persone e le famiglie a se stesse o stanziare risorse proprie per proseguire il sostegno che era stato attivato con le risorse statali. La conseguenza concreta è la cessazione di una politica efficace di contrasto della povertà.

· I Democratici di Sinistra depositeranno nei prossimi giorni una proposta di legge per introdurre su sede nazionale e generalizzare il Reddito Minimo di Inserimento: “Introduzione della disciplina del Reddito Minimo di Inserimento”. Essa sviluppa la proposta dell’Ulivo sulla Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori ed accompagna la proposta di legge “Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela attiva del reddito del lavoro”.

RMI e politiche sociali L’istituto del RMI presenta nei confronti del sistema di servizi sociali del nostro paese un carattere fortemente innovativo. Esso infatti, mediante una erogazione monetaria certa e definita, combina un intervento universalistico volto a fronteggiare le situazioni di grave povertà economica delle famiglie, con un intervento di inserimento sociale e occupazionale, volto a stimolare, coinvolgere e accompagnare i destinatari lungo un processo di riduzione del bisogno e di fuoriuscita dalla marginalità.

L’inserimento del RMI può rappresentare una delle leve di una strategia di sviluppo dei servizi sociali perché impatta proprio su elementi cruciali di arretratezza e assistenzialismo dell’attuale sistema. In questo modo si impegnano fortemente i servizi sul territorio in una dimensione necessariamente di sistema e di rete, si introducono fattori di stimolo e di promozione allo sviluppo nella cultura, nell’organizzazione, nell’operatività professionale, nell’esigenza di collaborazione fra i diversi attori del sociale. Ovviamente l’iniziativa di sviluppo non può centrarsi tutta sull’istituto del RMI, ma deve poter contare su una serie di politiche e iniziative convergenti quali oggi, in termini generali, sono appunto quelle previste dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (L328/00) e dai conseguenti provvedimenti attuativi, Piano sociale nazionale in primo luogo.

Il RMI non si propone quindi come fatto isolato, ne come mera misura di assistenza e sostegno al reddito, ma come parte integrante di una politica sociale volta a promuovere i diritti di cittadinanza per tutti, a cominciare da chi è più esposto al bisogno, e a sviluppare servizi sociali integrati e adeguati a rendere riconoscibili, effettivi ed esigibili quei diritti. Il suo successo è componente essenziale per l’esito dell’intera politica, che verrebbe fortemente compromessa dall’abbandono o da una riduttiva e inadeguata promozione e realizzazione del RMI. La sperimentazione del RMI ha perseguito due obiettivi fortemente innovativi: · superare le vecchie logiche dell’assistenza economica discrezionale e frammentata e sancire un diritto universale alla dignità e a condizioni minime di sussistenza, in linea con i più moderni sistemi di protezione sociale presenti in molti paesi europei; · realizzare una politica di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, non semplicemente “elargitiva”, ma attiva, orientata cioè a impegnare e valorizzare le risorse individuali e familiari degli interessati su obiettivi e attività con loro concordate. Essa associa così il contributo vitale a specifici programmi d’inserimento sociale. L’incontro tra tali obiettivi fortemente innovativi e le consolidate arretratezze del nostro sistema di protezione sociale evidenzia quanto impegnativa sia stata la sperimentazione ieri e la generalizzazione domani del RMI. La relazione sulla valutazione della sperimentazione del RMI, a conclusione dei due anni di sperimentazione, ha reso evidente che, nei 39 comuni dove essa si è realizzata, si sono certo manifestate diverse difficoltà, ma che nella maggior parte di essi è stato dato inizio ad un percorso di sviluppo apprezzato dai dirigenti e dagli operatori dei servizi pubblici e nonprofit, ma anche dai destinatari.

Il RMI è così riuscito a proporsi come misura affidabile di contrasto della povertà e dell’esclusione sociale. La povertà in Italia La povertà e l’esposizione al rischio di povertà sono fenomeni molto diffusi nel nostro Paese. L’Istat stima per il 2002, 2.707.000 famiglie in condizione di povertà relativa (12, 3% delle famiglie italiane) e 954.000 famiglie in condizioni di povertà assoluta (4,3% delle famiglie italiane). La povertà relativa si addensa nel Mezzogiorno, dove le persone povere sono il 25,5% della popolazione ma è presente anche nel centro nord dove colpisce il 7,3% della popolazione. La condizione di povertà colpisce una fascia orizzontale di persone: anziani/e soli, famiglie numerose con un solo reddito, giovani che svolgono lavori precari, famiglie con carichi familiari e biografie difficili. Il lavoro, l’istruzione e i carichi familiari sono i fattori che più incidono sull’esposizione al rischio di povertà. L’Italia, dopo l’Inghilterra, vanta il triste primato della povertà minorile. L’incidenza della povertà intesa come percentuale delle famiglie povere sul totale delle famiglie di ciascun tipo è riportata qui di seguito: Persone sole anziane (65 anni in poi) 13, 2 Coppie con capofamiglia anziano 18,5 Coppie con 1 figlio minore 10,0 Coppie con 2 figli minori 15,9 Coppie con 3 o più figli minori 26,0 Monogenitore con figli minori 11,4 La povertà tra i minori - fortemente concentrata nel Mezzogiorno dove è povero il 27,4% di tutti i minori a fronte del 7,4% nel nord e 11,3% nel centro - contraddice i più elementari principi di eguaglianza delle opportunità e compromette le aspettative di reddito futuro.

Lo svantaggio potenziale di più lungo periodo – in termini di minore istruzione, difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, rischi di esclusione sociale - deriva dall’essere poveri nella fase iniziale del ciclo della vita. È innanzitutto la mancanza di lavoro a provocare la povertà delle famiglie e degli individui con esiti lungo tutto il ciclo della vita. Si è poveri da bambini come figli di disoccupati e sottoccupati; si rimane poveri da giovani perché la povertà dei genitori, unita ad una politica della formazione poco attenta a comprendere le situazioni di svantaggio personale, non consente l’accesso ad una formazione adeguatamente spendibile sul mercato del lavoro, si continua ad essere poveri da adulti perché troppo volte l’unico lavoro che si trova è un lavoro al di sotto della soglia di “decenza” perché privo di diritti e tutele. L’accesso al lavoro è dunque essenziale per contrastare la povertà e l’esclusione sociale. Un lavoro che deve essere dotato di diritti ed essere messo in relazioni con altre opportunità: formazione permanente, accesso al circuito informativo, sostegno all’attività di cura, accessori servizi sociosanitari. Il lavoro da solo non produce integrazione sociale.

Un reddito da solo non libera dalla povertà. Perché la povertà come asserisce efficacemente A. Sen è “l’espressione di un fallimento delle capacità, e costituisce una limitazione dell’esistenza umana”. Pertanto un percorso di integrazione sociale non deve mirare solo a fornire una garanzia minima di risorse ma a sviluppare o reintegrare le capacità lavorative, professionali, di relazione sociale senza le quali non c’è identità personale, né inclusione sociale, né cittadinanza. Per combattere la povertà e l’esclusione sociale bisogna dunque garantire i fondamentali diritti di cittadinanza e promuovere le capacità e le responsabilità delle persone. Bisogna offrire le opportunità concrete affinché le persone possano dare il meglio di sé, possano esercitare le proprie capacità affettive e perseguire un proprio progetto di vita. All’interno di questa strategia complessa di promozione della cittadinanza e dell’inclusione sociale deve essere presente un sostegno al reddito temporaneo, di tipo universalistico inteso come forma di assistenza attiva per coloro che, per qualunque ragione, non ce la fanno a raggiungere un reddito decente. Per questo presentiamo la legge sul Reddito Minimo di Inserimento che completa le proposte di legge già avanzate dall’Ulivo “Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela attiva del reddito e del lavoro”. (L'Unità)

 

Articolo di Livia Turco per L'Unità: "Nemmeno le briciole"

Duecentomila persone, in questo ultimo anno, avevano faticosamente trovato una strada per uscire da una condizione di povertà e di marginalità sociale. Sono persone che vivono in città come Enna, Catania, Reggio Calabria, Napoli, Massa Carrara, Rovigo, Genova, Foggia, Andria e in tanti altri comuni, piccoli e grandi. Molti di loro sono ragazzi e ragazze che avevano dovuto abbandonare la scuola. La strada che queste persone avevano intrapreso consisteva in un'integrazione del reddito che consentiva loro di superare la soglia di povertà insieme ad una opportunità di formazione e partecipazione ad attività utili alla comunità messe a disposizione dagli enti locali. Queste persone avevano trovato un sindaco, un amministratore locale, operatori sociali e volontari che si prendevano in carico la loro condizione in nome di una legge che, in pplicazione dell'articolo 38 della Costituzione, prevedeva il diritto di ciascuno ad una vita decente e dunque metteva a disposizione opportunità ed aiuti per uscire dalla condizione di povertà. Questa legge fu avviata in modo sperimentale nel 1998 con i governi dell'Ulivo e prevedeva l'istituzione del "Reddito minino di inserimento": appunto, una integrazione al reddito ed un progetto di formazione e di inserimento sociale: mille miliardi in trecentosessanta comuni. Era una iniziativa sperimentale che doveva servire, tra l'altro, a conoscere meglio le cause e le forme della povertà. Doveva servire a elaborare strategie adeguate per contrastare in modo efficace diseguaglianze e povertà. Strategie che nel nostro Paese sono sempre mancate. Non a caso la legge del centrosinistra prevedeva che il Governo presentasse in Parlamento una relazione contenente i risultati e le valutazioni della sperimentazione e consentisse un dibattito parlamentare concreto, utile per definire nuovi strumenti legislativi. Relazione che il Governo Berlusconi non ha mai presentato. Si potrà obiettare che duecentomila persone su due milioni e settecentomila famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa e 954 mila che vivono in condizioni di povertà assoluta sono una piccola cosa. Ma sono persone. Persone in carne ed ossa che a partire dal prossimo anno si troveranno di nuovo da sole ad affrontare i problemi della loro vita quotidiana. Perché quella legge del centrosinistra non c'è più. L'ha cancellata il Governo respingendo un emendamento nella Finanziaria presentato dal centrosinistra che prevedeva di rifinanziare il reddito minimo di inserimento. E, senza risorse, ovviamente, quella legge cessa di esistere perché cessa di essere operativa. Non è servita la testimonianza che in aula hanno portato parlamentari di tutti gli schieramenti che vivono a Catania, Rovigo, Enna, Genova, Massa, nei piccoli comuni della Calabria e che hanno documentato quanto la pratica del Reddito Minimo sia servita ad aiutare concretamente le persone ma anche a progettare politiche locali efficaci per contrastare situazioni difficile e complesso di disagio sociale. Il Governo si è dimostrato totalmente sordo, esibendo così tutto il suo cinismo nei confronti delle persone più deboli. Un cinismo che si sostanzia di indifferenza, ma anche di un uso strumentale della sofferenza delle persone tramutata di volta in volta in spot propagandistici o in serbatoi clientelari. Quante volte il presidente del consiglio e i ministri del suo governo hanno blandito i pensionati, gli anziani, le famiglie in difficoltà, i bambini, i giovani promettendo loro pensioni, assegni, asili nido, case per le giovani coppie, ospedale a domicilio? Di tutte queste promesse, di tutti questi spot non c'è traccia nella Finanziaria approvata ieri alla Camera e che riserva una verità decisamente amara per chi è collocato negli ultimi gradini della scala sociale. Per loro non ci saranno né le briciole della riduzione delle tasse, né il reddito minimo di inserimento. Ci saranno invece l'abolizione dei ticket sui medicinali, i tagli degli asili nido, dei servizi sociali, delle prestazioni sanitarie, degli insegnanti di sostegno. Noi, naturalmente, proseguiremo la nostra battaglia al Senato e sul territorio, coinvolgendo i sindaci, le famiglie, i sindacati, le associazioni di volontariato. Lo faremo nella speranza che il Governo voglia desistere dal suo cinismo e voglia accogliere l'opportunità che questa proposta offre per rispondere alle persone che sono più bisognose e per mettersi al passo con l'Europa, la quale chiede ai governi nazionali programmi contro la povertà e l'esclusione sociale. Per questo nei prossimi giorni depositeremo in Parlamento una legge per rilanciare il Reddito Minimo di Inserimento. Sappiamo che la lotta alle povertà e il superamento delle diseguaglianze "eccessive e più ingiuste" (per usare un'efficace espressione di Ermanno Gorrieri) non si risolve con un solo strumento. Richiede un indirizzo complessivo delle politiche economiche e sociali del Paese. Richiede buone e qualificate politiche pubbliche nell'ambito della scuola, della sanità, della previdenza, del sostegno alle famiglie. Sappiamo che questa è una battaglia difficile e in salita. Ma è anche la prima e la più importante che la sinistra deve condurre. E vincere.

 

 

DICHIARAZIONE DI VOTO DI LIVIA TURCO

Resoconto stenografico dell'Assemblea


Seduta n. 222 del 10/11/2002

(Esame dell'articolo 31 - A.C. 3200-bis)

Passiamo alla votazione dell'emendamento Turco 31.20. (non autosufficienza)

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione su questo emendamento che contiene una proposta che riguarda due milioni di famiglie che in Italia hanno una persona anziana non autosufficiente. Sappiamo e sapete cosa significa in termini di costi, di fatica e di risorse. Ministri del Governo, vi chiediamo di prendere in considerazione questa proposta, anche perché nel corso di questi mesi il ministro Sirchia, attraverso moltissime interviste, ha fatto molte promesse agli italiani. In realtà, questa finanziaria dimostra che su un tema così cruciale come quello degli anziani non autosufficienti, oltre che della famiglia, questo Governo ha preso in giro le famiglie italiane più bisognose perché di tutte quelle promesse (Vivi commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

LIVIA TURCO. ...non c'è traccia in questa legge finanziaria.

PRESIDENTE. Onorevole Turco...

LIVIA TURCO. Non c'è traccia! Allora, abbiate il coraggio...

PRESIDENTE. Onorevole Turco, si fermi un secondo!

LIVIA TURCO. ...di prendere in considerazione questa proposta che riguarda (Vivi commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania) una legge che, peraltro, avreste già dovuto applicare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani) perché...

PRESIDENTE. Onorevole Turco, se mi consente... Io non posso accettare che una collega venga interrotta in questo modo. L'onorevole Turco ha un minuto di tempo a sua disposizione. Se vogliamo dargliene dieci, questo è il mezzo giusto, anche perché ha diritto a parlare, essendo ascoltata come tutti gli altri in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, dell'UDC(CCD-CDU) e Misto-Comunisti italiani - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

LIVIA TURCO. La ringrazio, signor Presidente. Pertanto, vi chiedo di prendere in considerazione la proposta contenuta in questo emendamento perché riguarda l'articolo 15 della legge quadro sulle politiche sociali che il Governo avrebbe già dovuto applicare, stanziando apposite risorse. Invece, in questa legge finanziaria - e questi sono i fatti che lo dicono - voi non soltanto non avete mantenuto alcuna delle promesse che il ministro Sirchia e il ministro Maroni hanno fatto nei confronti degli anziani (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale), ma disattendete addirittura le leggi che lo Stato avrebbe dovuto applicare (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra- Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Turco 31.01 (reddito minimo d’inserimento)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turco. Ne ha facoltà.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, onorevole colleghi, il tema della povertà è molto importante, non può non starvi a cuore: il 12,7 per cento delle famiglie italiane si trova in una situazione di povertà relativa ed il 4,3 per cento vive in condizioni di povertà assoluta. Purtroppo l'Italia - dopo l'Inghilterra - detiene il triste primato di rappresentare il paese con il più alto tasso di povertà minorile. Quella della povertà è una battaglia difficile, dura, non vi è la bacchetta magica. Noi avevamo avviato una misura rappresentata dal reddito minimo di inserimento e grazie ad essa oggi vi sono più di 100 mila persone - tra le quali bambini - che stanno uscendo dalla povertà. Questo sta avvenendo con l'impegno di molti comuni - anche amministrati dal centrodestra - che hanno potuto apprezzare e non soltanto bene utilizzare questa misura.