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Rapporto Istat, undici milioni di italiani faticano a far quadrare il bilancio. Le spese maggiori delle famiglie per casa e cibo
Povertà: così si vive con meno di 800 euro al mese

 

dal Corriere - 18 luglio 2002


Se alla fine del mese i conti tornano, è grazie all’appartamento alla periferia di San Donà di Piave, provincia di Venezia (due stanze da letto, cucina, salottino e bagno) acquistato quando ancora si riusciva a mettere da parte qualcosa, nonostante ci fossero i figli da crescere. «Avessimo l’affitto da pagare, oggi faremmo la fame», attacca Ivana, 65 anni, una vita senza stare mai ferma, prima nei campi dietro al padre («I miei erano contadini»), poi in casa dietro ai figli («Due, un maschio e una femmina, che adesso hanno una famiglia loro»). Una vita di fatiche e niente pensione, «perché io non ho mai lavorato», riassume candida lei, che per «lavoro» intende solo quello che fa portare a casa lo stipendio. Così Ivana e il marito Giannino, 72 anni, vivono con la pensione di lui, che una volta faceva il muratore: 700 euro al mese, sotto gli 814 euro che l’Istat ha fissato come soglia di povertà. Per le statistiche, Ivana e Giannino sono indigenti. Mai una vacanza, mai un pranzo fuori. Mai un cinema: «In 43 anni di matrimonio - riprende lei - al cinematografo non ci sono andata neppure una volta. I film li guardo alla televisione, la pizza è un sogno». L’arredamento è lo stesso di quando si sono sposati: «Al solo pensiero di quanto costano i mobili, mi viene da star male». Un vestito, un paio di scarpe, una crema? Lei ride nervosa: «Neanche con i saldi, ma sono brava con l’ago e ogni tanto mi cucio qualcosa. Lo faccio anche per gli altri: lavoretti così, senza farmi pagare. Qualcuno mi porta due uova, mezzo pollo, un cesto di albicocche».
Fino a metà mese i conti quadrano. Poi, quando nel borsellino restano sì è no 100 euro, si chiude: «Basta supermercato: mi arrangio con quello che ho in casa ed è una pena, perché mio marito, con tutto quello che ha patito, avrebbe bisogno di mangiare bene. Invece è un sacrificio dietro l’altro. Il poco denaro che ci avanza se ne va tutto per comprare le medicine». Parecchie: Giannino ha superato due ictus e un’operazione chirurgica, adesso, per reggersi in piedi, prende 15 pastiglie al giorno. «Alcune le passa la mutua, altre no - racconta -. Poi ci sono le ricette: 1 euro ciascuna, ogni volta che si va dal dottore sono 7-8 euro tutti insieme». Quando i conti di casa «saltano», dà una mano la Caritas.
Per le bollette (luce, gas, acqua, telefono), Ivana mette da parte 300 euro al mese: «E dire che facciamo economie su tutto: telefonate poche e il riscaldamento l’accendiamo solo qualche ora dopo pranzo, quando l’inverno è freddo». Non hanno l’auto e anche il vecchio motorino è stato venduto quando sono cominciati gli acciacchi. «Se vogliamo vedere i nostri cinque nipoti, aspettiamo che vengano loro a trovarci. Se capita un’emergenza, a correre è nostra figlia. Tiriamo avanti così e ne conosco altri ridotti come noi, brava gente che non è mai stata con le mani in mano. Quando incontro le amiche, fuori, per la spesa, ci scappa sempre la stessa domanda: ma ti sembra vita, questa?».
E’ stabile il livello di povertà in Italia nel 2001 secondo l’annuale rapporto dell’Istat. Le famiglie in condizioni di povertà «relativa» sono il 12% (12,3% nel 2000) rispetto alle famiglie residenti: 2 milioni 663 mila famiglie oppure 7 milioni 828 individui (13,6% della popolazione) che non possono spendere più di 814,55 euro mensili (810,21 nel Duemila). Aumentano le differenze tra Centro-Nord e Sud. La povertà assoluta tocca il 4,2% delle famiglie (940 mila), pari a 3 milioni e 28 mila individui. Al primo posto c’è la spesa per l’abitazione e l’energia (250 ). Al secondo, l’esborso per i generi alimentari: 172,68 . Solo 47,24 per il «tempo libero», poco più di due caffè al giorno. Daniela Monti