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MARTEDÌ, 04 OTTOBRE 2005
 
Pagina 47 - Varie
 
Intervista con David Shipler, autore di "The Working poor"
 
SOLDI E SUCCESSO IL MITO AMERICANO
 
 
 
i deboli L´espressione "welfare mothers", le madri single a carico dell´assistenza pubblica, è diventata peggio di un insulto
 
ROBERTO FESTA

Cinque anni di lavoro, centinaia di interviste in giro per gli Stati Uniti: The Working Poor di David Shipler è una cronaca dei poveri d´America dopo la riforma del Welfare: le madri teenager senza lavoro, marito, futuro; i giovani ex carcerati che affondano nell´alcolismo e nella marginalità sociale; i migranti messicani ridotti a schiavi nei campi del North Carolina e negli uffici di Los Angeles.
David Shipler, ex giornalista del New York Times, premio Pulitzer per un suo reportage sul conflitto israelo-palestinese, professore a Princeton, descrive la povertà come un abisso fatto di scarsa istruzione, solitudine, lavori incerti, salute malferma, assistenza sociale inesistente, profonda depressione. «I poveri diventano invisibili grazie a una cultura che insiste sulla responsabilità personale e sulla moralità del successo professionale», ci dice Shipler dalla sua casa nel Maryland.
Mister Shipler, lei descrive un paese che ha rinunciato a ogni progetto di protezione dei più deboli.
«La situazione americana è molto diversa da quella europea. Pur in un quadro di riduzione delle garanzie, l´Europa mantiene un sistema esteso di garanzie sociali. Negli Stati Uniti la cultura del Welfare è completamente screditata. L´espressione welfare mothers (madri single a carico dell´assistenza pubblica) è diventata peggio di un insulto».
Dove nasce questo orientamento, culturale ancor prima che economico?
«Nasce con il nostro mito fondatore, con la cultura della frontiera che modella l´America. Questa in fondo è la terra delle opportunità. Fin da bambini ci dicono che per prosperare devi rimboccarti le maniche. Il lavoro diventa una forma etica: se lavori duro sei una brava persona. Non esiste nessun´altra società che attribuisca un valore così alto al successo sul luogo di lavoro. I soldi sono il segno che hai svolto con successo il tuo dovere. La ricchezza diventa indice di moralità. Se invece sei a carico dell´assistenza pubblica, sei un fallito o un essere immorale».
Un mito che ha garantito anche lo sviluppo del paese.
«Sì, in questo mito americano c´è una parte buona e una cattiva. La parte cattiva è ovvia: gli individui sono biasimati per la loro situazione. Finisci per condannare le vittime. Il lato positivo è che la società acquista uno straordinario dinamismo. Il mito dell´arricchimento si trasforma in una tensione continua, in un bisogno degli individui di dare realtà al mito. È un processo che assicura mobilità sociale e sviluppo economico».
Progressisti e conservatori americani si incontrano oggi nella diffidenza a un Welfare state troppo esteso?
«Rimangono delle differenze: i conservatori si rifanno a teorie sociali individualiste e attribuiscono la povertà a un disordine personale, "comportamentale"; i progressisti tendono invece a enfatizzare il ruolo di istituzioni e società. Nella pratica politica, comunque, i due poli spesso si incontrano. Dopotutto è stato proprio un presidente democratico, Bill Clinton, a mettere fine "al Welfare così come lo conosciamo"».
Lei si riferisce alla riforma del 1996. Alcuni dati recenti dicono che oggi due milioni di famiglie americane vivono grazie ai programmi del Welfare (Medicaid, buoni alimentari, sussidi per la casa, voucher per l´assistenza sanitaria ai bambini). Erano cinque milioni nel 1994. Il numero degli americani a carico dell´assistenza pubblica si è ridotto del 60 per cento. È un segnale positivo?
«Bisogna saper leggere i dati. La riforma - welfare-to-work - ha costretto milioni di persone ad accettare lavori sottopagati, promettendo fondi per la formazione, l´assistenza ai minori, il comfort abitativo. Quei fondi non sono mai arrivati. Il risultato è che oggi in America milioni di genitori escono la mattina e lasciano i figli senza alcuna assistenza, in ambienti degradati. Non guadagnano abbastanza, passano da un lavoro non specializzato all´altro, sprofondano sempre più nella depressione. 33 milioni di americani vivono sotto la linea della povertà (circa 18 mila dollari per un genitore con tre figli)».
La povertà, il Welfare, ha un colore?
«Sì, ha un colore, un genere e un´età. Ha il colore degli afro-americani e dei latinos: il 23 per cento dei neri e il 22 dei latinos sono poveri. Il genere è spesso quello femminile: più di 20 milioni di donne non hanno di che vivere. E spesso la povertà colpisce i più piccoli: un bambino su sei è denutrito».
Come si comporta l´amministrazione Bush nei confronti del Welfare?
«Se Clinton lo ha ridotto, Bush lo ha esplicitamente preso di mira, riducendo i sussidi per istruzione e sanità, ponendo vincoli burocratici che ne ritardano l´attribuzione. L´amministrazione ha introdotto il sistema dei block grants: prima molti programmi sociali erano cofinanziati (a ogni dollaro speso dai singoli stati corrispondeva un dollaro del governo federale); oggi Washington tende a concedere una somma fissa, ciò che porta a una contrazione inevitabile della spesa».