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9 Febbraio 2004
PENSIONATI: CHI SOGNA 500 EURO AL MESE
>...Di fronte ai disagi e alle fatiche di tante famiglie e di tante persone prenda atto della necessità di una svolta profonda nella sua politica economica e sociale...
Articolo per l'Unità di Livia Turco
16.1.2004

Pensionati/ Chi sogna 500 euro al mese
di Livia Turco

Il governo smetta di fare il gioco delle tre carte sul welfare. O peggio, di ridurlo all’ennesimo teatrino dello scontro politico al suo interno. Non un tavolo del welfare ma uno dei tanti tavoli del tormentone della verifica politica. Di fronte ai disagi e alle fatiche di tante famiglie e di tante persone prenda atto della necessità di una svolta profonda nella sua politica economica e sociale.
Per questo, il governo, se davvero vuole un confronto con le parti sociali e vuole avvalersi di un dialogo in Parlamento, interrompa l’iter della legge-delega sulla previdenza e lo concluda solo nella parte relativa alla previdenza complementare. Introducendo in essa però i correttivi che, non solo i sindacati e le opposizioni hanno chiesto, ma che, proprio l’andamento dei mercati finanziari e la carenza di strumenti di tutela dei risparmi dei cittadini, hanno messo in evidenza come essenziali. Tali correttivi sono: la possibilità per i lavoratori di investire nei Fondi pensione il proprio Tfr sulla base del metodo del silenzio-assenso; il rafforzamento dei poteri di controllo della Cosvit; la distinzione tra previdenza complementare e piani pensionistici individuali; incentivi fiscali per favorire l’investimento del Tfr nei Fondi pensione e garanzie di rendimento del medesimo; l’estensione della previdenza complementare a tutti i settori sino ad ora esclusi a partire dal pubblico impiego e dall’artigianato. Riteniamo utile, inoltre, mettere a punto subito un sistema di incentivi efficace per proseguire volontariamente il lavoro prevedendo benefici sul trattamento pensionistico così come indicato dai sindacati. È inoltre doveroso che, a fronte dei dati che dicono che l’84% dei pensionati Inps è sotto i mille euro mensili lordi e che oltre il 50% è collocato al di sotto di cinquecento euro, il governo mantenga la sua tanto sbandierata promessa dell’aumento delle pensioni più basse! Non solo non è credibile un esito produttivo di un confronto sul welfare con il conflitto sociale aperto sulle pensioni - come hanno sostenuto unitariamente i sindacati - ma è sbagliato separare i problemi della previdenza dalla politica economica, sociale e sanitaria. Una riforma del welfare deve partire dai problemi urgenti del Paese i quali mettono in primo piano il legame che c’è tra il declino economico ed il processo di impoverimento che colpisce in modo trasversale ceti sociali e generazioni. Quello che è necessario al nostro Paese è una politica di sviluppo e di crescita che investa sulle capacità delle persone e sulla promozione del loro benessere. Se si mette al centro della riforma del welfare una nuova fase di crescita e di sviluppo del Paese si chiarisce anche l’ordine delle sue priorità: la piena e buona occupazione, con particolare riferimento a quella dei giovani e delle donne; l’istruzione e la formazione in tutte le fasi della vita; una rete integrata di servizi sociali e sanitari che siano di accompagnamento e di sostegno alla normalità della vita delle persone; forme di sostegno ai redditi più bassi sia attraverso interventi fiscali che di tipo monetario; sostegni a responsabilità familiari per la cura e la crescita dei figli. Lavoro, formazione, sostegno al reddito, rete dei servizi sociali e sanitari: sono le risorse di cui hanno bisogno sia i giovani che gli anziani; sia i genitori che i figli. Sono le risorse necessarie a tutte le generazioni per vivere bene. Sono le risorse che possono consentire una solidarietà e una equità tra le generazioni. Che è la vera sfida della riforma del welfare. La quale non si realizza togliendo a qualcuno per dare a qualcun’altro ma indicando un nuovo traguardo di crescita e di benessere per tutti ed in cui ciascuno sia chiamato a fare la sua parte. In questo contesto, sono sicura che i padri e le madri di oggi - trafelati dal sovraccarico del lavoro di cura per i figli e per gli anziani e preoccupati per il futuro dei loro figli - di fronte a un sistema di protezione sociale che aiuti sia i figli che gli anziani e che consenta loro di prendersi “delle pause” lungo il ciclo della vita saranno disponibili a lavorare più a lungo. Sono sicura che gli anziani, di fronte alla serenità di un reddito e di un servizio sanitario efficiente e personalizzato, ancora più di oggi metteranno a disposizione dei nipoti o di altri anziani o della società il proprio tempo, le proprie competenze, il proprio lavoro. E i giovani potranno trovare la fiducia per fare ancora di più leva sul proprio spirito imprenditivo per progettare il proprio futuro. Insomma, se partiamo dai problemi immediati e futuri del paese, una riforma del welfare deve saper disegnare insieme la riforma degli ammortizzatori sociali, una rete integrata di servizi sociali e sanitari per gli anziani non autosufficienti, l’integrazione al reddito per chi è al di sotto della soglia di povertà, il sostegno alle responsabilità familiari a partire dal costo dei figli, il completamento e l’aggiornamento della riforma Dini sulle pensioni per meglio tutelare i pensionati di oggi e per garantire una pensione decente ai giovani che saranno pensionati domani. Per questo è necessaria una svolta profonda nella politica economica e sociale del governo. Il ministro Maroni rivendica al suo governo il merito di una politica sociale. In realtà è una politica sociale alla rovescia. È quella che nella finanziaria 2004 ha cancellato il reddito minimo di inserimento che ha consentito a duecentomila famiglie di uscire dalla povertà per finanziare la riforma Moratti sul buono scuola per le famiglie che mandano i figli nelle scuole private; ha istituito il bonus bimbo di mille euro per un solo anno dato alle famiglie a prescindere dal reddito; ha operato un pesante taglio di trasferimenti agli enti locali; continua a sottostimare le risorse necessarie al Fondo sanitario nazionale. È quella che ha bocciato in Parlamento la legge che istituisce il Fondo per le persone anziane non autosufficienti e che ha proposto una legge sugli asili nido che li riduce a parcheggi senza garanzie di qualità nella gestione. È quella che abbandona l’applicazione della legge quadro per la rete integrata dei servizi (328/2000), che promuove la svolta repressiva sulla droga ma lascia sole le comunità e i servizi pubblici. È quella che ha elaborato un piano contro l’esclusione sociale senza indicare un obiettivo, un provvedimento, una cifra che contenga uno stanziamento di risorse. L’esito di questa politica è sotto gli occhi di tutti. Per questo chiediamo una svolta. A partire da atti concreti: l’approvazione di una legge che preveda l’istituzione del Fondo per le persone anziane non autosufficienti; la presentazione di un programma contro la povertà e l’esclusione sociale; la riforma degli ammortizzatori sociali. Insomma, il tavolo sul welfare ha senso se il governo ritira la delega sulle pensioni e porta sul tavolo una proposta complessiva indicando priorità, cifre e provvedimenti.