torna a politiche/saggi ed articoli


Presentato il censimento sui servizi sociali della Chiesa

di Barbara Fabiani (b.fabiani@vita.it)

17/01/2002

Negli ultimi vent'anni i servizi socioassistenzali collegati alla Chiesa sono cresciuti del 167%, passando da 4.089 a 10.938. Lo rivela il terzo censimento su "Chiesa e solidarietà sociale" promosso dalla Consulta Ecclesiale (i due precedenti risalgono al 1976 e al 1990). Una crescita che si è nutrita in modo particolare della forza del volontariato e che ha allargato la propria attività grazie anche agli spazi lasciati aperti dalla pubblica amministrazione. Fattori questi che da un lato dimostrano la vitalità del Chiesa nell'intervento sociale, non mancano di sollevare anche qualche preoccupazione. Secondo l'analisi del prof. Giovanni Sarpellon dell'università di Venezia e direttore la ricerca, il welfare oggi segnala una "ritirata dello Stato" nella convinzione che molti servizi possano essere delegati ai privati, un privato sociale che invece nella maggioranza dei casi non ha la forza di colmare tali vuoti: "Il rischio è che la ritirata dello Stato spinga la Chiesa ad avere un ruolo di supplenza, riproponendo una modalità un po' ottocentesca di pensare le responsabilità nell'assistenza ai deboli", ha messo in guardia Sarpellon.
Un vigore, quello della Chiesa nel sociale, che appare più forte ma anche in trasformazione. Dal censimento si riscontra che le categorie di servizi più numerose riguardano i servizi residenziali 42%) , in particolare le case di riposo ( 15,7%), e i servizi diurni (42%), tra cui i centri di ascolto (23%), mentre sono meno diffusi i servizi domiciliari (15%). Nessuna particolare sorpresa, invece, nel costatare una differenza territoriale nella distribuzione di tali servizi che nel 45% si trovano nelle regioni settentrionali, nel 19% nel centro Italia e solo nel 12,3% al Sud e il 15% nelle Isole.
Il 57% dei servizi riceve finanziamenti da enti pubblici (il 32% in forma di convenzioni), mentre il 27% riceve contributi dagli enti religiosi di riferimento. Ben il 30% riesce a autofinanziare i propri progetti (grazie a sottoscrizioni di soci, produzione di beni o rendite patrimoniali) e il 25% dei servizi si mantiene con le rette degli utenti.
Tra i nuovi tipi di servizi avviati nell'ultimo decennio, particolarmente numerose sono le cosiddette "strutture leggere" come i centri di accoglienza e servizi per l'immigrazione, il segretariato sociale per le famiglie povere, tutte attività in cui è preponderante la presenza del volontariato; mentre non crescono i servizi più complessi come le case di riposo per anziani e in particolare per i non autosufficienti, malgrado l'urgenza per l'invecchiamento della popolazione. "E' come se si andasse a risponde alle nuove emergenze ma non si facesse altrettanto con i vecchi problemi oggi in trasformazione", ha commentato Sarpellon.
Interessante anche il censimento sul personale impegnato. Nei servizi sociali vicini alla Chiesa 89mila operatori sono laici retribuiti (27%), 2.324 i religiosi , circa 9mila gli obiettori di coscienza e ben 212mila i volontari che da soli compongono il 60% del personale. Alcuni servizi vedono una netta prevalenza proprio di volontari; sono infatti gestiti soltanto da personale volontario il 90% dei servizi nelle carceri, negli ospedali e a domicilio, il 60% dei servizi sanitari diurni, il 65% dei centri diurni rivolti ai tossicodipendenti e l'80% dei centri di prima accoglienza per adulti. Una situazione che evidenzia la grande potenzialità del volontariato ma che secondo Sarpellon contiene il rischio di rendere non continuativa l'assistenza, oltre ad esserci la necessità di un maggior sforzo di formazione rispetto a quanto si fa oggi.
Il censimento registra anche un'evoluzione del modello di intervento della Chiesa. Aumenta il numero dei servizi autonomi da strutture ecclesiastiche che scelgono la forma giuridica dell'associazione. Si tratta di strutture che anche da un punto di vista economico tendono a cercare l'indipendenza dalla Chiesa istituzionale, e che sempre più spesso vengono gestite quasi interamente da laici ma non per questo perdono l'indirizzo dei valori cristiani.

Questi ed altri dei dati e delle considerazioni oggi presentate sono state racchiuse nel libro "Chiesa e Solidarietà sociale" (edizioni Ldc Torino 2002, prezzo 15 euro) che espone non solo le dimensioni e le declinazioni qualitative dell'intervento della Chiesa nel sociale ma si addentra anche in valutazioni sul sistema di welfare in fase di costruzione, i suoi problemi e le risposte possibili dal privato sociale.