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      Sì, la salute è un diritto di tutti
      di Rosy 
      Bindi-Livia Turco
      
      
Caro 
      Presidente, 
      vogliamo esprimere profonda e sincera gratitudine per 
      le parole con cui, nella giornata nazionale della ricerca contro il 
      cancro, ha difeso il diritto alla salute. Ancora una volta ha colto il 
      cuore di un problema nazionale. Ha ricordato a tutti che la salute è un 
      bene della persona, un diritto fondamentale sul quale si misura la qualità 
      della nostra democrazia. 
      In un momento difficile delle vita nazionale, in cui 
      milioni di famiglie avvertono un sentimento crescente di inquietudine e 
      incertezza, il Suo autorevole intervento è un monito alle istituzioni e 
      alla politica che sentiamo di condividere e ci auguriamo non resti 
      inascoltato. 
      Assistiamo con grande preoccupazione al progressivo 
      indebolimento del Servizio sanitario nazionale, all’erosione dei suoi 
      principi e delle sue finalità. 
      I rischi maggiori vengono dalla devolution e dalla 
      miopia finanziaria del governo che, anche con l’ultima Finanziaria, ha 
      sottostimato il fabbisogno reale. Sono le due facce di un unico disegno 
      che vuole ridimensionare le responsabilità pubbliche nei confronti dei 
      diritti di cittadinanza. 
      Come si può considerare la salute un diritto per tutti 
      se si accetta l’idea che ogni Regione può decidere quali servizi garantire 
      e quali no? Se si moltiplicano le liste d’attesa? Se cresce il divario tra 
      Nord e Sud del Paese? Se c’è chi paga di più e chi meno per lo stesso 
      esame o la stessa medicina? 
      Già oggi misuriamo gli effetti devastanti di una 
      devolution dei diritti sociali che il governo ha perseguito, ben prima 
      della sciagurata controriforma della Costituzione, con i tagli dei 
      trasferimenti alle Regioni e ai Comuni, con il blocco degli investimenti 
      nella ricerca e nell’innovazione, con la svendita degli ospedali e dei 
      centri di eccellenza, con la mortificazione dei professionisti. 
      
      Anche per noi, caro Presidente, il Servizio sanitario 
      nazionale è un pilastro del sistema di garanzie civili e sociali della 
      Repubblica. Un patrimonio di solidarietà e professionalità che va 
      rafforzato, respingendo la strisciante privatizzazione in corso e 
      inserendo il rilancio e la riqualificazione del sistema in un progetto 
      complessivo di riforma del Welfare. Del resto, i nuovi bisogni di salute e 
      sicurezza esigono interventi sanitari e sociali integrati, un approccio 
      globale senza il quale non c’è reale presa in carico della persona. 
      
      Le statistiche fotografano un Paese più vecchio, più 
      povero, in cui cresce il disagio dei giovani e la flessibilità si coniuga 
      sempre più con la precarietà dell'esistenza. Viviamo un cambiamento 
      epocale che accanto a grandi potenzialità porta con sé le incognite di 
      profonde disuguaglianze e ingiustizie. Non temiamo i cambiamenti. 
      Vogliamo, invece, governarli imboccando la strada di nuove politiche 
      sociali in grado di sostenere una crescita equilibrata e rafforzare i 
      diritti e le libertà della persona. 
      Le politiche sociali, lo dimostra la recente storia 
      europea, sono un fattore di sviluppo, una leva potente del benessere e 
      della sicurezza di una nazione. 
      Alle scelte minimaliste della destra, fatte di 
      assistenzialismo, interventi spot e bonus del tutto ridicoli, va 
      contrapposta una strategia unitaria, articolata sulle vere emergenze del 
      Paese. Siamo in grado di delineare questa strategia con proposte serie e 
      praticabili. Per dare serenità agli anziani soli, con il Fondo nazionale 
      per la non autosufficienza; per la lotta alla povertà, con il Reddito 
      minimo d’inserimento; per sostenere la natalità, con nuovi investimenti 
      per l’infanzia e una rete di servizi pubblici più robusta, politiche 
      fiscali più eque e trasferimenti monetari alle famiglie. 
      Non c’è sviluppo se i bambini non possono contare su 
      una scuola accogliente, se i giovani non hanno una formazione adeguata, se 
      le donne rinunciano al lavoro per prendersi cura dei genitori malati, se 
      la scelta di avere un figlio impone costi e sacrifici spesso 
      insostenibili. Non parliamo di un'Italia minoritaria ma di problemi che 
      toccano da vicino la stragrande maggioranza delle famiglie. 
      Si tratta di riqualificare la spesa pubblica, 
      ridefinire le priorità, scegliere con lungimiranza come e dove investire. 
      Sono scelte e priorità che non si possono più rinviare. 
      Solo un nuovo sistema di welfare può rimettere in moto 
      il Paese, mobilitare nuove energie, restituire fiducia all’Italia.