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Collocamento: che cosa cambia (e cosa no) con il disegno di legge 848
30-10-2002
Intervista a Pietro Ichino

 

 

Mercoledì 30 ottobre la Camera ha approvato il disegno di legge 848 che riforma il collocamento e introduce nuove tipologie contrattuali. In che modo le nuove norme riformano il collocamento?
La nuova norma elimina il "vincolo di esclusiva" per le agenzie che forniscono lavoro temporaneo. Il motivo determinante per cui nella Legge n. 196 del 1997 era stato inserito quel vincolo era quello di evitare che le agenzie di lavoro temporaneo facessero troppa concorrenza agli uffici di collocamento pubblici. Il "partito dei collocatori", pur in fase di "ritirata", era ancora capace di esercitare un forte condizionamento sul Governo e sul legislatore.

Ma a quel punto i collocatori pubblici non avevano già perso la loro partita?
No. Il monopolio pubblico del collocamento venne formalmente abolito soltanto dopo che questo ci venne imposto dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea dell’11 dicembre 1997. E anche allora l’apparato ministeriale fu in grado di depotenziare notevolmente il Decreto legislativo (23 dicembre 1997 n. 469) con cui veniva disposta la liberalizzazione.

Come?
Innanzitutto con il differimento ulteriore della liberalizzazione di un intero anno. Poi con la resistenza passiva alla regionalizzazione del servizio pubblico, che anch’essa è stata di fatto differita di quasi due anni. Inoltre con l’inserimento nel decreto di norme che sostanzialmente imponevano alle Regioni di mantenere inalterata la struttura degli uffici pubblici e impedivano il trasferimento del vecchio personale ad altri compiti (ad esempio, spostandolo agli ispettorati, che sono sguarnitissimi su tutto il territorio nazionale) e la sua sostituzione con personale più efficiente.

Con la regionalizzazione, però, l’apparato ministeriale è stato messo fuori gioco.
Questo è vero solo in parte. Col Decreto del dicembre 1997 veniva istituito il "Servizio Informativo Lavoro" (SIL). Avrebbe potuto essere una cosa molto importante, se l’apparato ministeriale non fosse riuscito a metterci sopra le mani: col risultato che, a cinque anni di distanza, il SIL ancora non ha neppure incominciato a funzionare.

Può spiegare meglio che cosa è accaduto?
Il Decreto n. 469/1997 ha previsto il collegamento in rete di chiunque svolga servizi di collocamento, pubblico e privato, con obbligo di comunicazione di tutte le informazioni su domanda e offerta in tempo reale. Questa norma non è mai stata attuata, per l’assurda pretesa che la rete fosse progettata e gestita direttamente dall’apparato ministeriale, il quale ne era e ne è tuttora del tutto incapace.

Come si sarebbe dovuto fare, invece?
Si sarebbe dovuto affidare il compito di realizzare la rete a un consorzio di grandi operatori privati - che avrebbero potuto creare la rete in pochi mesi, a costo zero per lo Stato - lasciando al ministero solo compiti di controllo e vigilanza.

Ma questo non avrebbe rischiato di rafforzare ulteriormente il loro potere oligopolistico?
Al contrario, se la rete fosse stata attivata, col vincolo per tutti gli operatori di mettere le informazioni in linea in tempo reale, essa avrebbe consentito anche a operatori relativamente piccoli, oltre che agli uffici pubblici (fino ad allora inefficientissimi), di prendere piede nel mercato, immettendosi nel flusso delle informazioni "buone".

Ma anche agendo, almeno in parte, come "terminali" degli operatori più grandi.
Non c’è nulla di male in questo. Nel mercato del lavoro più le informazioni circolano meglio è: questo è il solo interesse pubblico che conta. Una rete di questo genere renderebbe visibili, trasparenti, i grandi flussi di informazioni, di incontri fra domanda e offerta di lavoro, che oggi nessuno conosce, se non i grandi operatori privati.

E adesso che cosa accadrà del SIL?
Se ho ben capito, l’intendimento del Governo è di affidarne la realizzazione alla società "Italia Lavoro", interamente controllata dal Governo stesso. Certo, è meglio "Italia Lavoro" che i burosauri del ministero; ma non mi sembra un passo avanti decisivo. Solo chi fa il mestiere della mediazione fra domanda e offerta di lavoro su larga scala da decenni può realizzare una rete di questo genere e farla funzionare in modo efficiente.

Dunque, il centro-destra sta commettendo un errore analogo a quello che commise il centro-sinistra?
Per quel che riguarda il SIL direi proprio di sì. In questo campo l’amministrazione pubblica ha tutto da imparare dalle grandi imprese private del settore; finché non avrà imparato a gestire i servizi al livello di efficienza dei privati, farebbe bene a riservarsi una funzione di controllo, lasciando fare il mestiere del collocamento dei lavoratori a chi lo sa fare davvero.

Non c’è il rischio che in questo modo si sviluppino soltanto i servizi di collocamento per le alte qualifiche, più redditizie per gli operatori privati, e le basse qualifiche restino prive di assistenza?
Oggi una rete capillare ed efficiente di servizi di collocamento manca sia per le fasce alte, sia per le basse. Se si sviluppano servizi efficienti per le fasce alte, questo non fa alcun danno ai lavoratori delle basse, non toglie loro nulla rispetto alla situazione attuale. Io, poi, non sono affatto convinto che gli operatori privati non siano interessati a offrire servizi anche per le fasce basse. In ogni caso, Stato e Regioni potrebbero fare moltissimo per incrementare i servizi di collocamento per le fasce basse, non soltanto cercando di fornirli in proprio, ma anche offrendo contributi pubblici e premi ai privati che si impegnassero su questo terreno.

Che cosa pensa dei nuovi tipi contrattuali introdotti dalla 848 ("staff leasing" o interinale senza limiti di tempo, "job sharing" o contratto sottoscritto in solido da due o più lavoratori e "job-on-call" o contratto a chiamata) ?
Staff leasing
e job sharing sono due figure già di fatto operanti nel nostro sistema: se verranno regolate bene questo potrà solo aiutare il mercato del lavoro a funzionare meglio. Ho invece qualche perplessità sul job on call, o "lavoro a chiamata".

Perchè?
In linea generale, non mi convince la proliferazione di nuove figure contrattuali a termine. Sarebbe meglio avere un’unica figura di contratto a termine disciplinata in modo tale da lasciare meno spazio alla discrezionalità del giudice (rispetto a quanto previsto dal DGLS decreto legislativo n. 368/2001) e che dia maggiore certezza a datori e prestatori di lavoro. Per il resto, io sono convinto che la flessibilità del diritto del lavoro vada perseguita col ridurre la rigidità dei contratti permanenti piuttosto che con l’introduzione di nuovi tipi di lavoro precario.

 

 

 


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