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QUEI DIRITTI IN PARLAMENTO
ANDREA MANZELLA

 

da Repubblica - 19 agosto 2002


PRIMA ancora che ai giudici, la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali è affidata dalle Costituzioni al parlamento-legislatore. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea è ancorata a questo concetto di tutela attraverso la legge (articolo 52). La "riserva di legge" accompagna tutto il sistema dei diritti costituzionali. Questi si possono regolare solo con le garanzie previste dal procedimento legislativo. Che è appunto, in ogni ordinamento, il più garantito di tutti i procedimenti di decisione pubblica.
Se si abbassa il livello delle garanzie del procedimento legislativo, si deteriora l´intero sistema di protezione, mediante la legge, di quei diritti.

Quei diritti in Parlamento

I procedimenti legislativi che riguardano i diritti fondamentali devono perciò essere procedimenti "normali" in ogni loro fase (istruttoria, esame, votazioni). Procedimenti, cioè, che non possono subire le abbreviazioni né le limitazioni al normale iter che l´economia dei lavori parlamentari spesso impone ad ogni altro procedimento.
Un segno di questo riguardo è nell´articolo 72 della Costituzione. Esso appunto prescrive la "procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera" per i "disegni di legge in materia costituzionale" (e della "materia costituzionale" i diritti fondamentali costituiscono il nucleo duro). Nel nuovo contesto di parlamentarismo maggioritario, questa "normalità" non può, ragionevolmente, essere intesa solo in contrapposizione alla procedura di approvazione in commissione. Essa deve significare esclusione di tutte quelle procedure, restrittive dei tempi di esame e di contraddittorio con l´opposizione, che non possono dirsi "normali" metodi di legislazione.
Questa interpretazione estensiva è legata del resto ad un "precedente" storico preciso. Fu stabilito nel grande ostruzionismo contro le sciagurate leggi in materia di ordine pubblico dei governi di Rudinì e Pelloux (1898-1900). E precedette la prima codificazione di diritto parlamentare dell´Italia unita. Il motivo conduttore - e alla fine vincente - di quell´ostruzionismo fu appunto la rivendicazione di un legame tra metodi di decisione parlamentare e la garanzia dei diritti fondamentali. La minoranza rifiutava, infatti, di ammettere che misure restrittive della discussione potessero applicarsi a disegni di legge concernenti l´esercizio dei diritti costituzionali.
Si ritrova nel nostro diritto parlamentare questa speciale attenzione per i diritti fondamentali? Certamente sì quando sia il regolamento della Camera sia quello del Senato prevedono la possibilità - altrimenti esclusa - di voto segreto sui progetti di legge che incidono sui principi e sui diritti di libertà e sui diritti della persona umana. in base a questo principio che il presidente del Senato, nella accidentata seduta del primo agosto, prese l´esatta decisione di ammettere il voto segreto sul testo del "legittimo sospetto": motivandolo con "un riferimento, sia pure indiretto, all´articolo 25 della Costituzione".
Finisce però qui il parallelismo tra le due Camere. A partire da questo punto vi è una sconcertante frattura fra i due ordinamenti e un non più sostenibile squilibrio. Il regolamento della Camera cerca infatti coerentemente di seguire una linea di rispetto per i diritti fondamentali, stabilendo che le relative procedure si svolgano nel massimo possibile di "normalità". Il regolamento del Senato se ne "dimentica": con i risultati che si sono visti a Palazzo Madama e dintorni.
Ecco, dunque, che il regolamento della Camera (articolo 116) fa divieto al governo di porre la questione di fiducia sulle materie su cui, sia pure condizionato da richiesta, è obbligatorio il voto segreto. Ritorna dunque, per questa via la tutela procedurale dei diritti della prima parte della Costituzione.
E questa si fa ancora più esplicita nell´articolo 24 dove è esclusa, almeno in una prima fase, la possibilità di "contingentamento" dei tempi di esame per i progetti di legge "riferiti" a quei diritti. Vi è di più. Sempre alla Camera, per questi progetti di legge riguardanti i diritti costituzionali non può essere dichiarata l´urgenza (articolo 69). E perciò non può essere ridotto alla metà il normale termine (massimo) di due mesi previsti per l´esame in commissione, preparatorio per l´assemblea (articolo 81).
Ancora: in questa sede referente è espressamente prevista una istruttoria per la "conformità della disciplina proposta alla Costituzione e la sua compatibilità con la normativa dell´Unione europea". Per stare all´attualità, nel caso della leggina sul "sospetto", questo potrà significare l´acquisizione di valutazioni, dati e testimonianze: sia in riferimento all´articolo 25 della nostra Costituzione ("giudice naturale"); sia in riferimento all´articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell´Unione europea ("giudice precostituito per legge"). Ognuno vede che con questi accorgimenti, le regole procedurali della Camera cercano di tenere al riparo la legislazione sui diritti costituzionali da accelerazioni e sincopi procedurali.
Questo rapporto tra procedure parlamentari e tutela dei diritti fondamentali è giustamente inteso, da altro punto di vista, come la chiave di volta per un diritto parlamentare che sia anche diritto delle minoranze. Il presidente della Camera Casini (Repubblica del 15 agosto) ha ricordato, con molto fair play, le riforme introdotte nella scorsa legislatura: quando la minoranza d´allora era la maggioranza di oggi. Questo non toglie però che la tutela dei diritti fondamentali mediante la legge abbia un autonomo valore che va oltre i termini del rapporto maggioranza-opposizione. Ciò perché quei diritti hanno una loro sostanza costituzionale che eccede largamente lo spazio parlamentare, come quello di ogni altra istituzione. La sfera giuridica di cittadinanza penetra tutto il sistema istituzionale: collega le istituzioni, dando ad esse comunanza di scopo. Ma le supera nello stesso tempo. Per questo costituisce anche la più salda connessione tra gli ordinamenti nazionali e l´ordinamento dell´Unione europea.
Certo, anche sui procedimenti legislativi regolatori dei diritti fondamentali la maggioranza parlamentare, come sottolinea con fermezza il presidente Casini, ha, alla fine della storia, il diritto di decidere. Assumendone tutte le relative responsabilità politiche.
Ma una cosa è decidere al termine di un procedimento "normale" che risponda alla pienezza costituzionale della "riserva di legge". Una cosa è decidere al termine di un procedimento strozzato che già nel profilo del suo svolgimento configuri la rottura di quella protezione costituzionale. In questo caso quel prodotto normativo non merita neppure lo stesso nome di legge. E giustifica l´allarme sociale e l´opposizione civica.
In realtà, il Parlamento, quando tratta di diritti fondamentali, deve giocare più il ruolo di istituzione dello Stato di diritto, indisponibile al fondamentalismo maggioritario, che non quello di puro meccanismo di esecuzione della "regola dei più". La "morte dei Parlamenti" che teme Ralf Dahrendorf (Repubblica del 17 agosto) non si evita con improbabili "ribellioni" al "nuovo autoritarismo" dei "dittatori elettivi". Ma recuperando ai procedimenti legislativi parlamentari la loro natura di ultima "riserva". Cioè la effettiva, intrinseca capacità di garantire i valori e i diritti della Costituzione. Una garanzia più forte, e più oggettiva, di qualsiasi giudice.