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22 Novembre 2002
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RIFORME PERICOLOSE. LA LEGA IMPONE LO SCAMBIO-RICATTO FRA FINANZIARIA E FEDERALISMO
Bossi devolution, caos istituzionale in vista E il centrodestra finge di essere d'accordo
La Confindustria vede solo guai e spara ad alzo zero: «No a blitz sulle riforme costituzionali»

La devolution è un capriccio politico di Umberto Bossi che però rischia di provocare danni molto seri all'unità del paese. Probabilmente l'obiettivo è proprio questo. E il leader del Carroccio, nonché ministro per le Riforme istituzionali, ha deciso di giocare tutte le carte di cui dispone. In vista del rush finale sulla legge Finanziaria del suo mentore Giulio Tremonti, ha fatto capire che i voti della Lega arriveranno ma in cambio di quelli degli altri partiti della Casa delle libertà a sostegno del suo disegno di legge, il n°1187 all'esame del Senato. Una sorta di ricatto, come qualcuno ha commentato. Un «blitz», secondo la Confindustria che ha chiesto ieri di non improvvisare le riforme costituzionali. Sempre ieri il Senato ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate dall'opposizione. Si va avanti, in piena sessione di bilancio, mettendo da parte le riforme del lavoro e del fisco. Un centro destra imbarazzato approva – per ora – la scorrazzata della Lega. Ma fino a quando? Basta ascoltare Mario Landolfi, portavoce di An: «La devolution fa parte del programma di governo. Abbiamo dimostrato la volontà di venire incontro ad un nostro alleato, ma ora si deve discutere sul come, sul quando e sui costi dell'operazione. E non c'è dubbio che l'impianto della proposta debba essere migliorabile». Equilibrismo politico. La logica sulla quale si muove Alleanza nazionale, d'altra parte, non appare del tutto compatibile con il disegno di Bossi. Dice Landolfi: «Ci sono materie come l'indirizzo scolastico e la polizia sulle quali lo Stato non può abdicare le sue competenze primarie. Sono tipiche funzioni statali». La sanità «non desta allarme» (parole sempre di Landolfi) perché già oggi – per effetto della riforma costituzionale federalista – sono sufficientemente chiare le competenze regionali e quelle centrali. Il ministro delle Politiche comunitarie, Rocco Buttiglione, si dichiara federalista, giobertiano e introduce un altro elemento: «C'è bisogno di riportare un po' di ordine, dopo i danni provocati dalla riforma del centro sinistra. Il primo passo da compiere è quello di approvare il disegno di legge La Loggia». Il provvedimento che porta il nome del ministro degli Affari regionali costituisce una sorta di attuazione della riforma del titolo V della Costituzione che ha come obiettivo principale proprio quello di attenuare le ragioni di conflitto tra Stato e Regioni destinate ad essere risolte dalla Corte costituzionale. Ma se ancora va approvata questa legge che senso ha accelerare l'esame della devoluzione avviando addirittura un percorso di revisione costituzionale? Commenta Antonio Bassolino, presidente della Campania: «E' il caos istituzionale. Tanto è vero che tutto il mondo delle autonomie locali è contrario a questa procedura. Le scelte della maggioranza appaiono, anche dal punto di vista del metodo, di una gravità inaudita, senza precedenti».
Il disegno di legge sulla devolution varato dal Consiglio dei ministri a febbraio è un misto di contraddizioni e paradossi, ma anche di ipotesi piene di insidie. Basta leggere il pamphlet di Luciano Vandelli, «Devolution e altre storie» (Il Mulino). Intanto che cos'è la devolution nella versione bossiana. Certamente è la formula che ha consentito l'accordo elettorale tra Bossi e Berlusconi. Non è la temuta secessione, ma non è neanche il più soffuso federalismo. E' una formula vaga e indistinta che per nulla assomiglia all'esperienza scozzese alla quale, invece, vorrebbe richiamarsi. Soprattutto per un aspetto chiave: al parlamento scozzese sono state devolute alcune materie mentre altre sono specificatamente riservate al parlamento di Westminster. Nella proposta di legge di Bossi sono le Regioni che si auto-attribuiscono (l'espressione usata è: «attivano») la potestà legislativa esclusiva su sanità, istruzione, polizia locale. La formula dell'auto-attribuzione è del tutto inedita nel panorama internazionale. Vandelli riporta le interessanti osservazioni del Servizio studi del Senato: «Un elemento che non è agevole definire chiaramente nelle sue implicazioni è il valore del verbo "attivare" (…). In particolare non appare univocamente certo se – ed eventualmente in cosa – "l'attivazione" sia diversa dall'avere competenza, esserne titolare». Chiosano gli esperi del Senato: «Nel caso dell'attivazione, se si accoglie l'interpretazione secondo cui essa significa esercizio della competenza, potrebbe dubitarsi che la competenza preesista all'attivazione». Tanto che si potrebbe verificare che una Regione decida di legiferare sulla sanità, la scuola e la sicurezza (per la lotta alla micro criminalità?) e un'altra di restare nell'ambito di una legislazione statale. Facile prevedere l'uscita dai sistemi nazionali delle Regioni più forti e, quindi, l'indebolimento del sistema, lo sgretolamento di un apparato di tutele e diritti condivisi dalla comunità nazionale.