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La Stampa 19-12-2002
 

Appello del Presidente: «La Costituzione non si cambia a maggioranza»
 
   Aldo Cazzullo 

La Costituzione non si può cambiare a pezzi, e con il solo supporto dei rapporti di forza. Il processo di legittimazione reciproca tra maggioranza e opposizione si è interrotto. Il federalismo va attuato senza indebolire l´unità nazionale. Le recenti vicende della Rai confermano che il messaggio alle Camere sul pluralismo dell´informazione e sulla necessità di una nuova legge deve trovare un seguito al più presto. Va garantita l´indipendenza delle Authority. Il Consiglio superiore della magistratura va rispettato. Un «atto di clemenza» è possibile, e il Quirinale non si opporrebbe. Lo spoil-system va applicato rispettando il principio costituzionale dell´imparzialità della pubblica amministrazione. Carlo Azeglio Ciampi ha atteso di avere accanto a sé al Quirinale i vertici delle istituzioni della Repubblica - il premier Berlusconi, il presidente del Senato Pera, il presidente della Camera Casini, il presidente della Consulta Ruperto, oltre a ministri, parlamentari, comandanti delle forze dell´ordine - per riassumere con parole insolitamente dure lo stato delle cose della politica. L´ha fatto non con animo esacerbato: atteggiamento che non gli appartiene e non corrisponde neppure al suo stato d´animo. Ciampi non è pessimista sull´Italia; e lo dimostrerà nel discorso di Capodanno, rivolto in prima persona ai cittadini. Anzi, considera il paese più unito che mai. Ieri ad esempio ha avuto parole di ottimismo sul caso Fiat: «La cultura del lavoro, le capacità tecnologiche e imprenditoriali che hanno fatto la grandezza di Torino e di tutta la nostra industria danno fiducia che la crisi sarà superata e che non vedremo il tramonto di marche italiane famose nel mondo». Ma agli uomini delle istituzioni il presidente segnala limiti e pericoli. Ciampi non sembra condividere l´analisi di Pera, che intervenendo prima di lui aveva espresso «soddisfazione per un clima che sembra farsi migliore tra le forze politiche di maggioranza e opposizione». Nel 2002, sostiene il capo dello Stato, «il processo di reciproca legittimazione e il dialogo libero da pregiudizi non hanno compiuto i progressi che un anno fa, in questa stessa occasione, avevo auspicato». Ciampi denuncia «il rallentamento della maturazione di una vera cultura dell´alternanza, in grado di superare la concezione puramente aritmetica dei rapporti tra maggioranza e opposizione». Mette in guardia dai «rischi rappresentati dalla tentazione, per la maggioranza, di affidarsi al solo rapporto di forza numerico, e per l´opposizione di fare ricorso sistematico all´ostruzionismo». E indica gli antidoti: completare il cambiamento seguito all´adozione del sistema maggioritario, dare alla maggioranza la possibilità di attuare il proprio programma e all´opposizione la garanzia di esercitare in Parlamento i propri diritti. «La strada del dialogo è la sola percorribile» per le riforme. Occorre evitare «modifiche parcellari»; «la Costituzione non si presta a essere riformata pezzo a pezzo a ogni cambio di maggioranza, pena la coerenza e la stabilità delle istituzioni». Sulla questione delle riforme la sintonia con Pera è invece evidente. Il presidente del Senato ha sollecitato infatti una riforma del regolamento di Palazzo Madama che preveda «uno statuto del governo e uno statuto dell´opposizione». Ha proposto di rafforzare i poteri di un presidente del Consiglio «direttamente legittimato dal corpo elettorale». E di completare la riforma federalista individuando il luogo della composizione degli interessi in un «Senato federale della Repubblica». Ma «stella polare di ogni riforma» ricorda Ciampi «deve essere l´articolo 5 della Costituzione, che vuole la Repubblica una e indivisibile». Finora mai il capo dello Stato aveva messo in guardia in modo tanto esplicito dai rischi della devoluzione. Cui non è pregiudizialmente contrario; anzi, la ritiene corrispondente ai sentimenti del paese, alla tradizione localista e anche a quell´«idem sentire de republica» che tiene insieme il paese. Proprio per questo se si indebolisce il principio unitario «non si ha riconoscimento delle autonomie locali, ma allentamento della coesione nazionale, con sacrificio del principio di solidarietà che è una linea guida della nostra Carta costituzionale». In tema di informazione, Ciampi ricorda le sentenze della Corte Costituzionale, che impongono nuove regole a garanzia del pluralismo, e confermano la necessità del messaggio alle Camere del luglio scorso, il primo del settennato. Il presidente ha dato atto al governo e all´opposizione di aver presentato proposte di legge. Ma è evidente, nel passaggio in cui ha citato «le recenti vicende riguardanti il servizio pubblico radiotelevisivo», che le garanzie chieste dal Quirinale ancora non ci sono, e la questione è strettamente legata all´agenda politica del governo e della maggioranza. Cui Ciampi lancia un altro richiamo, a proposito dello spoil-system. La legge con cui «si è voluto confermare il primato della decisione politica» dev´essere applicata «nella piena osservanza dei precetti costituzionali dell´imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, che implicano la necessità di un esercizio neutrale della funzione dirigenziale». Il messaggio al governo non potrebbe essere più chiaro: avete il diritto di fare le nomine, non di occupare le cariche con personale non «professionalmente capace». Solo a queste condizioni le scelte del governo avranno «il più alto grado di trasparenza e di imparzialità». Occorre mettere ordine anche in tema di Autorità, «dove si è assistito a una proliferazione di istituzioni svincolata da criteri di omogeneità»; servono invece «procedure di formazione delle Autorità che ne preservino in ogni caso l´indipendenza». Al Csm, ieri criticato dal Guardasigilli Castelli, Ciampi ha riconosciuto «la funzione di assicurare il governo autonomo della magistratura e l´altra, da questa inscindibile, di garantirne l´autonomia, l´indipendenza e il prestigio»; ma ha lanciato l´esortazione a «risolvere il problema centrale della nostra giustizia, che è e rimane la durata eccessiva dei processi». Una questione collegata a quella delle carceri. Ciampi riconosce che esiste un problema di sovraffollamento. Indica la soluzione: ristrutturare gli istituti e costruirne di nuovi. Ma siccome «ci vorrà del tempo», il Quirinale non si oppone «alla domanda di misure di clemenza che sale da più parti della società civile».