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PERICOLI DI UNA RIFORMA COSTITUZIONALE
Gli uomini del Presidente
di Maurizio Viroli

 

da La Stampa - 23 luglio 2002


NONOSTANTE molti e autorevoli commentatori siano intervenuti sull'argomento, ritengo che non sia stato spiegato in modo sufficientemente preciso che cambiare la nostra Costituzione per avere un Presidente eletto dal popolo con poteri di governo significherebbe privare la Repubblica di una preziosa istituzione di equilibrio e di garanzia (di cui tutti riconoscono i benefici effetti) e aprire la via a una pericolosa forma di potere illimitato. Al di là dei contrasti anche seri, i nostri Costituenti vollero un Presidente che non fosse «l'evanescente personaggio, il motivo di pura decorazione, il maestro di cerimonie», ma la figura che «rappresenta e impersona l'unità e la continuità nazionale, la forza permanente dello Stato al di sopra delle mutevoli maggioranze.

È il grande consigliere, il magistrato di persuasione e di influenza, il coordinatore di attività, il capo spirituale più ancora che temporale della Repubblica» (Ruini). Questa concezione del presidente riflette il principio che il popolo è sovrano in quanto non riconosce alcun potere superiore, ma non deve avere un potere illimitato, per la ragione che un popolo senza freni è il peggiore dei tiranni. La nostra Costituzione afferma dunque la sovranità popolare che si esprime per mezzo del Parlamento, ma prevede anche istituzioni di freno e moderazione, quali appunto il Presidente della Repubblica. Qualora si realizzasse nel nostro paese la riforma in senso presidenzialista, quali sarebbero le istituzioni in grado di moderare, in nome della Costituzione, il potere del Parlamento e del governo, entrambi espressione diretta della volontà popolare?

Nel caso italiano presente la riforma presidenzialista potrebbe determinare una situazione in cui al vertice della Repubblica siederebbe un Presidente designato dalla volontà popolare che avrebbe tuttavia il potere di influenzare direttamente quella stessa volontà popolare con mezzi di comunicazione di sua proprietà (o sotto il suo controllo). Egli avrebbe altresì il potere di condizionare le scelte del Parlamento grazie al suo «partito personale», per usare la felice intuizione che Bobbio ha argomentato anni fa su questo giornale. Di fronte a un pericolo simile la saggezza consiglia di mettere una pietra tombale sul discorso della riforma in senso presidenzialista, a meno che non si voglia modificare tutta la Costituzione, che è un sistema giuridico e non una somma di norme, e come tale mal sopporta revisioni parziali.

L'esperienza tuttavia insegna che le buone costituzioni nascono dalla disponibilità al dialogo e al confronto rispettoso delle idee e dei programmi politici, come avvenne nella breve stagione della Costituente. Nell'attuale contesto politico non esistono le condizioni indispensabili per dar vita a un'Assemblea Costituente o ad altra istituzione capaci di svolgere un'opera paragonabile, per saggezza e lungimiranza, a quella che ha dato vita a questa nostra Costituzione che con troppa leggerezza molti ritengono un inutile eredità di un passato.