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Ragioni e problemi dello “spoils system”
Pasquale Cerbo
24-10-2002
La locuzione “spoils system” ha avuto origine nei sistemi anglosassoni e indica la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella competizione elettorale .....

 

 

La locuzione "spoils system" ha avuto origine nei sistemi anglosassoni e indica la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiave dell’apparato burocratico: da qui il nome, che evoca la presa delle spoglie da parte del vincitore.

All’inizio degli anni novanta, poi, l’espressione è entrata nel nostro linguaggio politico , contemporaneamente con l’affermarsi dei sistemi elettorali maggioritari. Essa sintetizza il complesso dei poteri che consentono agli organi politici (Ministro, Consiglio dei Ministri, Presidente della Regione, Presidente della Provincia e Sindaco) di scegliere, di norma fra soggetti già dipendenti dell’amministrazione, le figure di "vertice" (segretari generali, capi dipartimento, direttori generali, segretari comunali ecc.).

Il sistema è generalmente congegnato in modo che i tempi dell’incarico dei prescelti non ecceda la durata in carica dell’organo politico che li ha designati. Ciò non vuol dire però che, a seguito del cambio di maggioranza politica, l’amministrazione licenzi questi soggetti: essi sono posti a disposizione per altri incarichi. Solo per quei soggetti scelti all’esterno dell’amministrazione e assunti a tempo determinato (ad esempio il direttore generale del Comune) la cessazione dalla carica dell’organo politico segna anche la fine del rapporto di lavoro.

La nuova Legge
Le maggiori perplessità sollevate dallo "spoils system" italiano riguardano essenzialmente la scelta dei burocrati di "vertice" da parte dei politici: il rischio paventato è quello di un’amministrazione in balìa della politica. Queste preoccupazioni si sono riacutizzate allorquando lo "spoils system" - originariamente previsto per i segretari comunali e provinciali - è stato prima esteso a tutti i dirigenti di vertice delle amministrazioni pubbliche (in particolare ai dirigenti generali dei ministeri) e poi notevolmente potenziato per effetto della recente Legge n. 145/2002. Per i dirigenti ministeriali di "vertice" (segretario generale del ministero, capo del dipartimento e dirigenti di livello equivalente) è ora previsto che l’incarico cessi decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al nuovo Governo, quand’anche l’incarico assegnato dal Governo precedente non sia scaduto. E’ stata inoltre ampliata la possibilità di attribuire incarichi dirigenziali a soggetti di elevata professionalità esterni all’amministrazione; in via transitoria, infine, gli incarichi di "vertice" in corso - in larga misura risalenti ai precedenti Governi - cessano al sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge (cioè in questi giorni).

Tali perplessità sono in larga misura dettate dalla mancata lettura d’insieme delle riforme degli ultimi anni, in primis della distinzione fra attività di indirizzo riservata agli organi politici e attività gestionale riservata ai dirigenti: questi ultimi sono "responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati" e hanno poteri analoghi a quelli del privato datore di lavoro nell’organizzazione dei loro uffici (artt. 4 e 5 del decreto legislativo n. 165/2001).

In un simile contesto il "politico" non assume più alcuna decisione concreta. Gli organi politici sono eletti dai cittadini per l’attuazione di un certo indirizzo politico e di questo rispondono davanti agli organi rappresentativi (ad es. l’art. 95 della Costituzione stabilisce che il Ministro risponda innanzi al Parlamento) e ai cittadini stessi.I politici, tuttavia, non avendo alcun potere gestionale concreto, possono garantire l’attuazione dell’indirizzo solo con la scelta fiduciaria dei vertici delle amministrazioni. Una scelta completamente sottratta agli organi politici, per un verso, violerebbe il principio democratico - perché si avrebbe un’amministrazione priva di investitura popolare e che non risponde ad alcuno del proprio operato - e, per altro verso, svuoterebbe completamente di significato la responsabilità politica.

D’altro canto la scelta fiduciaria non esclude, ma anzi presuppone, una valutazione delle capacità del dirigente: l’organo politico risponde dell’andamento dell’amministrazione. La scelta fiduciaria del resto non implica un "asservimento" del dirigente agli organi politici, poiché egli conserva per legge una forte autonomia gestionale e resta il responsabile dell’amministrazione.

L’attuale sistema, peraltro, non penalizza in maniera eccessiva i dirigenti "sostituiti", i quali, in attesa di un nuovo incarico, conservano il rapporto di lavoro e in qualche caso anche il trattamento economico maturato.

Certo, nel concreto sono possibili alcune distorsioni. Gli organi politici potrebbero intromettersi nella gestione riservata ai dirigenti o incaricare alcuni soggetti, caratterizzati da una certa appartenenza politica, a prescindere dalle effettive capacità.

Si tratta però, a ben vedere, di problemi che non sono nati con lo "spoils system", ma che esistevano già in passato e avevano anzi, in quel contesto, raggiunto stadi fortemente patologici. Proprio il tentativo di sottrarre ai politici le scelte gestionali, senza per questo abdicare al principio democratico, ha reso necessario un sistema in cui gli organi politici potessero scegliere i vertici burocratici delle amministrazioni.

Inoltre la formazione dei dirigenti pubblici dovrebbe oggi favorire la diffusione di capacità gestionali che, se correttamente interiorizzate, escludono la possibilità di un’eccessiva invadenza politica.

 

 

 


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