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Lo spoils system all'italiana
La legge prevede il cambio dei dirigenti ma questo governo ne sta approfittando
Di Mario Pirani

 

da Repubblica - 28 ottobre 2002


L´asservimento della dirigenza pubblica ad opera del governo sta passando senza colpo ferire. D´altro canto il ministro Frattini si è affannato a spiegare che, in realtà, l´epurazione ha riguardato una aliquota ridotta di dirigenti. Ma, a parte il numero dei colpiti, peraltro contestato, il nodo della questione sta nella breve durata dei contratti (in media due anni ma ce ne sono di pochi mesi) che pone tutti in stato di soggezione e precarietà. Lascio la parola ad un funzionario di altissimo grado e qualifica, di cui non faccio il nome per non esporlo a ritorsioni, che mi ha inviato per iscritto alcune riflessioni davvero esaustive.
«La polemica sullo spoils system all´italiana - scrive - riguarda la cattiva coscienza un po´ di tutti. Una legge voluta dal centrosinistra per finalità ambigue, viene ora usata da Berlusconi per creare sconquassi in quel che resta dell´autonomia dell´amministrazione pubblica. Si è detto che l´introduzione dello spoils system in Italia nasce dall´esperienza anglosassone e che esso costituisce il sistema più efficace per rendere più efficiente la nostra burocrazia pubblica. Anglosassone? Lo spoils system è applicato solo negli Usa in ragione della particolare natura della divisione dei poteri in quel Paese. Il Presidente, come noto, in quanto capo dell´esecutivo è anche in qualche sorta il Capo del governo e lo spoils system tende, appunto, a far sì che la responsabilità politica dell´Amministrazione venga esercitata secondo le linee programmatiche ed operative fissate dal Presidente. Esso si applica innanzitutto, a quanti svolgono funzioni equivalenti a quelle dei nostri sottosegretari e affini; si estende più in profondità, ai livelli immediatamente successivi dell´amministrazione (ma sempre di rilevanza politica), proprio perché la mancanza di un vero Consiglio dei ministri impone una governance della cosa pubblica più forte di quanto non sia necessario da noi.
In Gran Bretagna vige semmai il principio contrario, dell´assoluta neutralità dell´amministrazione rispetto al potere politico. Ad ogni cambio di governo e di maggioranza, i funzionari restano normalmente al loro posto e anche quelli di nomina più politica, come i capi di gabinetto, continuano di regola a servire i nuovi titolari. Durante le campagne elettorali poi, i funzionari pubblici sono tenuti a tenere dei regolari briefings anche ai candidati dell´opposizione; l´assunto essendo che se questi dovessero vincere, sarebbe indispensabile per i nuovi ministri poter attendere agli affari dei loro dicasteri sin dal primo giorno. Il sistema inglese è simile a quello in vigore presso tutti i grandi Paesi europei. La logica della neutralità dell´amministrazione è all´opposto di quella della soggezione diretta all´esecutivo e, persino in Francia, la neutralità è esaltata come un valore irrinunciabile, soprattutto in relazione all´esistenza di un regime presidenziale.
Ciò detto nello spirito della legge Bassanini vi erano anche assunti positivi. Che la burocrazia italiana sia da modernizzare non v´è dubbio; così come è certo che essa sia abituata da sempre ad agire in un contesto di sostanziale irresponsabilità, resa ancor più forte dalle norme che, di fatto, rendono impossibile rimuovere un alto burocrate dal suo incarico anche in caso di incompetenza manifesta. Tale situazione ha favorito l´emergere di una zona grigia, in cui potere politico ed autorità amministrativa operano in connivenza. Il problema è, dunque, quello di rendere la burocrazia più direttamente accountable (ancora l´inglese, ahimè...), stabilendo dei criteri di efficienza trasparenti e introducendo anche nel settore pubblico le forme contrattuali - responsabilità, licenziabilità, flessibilità delle remunerazioni - tipiche di quello privato.
La contrattualizzazione, per essere davvero efficace, richiede, però, contestualmente un rafforzamento delle guarentigie di indipendenza. Se questo era l´obiettivo la via scelta è clamorosamente sbagliata. Si è aumentata, infatti, la soggezione dell´amministrazione alla politica, senza un vero recupero di efficienza.
Istituire contratti a tempo va bene; ma per quale motivo farli di durata troppo limitata perché si possano valutare seriamente i risultati e, soprattutto, perché farli decorrere dal cambio di governo, una scadenza che nulla ha direttamente a che vedere con l´efficienza e che, invece, fa capire che all´inamovibilità di un tempo non si è sostituita la rigorosa applicazione di criteri obiettivi di produttività, ma si è rafforzato quello della dipendenza dalla volontà del princeps di turno?».