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Minori e giustizia

Alfredo Carlo Moro: ' ' Non è possibile rompere in nessun modo il rapporto tra penale e civile ' '

ROMA – Sembra condivisa da più parti l’esigenza di riunire le competenze in materia di minori e famiglia. La discussione è sul ora come. Ad Alfredo Carlo Moro, esperto conoscitore dell ' universo minorile e adolescenziale, chiediamo che cosa in questa fase di cambiamento non occorre dimenticare.
“Sono 20 anni che se ne parla. Sono stati presentati progetti di legge tra cui quello del Ministro Martinazzoli, a suo tempo. Il problema della riunificazione delle competenze diventa fondamentale perché se no abbiamo dei minori trattati con una particolare attenzione ai loro bisogni, come avviene nei Tribunali per minorenni, e dei minori che sono mero accessorio dei problemi degli adulti, che è quello che avviene in sede di separazione nei Tribunali ordinari. La soluzione ottimale per me sta nella costituzione del cosiddetto Tribunale della famiglia e dei minori. Si può fare anche con le sezioni minorili però con una competenza specializzata e non rompendo in nessun modo il rapporto tra penale e civile”.
Che cosa intende?
“Nessuna attività seria di recupero del minori in sede penale si può fare se contemporaneamente non si interviene in sede civile. I tribunali per i minorenni utilizzano molto gli strumenti dell’intervento civile per il recupero dei minori devianti. Scindere l’intervento penale, lasciato al tribunale per minorenni, da un intervento civile, lasciato ad un tribunale ordinario, secondo me non ha logica, se si vuole intervenire a sostegno delle difficoltà del ragazzo in formazione. Ha solo la logica di dire che gli interessi degli adulti debbono essere privilegiati rispetto a quelli dei minori, il che è in contrasto con i principi della Convenzione Onu che l’ordinamento italiano ha recepito”.
Come va rivista, se va rivista, la figura del giudice onorario, che secondo il ministro Castelli dovrebbe scomparire?
“L’interesse del minore, che è fondamentale, implica una valutazione degli aspetti giuridici, ma prevalentemente degli aspetti pedagogici, umani, la valutazione delle risposte alle esigenze del minore in difficoltà. Questo non può essere fatto su un piano meramente tecnico-giuridico ma richiede una compresenza del momento giuridico e del momento della conoscenza delle scienze altre. E questo non può essere affidato ad un perito esterno perché è nel momento della decisione che è necessario che le varie competenze giuridiche si integrino. Questo è il problema per cui sono stati costituiti i componenti privati del tribunale dei minorenni e sin dall’epoca fascista ci si era resi conto di questa esigenza. Certo c’è bisogno di una maggiore selezione e formazione di questi giudici onorari e nell’ultimo periodo c’è stata una maggiore attenzione. E’ diminuito il numero dei professori e sono presenti figure professionali che erano più trascurate. Ma questa integrazione tra momento giuridico e momento di valutazione delle esigenze umane del minori e di prognosi di che cosa si può fare per aiutarli mi sembra essenziale. Perché la sentenza nel campo minorile non è una sentenza che appura quel è il diritto che è maggiormente meritevole di tutela come avviene nei giudizi ordinari in cui si discute se il diritto del vicino ad avere lontano gli alberi è maggiore del diritto del contadino ad avere gli alberi vicino al confine. Qui si tratta di costruire una progetto di recupero del ragazzo e non è solo da sviluppare sul piano giuridico ma su un piano più generale confondendo aspetti pedagogici, psicologici, sociologico che il giudice tecnico di per se da solo non può dare”.

(Vedi approfondimenti nella notizia del 28/02/2002 13.27.45)

in www.redattore.it