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LA REPUBBLICA GIOVEDÌ, 08 SETTEMBRE 2005
 
Pagina 28 - Economia
 
Rapporto Spi-Cgil sul finanziamento del Welfare: dagli asili all´assistenza anziani. La riduzione maggiore tra il 2002 e il 2003
 
I Comuni tagliano la spesa sociale
 
Sacrifici anche oltre il 20% nel Sud, salgono tasse e tariffe
 
 
 
Nel 2005 i fondi di provenienza statale e regionale sono calati del 17 per cento rispetto al 2003
Ai primi posti in Italia per pagamenti procapite Trento e Bolzano. Agli ultimi posti Avellino e Taranto
 
LUISA GRION

ROMA - Più tasse locali, meno servizi, meno investimenti e un divario sempre più crescente fra Nord e Sud. L´Italia dei Comuni ha il fiato al collo: lo dimostra un´indagine della Spi-Cgil che - facendo le pulci ai bilanci degli enti locali ha scoperto come negli ultimi anni vi sia stato un netto ed inesorabile crollo nel welfare offerto e quindi nella qualità della vita degli italiani.
Da quando sulle amministrazioni si è stretta la doppia tenaglia del taglio ai trasferimenti da una parte e del rispetto del patto di stabilità dall´altra i municipi - per far quadrare i conti - hanno dovuto alzare le entrate e tagliare i costi. Ne ha fatto le spese - prima di tutto - l´investimento per interventi sociali che nel Sud, solo fra il 2003 e 2004 ha messo a segni sforbiciate fino al 20 per cento.
Considerata la voce nel suo senso più stretto (assistenza, beneficenza, servizi all´infanzia), se nella media del 2002 le amministrazioni investivano 168,36 euro, nel 2004 la quota raggiungeva a stento i 162. Nel Sud il dato più tragico: da 124 a 100 euro circa. Cosa ha prodotto in concreto il taglio? Meno assistenza scolastica, meno cultura: a Crotone, Reggio Calabria, Taranto e Avellino la voce di spesa non raggiungeva - nel 2003 - i 60 euro annui pro-capite contro i 200 di Firenze, Udine, Bologna, Pordenone e Modena. Solo per la scuola il Sud in genere spendeva 35 euro contro una media nazionale di 50 (valore che scende però al di sotto dei 10 euro a Vibo Valenzia, ma anche a Trento e Gorizia). Ed è molto improbabile che negli ultimi mesi vi possa essere una svolta visto che - in media - dal 2003 al 2005 i trasferimenti agli enti locali hanno subito un taglio del 17 per cento.
Il guaio, infatti, è che per chiudere i bilanci i Comuni - nello stesso periodo - hanno dovuto aumentare la pressione fiscale: nel 2000 quella locale era di 416,26 euro pro-capite , tre anni più tardi era già arrivata a 574,40 ( ma si passa da un massimo nel Centro-Nord di690 euro ad un minimo, nel Sud di 385). La tendenza all´aumento delle entrate è d´altra parte generale : lo dimostra anche il dato fornito ieri dal ministero dell´Economia secondo il quale i dati di competenza del gennaio-maggio 2005 (quelli che si utilizzano per il calcolo del deficit ai fini europei) mostrano un incremento del 2,9 per cento al netto dei condoni e del 5,7 sui versamenti effettivi (un balzo legato essenzialmente alla cosiddetta Ire, l´ex Irpef, e Ires, l´ex Irpeg).
Tornando ai Comuni, l´allarme che lanciano i curatori della ricerca, guidati dal sociologo Francesco Montemurro, è che a fronte di una emergenza economica lo scollamento del Paese, invece di ricomporsi sia vada sempre più ampliando. Il welfare, dappertutto in crisi, rischia di procedere a due velocità e questo anche per alcuni «storici difetti» della amministrazione meridionale che fatica, più delle altre a liberarsi dalle pastoie burocratiche (la spesa sul totale corrente incide del 33 per cento contro una media nazionale del 26,9) e meno delle altre riesce a riscuotere i crediti. A fronte di un taglio di ulteriori risorse previsto nel 2005 non c´è - da parte dei municipi meridionali - la possibilità e la capacità di recuperare tutte le entrate locali. La quota di proventi da servizi pubblici (rette e ticket) non raggiunge i 50 euro contro, valore che si triplica in molte città del Centro-Nord.