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Il tetto alla spesa e gli enti locali
LA SOLUZIONE «2 PER CENTO»
di SABINO CASSESE
 

 
dal Corriere - 6 ottobre 2004

 
Il limite del 2 per cento disposto dalla proposta di Legge finanziaria è uno strumento efficace? E questo strumento è utilizzato in modo coerente con la politica del governo? Il tetto alla spesa è stabilito per lo Stato disponendo che gli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa siano incrementati per non più del 2 per cento delle corrispondenti previsioni iniziali del precedente esercizio, successivamente «aggiornate» (ovvero ridotte). Questa tecnica di contenimento della spesa è molto rudimentale e scarsamente efficace. Essa dispone una diminuzione generale (salvo le eccezioni previste per spese di personale, previdenziali, sanitarie e di investimento), senza differenziare i tipi di spesa. Colpisce, così, spese «buone» e spese «cattive». Inoltre, la riduzione generalizzata degli stanziamenti di competenza e di cassa non influisce sulla attività amministrativa che viene prima della spesa, e che dà origine a essa. Ne consegue che gli impegni e i pagamenti non si possono fare, ma le obbligazioni amministrative possono sorgere egualmente. Con il risultato di far scoppiare la spesa appena il tetto viene tolto e di creare eserciti di persone frustrate, pronte a rivendicare i propri diritti.
Per fare un esempio, il tetto della spesa non impedisce alle amministrazioni pubbliche di avviare e svolgere concorsi per il reclutamento di dipendenti, né di bandire gare di appalto e di concluderle. Il blocco delle assunzioni e il tetto di spesa hanno solo l'effetto di impedire di stipulare i contratti di lavoro. Il tetto di spesa ha l'effetto di fermare gli atti delle procedure contrattuali di appalto che comportano l'assunzione di impegni e l'effettuazione di pagamenti. Come dimostra l'esperienza già fatta, questi rimedi producono un effetto temporaneo, seguito da immediati aumenti successivi della spesa e accompagnati da pressioni di ogni genere dei beneficiari ai quali è stata fatta una promessa dilazionata e che considerano questi strumenti come arroganti dichiarazioni di impotenza.
Il tetto della spesa è disposto anche per gli enti territoriali. Solo che a questi si applica nel 2005 un limite del 4,8 per cento. Nei due anni successivi un limite del 2 per cento. Tale distribuzione fa sorgere un secondo interrogativo, relativo alla coerenza della politica del governo. Questo, con la cosiddetta riforma federalista, si propone un cospicuo decentramento di funzioni (e quindi anche di personale e di spesa). Dunque, l'incremento relativo della spesa periferica dovrebbe essere maggiore di quello del centro. Invece, si cerca di tener buoni gli enti territoriali con l'aumento più che doppio previsto per l'anno prossimo, mentre, nella prospettiva triennale, si porta l'incremento allo stesso livello dello Stato.
Questa mancanza di coerenza della politica governativa danneggia soprattutto i Comuni, che si trovano in un momento particolarmente critico. Infatti, la riforma costituzionale pare aver introdotto una concezione neo-gerarchica degli enti territoriali. Ad esempio, assegna al Senato federale un ruolo dominante nel coordinamento tra enti territoriali e costituzionalizza la Conferenza Stato- Regioni, ma non quella Stato-enti locali.
In conclusione, il tetto di spesa, come introdotto dal governo, serve a trasferire su esercizi futuri la spesa, più che a contenerla in modo duraturo, perché lascia immutate le politiche da cui originano le spese. Esso, inoltre, è, nella prospettiva triennale, in contraddizione con i propositi di decentramento del governo.