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onsson bodil, dieci pensieri sul tempo

einaudi, 2000, p. 45-48


IOra lasciami capovolgere totalmente l'orientamento del capitolo e spezzare una lancia in favore di coloro che cercano le suddivisioni del tempo e ne fanno un punto fermo nella propria vita. Esistono molte persone che hanno bisogno di dividere il loro tempo per comprendere il mondo circostante: i bambini, per esempio, vogliono sapere quanti «istanti» ci sono in un «momento» e hanno bisogno di spiegazioni del tipo «dura quanto mezzo cartone animato». Anche alcuni adulti necessitano di sostegni che li aiutino a precisare il tempo per poter percepire i cambiamenti; per loro l'assenza di tempo non è una condizione ideale cui mirare.
Voglio fare un esempio e a questo scopo vi presenterò Henry. Quando ci conoscemmo non parlava quasi per niente: si limitava a rispondere «ciao» se qualcuno lo salutava cosf e aveva un piccolo patrimonio di parole e frasi standard, forse cento, che usava con parsimonia e scarsa chiarezza. Quando Henry ottenne il suo assistente elettronico personale Isaac, nella sua vita entrarono le immagini digitali. Il fatto che fossero digitali non era molto rilevante di per sé, la cosa importante era che fossero numerose e che riguardassero lui. Inizialmente Henry non era in grado di trattarle, a meno che non fossero stampate, ma quando le pareti ne furono completamente ricoperte, Henry cominciò a cambiare: improvvisamente eccolo li davanti alle immagini, attento e concentrato. Se un'altra persona gli si fermava accanto (e ciò non gli dava affatto fastidio) poteva sentirlo mormorare: sembrava parlasse con le immagini. Un giorno, mentre ero da lui, fui colpita da un'idea che poi non mi abbandonò più: ciò che accadeva a Henry davanti alle immagini era che il tempo entrava nella sua vita. Credo che prima la sua esistenza fosse non solo quasi vuota di parole, ma sicuramente pressoché priva anche di immagini intcriori. Semplicemente non aveva molti strumenti che lò aiutassero a pensare e se un individuo non possiede parole e immagini, non gli rimane nulla cui legare i suoi pensieri o i suoi ricordi. In questo modo, l'esistenza passata di Henry era rappresentata solo da un «adesso» seguito da un altro «adesso» e poi da un altro ancora; perciò non poteva pensare a nulla, desiderare nulla, aspettarsi nulla - poteva (eventualménte) solo riconoscere se stesso in una ripetizione. L'esperienza non fa molta strada senza riflessione.Era quindi pienamente normale chequi passato Henry non fosse riuscito a imparare quasi nulla: l'apprendimento si basa infatti sulla variazione che, a sua volta, presuppone qualcosa di stabile, un ricordo o un punto di riferimento fisso, intorno al quale operare i mutamenti. Talvolta si dice che «la ripetizione è la madre di ogni apprendimento», ma questa non è uria verità assoluta: la ripetizione ci permette di concentrare l'attenzione e ci fornisce punti fermi dai quali partire, ma è comunque sempre necessaria, per poter imparare qualcosa, l'esperienza del cambiamento. La variazione è la madre di ogni apprendimento.
Per Henry cambiamento e ripetizione erano impossibili prima, perché non aveva più alcun ricordo attivo
di ciò a cui aveva partecipato. Quando però ebbe a sua disposizione una grande quantità di immagini riferite ad avvenimenti da lui vissuti, improvvisamente il passato irruppe nel suo presente: le fotografie degli avvenimenti trascorsi risvegliavano in Henry immagini intcriori. Naturalmente esse erano già lì, ma costituivano un patrimonio passivo, impossibile da attivare. Ora, invece, erano li, contemporaneamente agli eventi della giornata. In seguito a questo cambiamento, Henry cominciò presto ad attendere il domani con desiderio.
Ebbe così inizio un apprendimento esplosivo. Henry ha più di cinquantanni. Il primo segnale esternamente percepibile di una rivoluzione intcriore in atto fu l'aumento della sua capacità di attenzione; seguì poi un'esplosione della lingua parlata, non solo perché il suo vocabolario crebbe considerevolmente: si trattò principalmente di un vocabolario attivo. Esteriormente lo sviluppo fenomenale di Henry si notava solo nel modo in cui utilizzava le immagini digitali, ma intcriormente è possibile che sia nata la sua coscienza del tempo.
Ciò che da all'oggi la sua giusta collocazione temporale è il fatto che vi è compresenza di «ieri» e di «domani»; ciò che conferisce significato ai ricordi è che esistono un «prima» e un «dopo», un ordine senza il quale la vita sarebbe un caos. Devono esistere precisione e pietre miliari: questo è successo prima che ci trasferissimo, quello è accaduto dopo che lui si è tagliato la barba, ecc.
Un gruppo di persone che, secondo me, dovrebbero trarre vantaggi particolarmente positivi dalla parcelliz-zazione^dafi^attaccamento al tempo è costituito da coloro che soncuaffetti da demenza senile. Proprio nel periodo della vita in cui le funzioni della memoria diminuiscono sensibilmente, purtroppo smettiamo anche di fotografare; nella seconda fase della nostra esistenza le fotografie ci aiutano a ricordare bene ciò che è successo nel passato. L'epoca infantile viene documentata giorno per giorno, talvolta ora per ora, ma più si invecchia, più raro è il ricorso alla testimonianza fotografica: passati i cinquanta, i sessanta e i settantanni non accade spesso di possedere fotografie in grado di documentare ciò che abbiamo fatto ieri o la settimana scorsa.Se le persone prendessero l'abitudine di fissare spesso sulla pellicola i diversi momenti della loro esistenza (ovviamente in forma digitale) e di inserire le immagini così risultanti in televisione, ognuno creerebbe il proprio «Sweet Memory Channel», composto da fotografie relative sia al lontano passato, sia a quello più recente. Iniziare e conclùdere la giornata conversando con le immagini su cosa si è fatto oggi e ieri e cosa si farà domani dovrebbe poter ritardare o diminuire la tendenza della memoria alla decomposizione e al declino.