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TOCQUEVILLE ALEXIS DE, DIZIONARIO DELLE IDEE, EDITORI RIUNITI, 1997, p. 171- 173 - TIRANNIA DELLA MAGGIORANZA


E’ nell'essenza stessa dei governi democratici che il dominio della maggioranza sia assoluto; poiché, fuori della maggioranza, nelle democrazie, non vi è nulla che resista.[...] L'impero morale della maggioranza si fonda, in parte, sull'idea che vi sia più cultura e più saggezza in molti uomini riuniti che in uno solo, nel numero, più che nella qualità, dei legislatori. È la teoria dell'ugua­glianza applicata all'intelligenza. Questa dottrina colpi­sce l'orgoglio dell'uomo nel suo ultimo rifugio: cosi la minoranza l'ammette solo a fatica, e non vi si abitua che a lungo andare. [...]L'impero morale della maggioranza si fonda anche su questo principio: che gli interessi della maggioranza de­vono essere preferiti a quelli della minoranza [DA I: SP, 11, 292-294].Considero empia e detestabile questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il di­ritto di far tutto, e tuttavia pongo nelle volontà della mag­gioranza l'origine di tutti i poteri. Sono, forse, in contrad­dizione con me stesso?Esiste una legge generale che è stata fatta, o almeno adottata, non solo dalla maggioranza di questo o quel po­polo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge è la giustizia.La giustizia rappresenta, dunque, il limite del diritto di ogni popolo.
Una nazione è come una giuria incaricata di rappresen­tare la società universale e di applicare la giustizia, che è la sua legge. La giuria, che rappresenta la società, deve forse avere più poteri della società stessa di cui applica le leggi?Quando, pertanto, rifiuto di obbedire ad una legge in­giusta, non nego affatto alla maggioranza il diritto di co­mandare; faccio appello soltanto dalla sovranità del po­polo alla sovranità del genere umano.[...] L'onnipotenza è in sé cosa cattiva e pericolosa. Il suo esercizio mi sembra al di sopra delle forze dell'uomo, chiunque egli sia. [...] Quando vedo accordare il diritto e la facoltà di far tutto a una qualsiasi potenza, si chiami es­sa popolo o Re, democrazia o aristocrazia, sia che lo si eserciti in una monarchia o in una repubblica, io affermo che là è il germe della tirannide; e cerco d'andare a vivere sotto altre leggi.[...] Ciò che mi ripugna di più in America non è l'e­strema libertà che vi regna, ma la scarsa garanzia che vi è contro la tirannide [DA I: SP, II, 297-299].Non conosco alcun paese in cui regni, in genere, minor indipendenza di spirito e minor vera libertà di discussio­ne dell'America.[...] In America, la maggioranza traccia un cerchio for­midabile intorno al pensiero. Nell'ambito di questi limiti, lo scrittore è libero; ma guai a lui se osa uscirne. [...] I principi avevano, per cosi dire, materializzato la violenza;le repubbliche democratiche dei nostri giorni l'hanno re­sa del tutto spirituale, come la volontà umana, che essa vuole costringere. Sotto il governo assoluto di uno solo, il dispotismo [v.], per arrivare all'anima, colpiva grossola­namente il corpo; e l'anima, sfuggendo a quei colpi, s'ele­vava gloriosa al di sopra di esso; ma nelle repubbliche de­mocratiche, la tirannide non procede affatto in questo modo: essa trascura il corpo e va diritta all'anima [DA I:^P,IL302-303].