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HANDICAP

Il Programma di azione del governo per le politiche dell’handicap 2000-2003

 

Lo scorso 28 luglio il governo ha approvato il Piano d’azione per le politiche per l’handicap per gli anni 2000-2003. Il Programma è diviso in nove parti: 1) Prevenire le disabilità, 2) Prevenzione, 3) Scuola, 4) Lavoro, 5) La disabilità in età adulta, 6) Mobilità: luoghi e mezzi senza barriere, 7) Liberi di vivere, 8) Sistema integrato di fonti informative sull’handicap, i servizi, le soluzioni tecnico organizzative, 9) Europa. E’ opportuno ricordare che quanto indicato dal Piano ha valore di indirizzo e dunque come tale deve essere considerato. Per questo in premessa viene specificato: In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti dal presente Programma, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell’ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. Il rischio evidente è quello di trovarsi di fronte ad un elenco di buone intenzioni destinatoa rimanere tale. Il testo del Piano può essere consultato nel sito del Gruppo Solidarietà www.comune.jesi.ancona.it/grusol - informazioni.

Di seguito riportiamo il capitolo riguardante la scuola (ad eccezione della parte riguardante gli studenti universitari), il lavoro e la disabilità in età adulta.

 

 

3. Scuola

 

Una scelta irreversibile

La scelta della piena integrazione scolastica è stata avviata, in Italia, all’inizio degli anni Settanta, prima in forma spontanea, poi dal legislatore e dal potere esecutivo. Nell’anno scolastico 1997/98, (ultimi dati ufficiali Ministero della Pubblica Istruzione) gli alunni con disabilità inseriti nei vari ordini di scuola ammontavano, su un totale di 7.589.395 alunni, a 117.643 unità. Erano 10.045 nella scuola materna, 50.950 nelle elementari, 43.180 nelle scuole medie, e 13.468 nelle secondarie superiori. Oggi questa capillare esperienza interessa oltre 100.000 sezioni e classi comuni dei vari ordini e gradi di scuola e coinvolge quasi 59 mila docenti per il sostegno (alcune migliaia dei quali, tuttavia, non sono in possesso di una specializzazione). Inoltre, chiama in causa per legge Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e Aziende sanitarie locali ad assicurare, nei rispettivi compiti e ruoli, il supporto all’integrazione.

L ' avvio graduale e concreto del processo di autonomia delle istituzioni scolastiche deve quindi riguardare anche l’esperienza pluridecennale di integrazione. Tale impegno riguarda Governo e Parlamento, ma anche le singole istituzioni scolastiche comuni e ciascuna professionalità ivi operante, chiamate dalle leggi vigenti a garantire l’educazione e l’istruzione di tutti gli allievi, all’interno delle sezioni e classi comuni, indipendentemente dalla tipologia e dalla gravità dell ' handicap (legge n. 104/1992, artt. 12 e segg.).

La scelta dell ' integrazione va oggi riconfermata e considerata irreversibile. Ed in questo quadro è possibile ed opportuno migliorare ulteriormente la qualità del servizio scolastico, dotandolo di tutte quelle competenze, condizioni, ausili e tecnologie che possano garantire la migliore fruizione possibile da parte degli alunni con diverse tipologie di disabilità.

Tale indirizzo deve valere anche nella scuola dell’autonomia, in relazione a numerosi fattori: a) ai rapporti tra i diritti umani e civili ed integrazione sociale; b) al quadro legislativo e normativo vigente; c) alla constatazione, validata dall’esperienza italiana e internazionale, che l’impegno per l’integrazione nella scuola di tutti rappresenta la strategia fondamentale per lo sviluppo, la crescita e la conquista delle autonomie e costituisce la condizione fondamentale per la successiva integrazione sociale e, se possibile, lavorativa delle persone disabili; d) alla considerazione dei vantaggi che tale situazione comporta per gli altri alunni e all’esperienza umana, culturale e professionale maturata da un’ampia fascia di operatori scolastici ed extrascolastici; f) al fatto che l’esperienza italiana rappresenta ormai un modello cui guarda l’Europa come occasione di scambi, di confronto e di reciproco incoraggiamento per innalzare la qualità del servizio scolastico.

Tutto ciò sottolinea la necessità di collocare il diritto all ' educazione, all ' istruzione, all ' acquisizione di competenze ed all’integrazione sempre più nel quadro dei sistemi scolastico e formativo, lavorativo, socio – assistenziale ecc., portando al centro dell ' attenzione i bisogni fondamentali della persona in situazione di handicap, i suoi familiari, il suo contesto abituale di vita, e richiamando competenze e obblighi che le leggi vigenti assegnano anche a Enti locali e Servizio Sanitario.

 

Per promuovere e rafforzare il processo di integrazione e per migliorare la qualità della formazione ed i livelli di apprendimento degli alunni disabili saranno promosse le seguenti azioni:

- formazione e specializzazione degli insegnanti, attraverso la definizione di qualificati percorsi universitari, a partire dalla formazione di base. Tali iter debbono essere destinati, innanzitutto, a tutti i docenti curricolari, vanno assicurate, inoltre, forme altrettanto qualificate di specializzazione degli insegnanti per il sostegno, con il coinvolgimento pieno delle Facoltà di Scienze dell ' Educazione e del sistema universitario. Saranno anche utilizzati gli spazi previsti dalla convenzione tra Ministero della Pubblica Istruzione e Rai;

- attuazione di un programma teso all’impiego esteso e mirato delle nuove tecnologie, protesi, ausili, materiali didattici specifici, risorse informatiche, ma anche e soprattutto strumenti di amplificazione della comunicazione. Formazione degli operatori scolastici per un corretto uso delle tecnologie ed ausili;

- offerta di opportunità formative e di specializzazione dei docenti che riguardino, in modo precipuo, i diversi bisogni educativi specifici conseguenti le diverse tipologie delle disabilità. In tali percorsi di formazione, affidati a docenti con particolare requisiti e di provata esperienza, devono trovare spazio la puntuale illustrazione e la conseguente utilizzazione dei principali metodi, degli sperimentati approcci riferiti a tali tipologie di deficit: utilizzo del Braille e di ogni altro sussidio per i non vedenti; educazione alla competenza linguistica, lingua dei segni e tecnologie per facilitare la comunicazione dei sordi; percorsi didattici specifici per l’integrazione degli alunni con sindrome di Down, con autismo, con grave disabilità psicofisica; ausili per i disabili motori gravi. Inserimento nella scuola della figura dell’assistente alla comunicazione, del quale andrà definito profilo e percorso formativo;

- revisione dell’Atto di indirizzo e coordinamento alle Aziende sanitarie locali (DPR 24 febbraio 1994), con l ' obiettivo di assicurare un effettivo e qualificato supporto della Sanità alla definizione degli strumenti diagnostici di documentazione dell ' iter di integrazione scolastica, partendo da una lettura non patologizzante della situazione di handicap e attenta alle potenzialità anche minime di ciascun soggetto;

- verifica delle risorse di personale docente e non docente assegnato alle scuole per l’integrazione. Valutazione sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo della situazione al fine di una verifica del rapporto 1/138 e delle connesse norme stabilite dalla legge finanziaria per il 1998 nell’assegnazione degli insegnanti di sostegno. Rafforzamento del sostegno assistenziale per i disabili non autosufficienti durante la permanenza a scuola e degli interventi extrascolastici a sostegno della famiglia, della vita in famiglia e della stessa integrazione scolastica;

- verifica del grado di accessibilità delle scuole di ogni ordine e grado con particolare riguardo agli ingressi principali, alla mobilità interna alla struttura, alle palestre, agli spazi comuni, ai servizi igienici; programmazione di interventi per l’eliminazione dele barriere architettoniche, della comunicazione e percezione;

- il processo di integrazione scolastica degli allievi e delle allieve in situazione di handicap deve essere considerato come uno dei fattori di qualità del piano dell’offerta formativa di una istituzione scolastica. Il Ministero della Pubblica Istruzione provvederà a definire con urgenza corretti strumenti di valutazione e verifica degli interventi educativi, didattici e organizzativi messi in atto dalle singole scuole e dall ' intero sistema formativo, avendo cura di prevedere standard adeguati a valutare i processi di insegnamento e apprendimento, i risultati raggiunti sul piano individuale e collettivo, le aree di sviluppo prossimale e in prospettiva;

- attuare la Riforma delle scuole degli istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo II, del Testo unico della scuola (D.Lvo. 297/1994), secondo il preciso dettato della Legge n. 59/97, art. 21, comma 10. Tali istituzioni scolastiche vanno riformate "come enti finalizzati al supporto dell ' integrazione nelle istituzioni scolastiche autonome". Esperienze professionali, strutture, personale e ogni altra risorsa disponibile vanno finalizzate a sostenere la piena integrazione scolastica di tutti gli allievi e di tutte le allieve in situazione di handicap nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado. Gli istituti atipici statali attualmente funzionanti dovranno diventare qualificati e fondamentali punti di riferimento per la catalogazione, la raccolta e la messa a disposizione di sussidi, risorse e esperienze e per la formazione, a supporto della predisposizione dei progetti individualizzati di integrazione.

 

 

4. Lavoro

 

Per una piena integrazione

Le politiche per l’integrazione sviluppate dai servizi territoriali e dal sistema scolastico hanno determinato una forte crescita della domanda di lavoro da parte delle persone disabili. E sono ormai numerose l’esperienze di inserimento in imprese, sia pubbliche che private, di lavoratori con handicap fisico medio grave, con insufficenza mentale, con minorazioni sensoriali. Tali esperienze sono state generalmente promosse dai servizi di formazione professionale, facilitate dall’impiego di particolari tecnologie, regolate da convenzioni sottoscritte dagli imprenditori con i servizi del collocamento, supportate dalla contrattazione sindacale sia nazionale che aziendale.

Nonostante ciò il tasso di disoccupazione dei lavoratori disabili è ancora particolarmente elevato, supera infatti il 55 per cento della forza lavoro. Gli occupati sono stimati intorno alle 210 mila unità, se si considerano i 191.953 inseriti nelle aziende pubbliche e private al 30 giugno 1998 ai sensi della legge 482 sul collocamento obbligatorio, i circa 15 mila lavoratori stimati nelle cooperative sociali di tipo B, le poche migliaia impegnate nelle libere professioni e nel lavoro autonomo. A fronte di questi, risultavano, alla stessa data, iscritte nelle liste dei disoccupati 264.073 persone con più o meno grave disabilità fisica, mentale o sensoriale. La percentuale di disoccupati è particolarmente elevata nelle regioni meridionali, in Calabria, Sicilia e Sardegna si aggira intorno al 70 per cento.

Il numero degli occupati ha altresì registrato un sensibile calo negli anni più recenti a seguito della più generale crisi occupazionale, di una legislazione inadeguata, burocratica, assistenzialistica e delle indubbie resistenze del mondo imprenditoriale, che non ha saputo cogliere le opportunità offerte dalla crescente domanda di occupazione dei disabili, molto motivati al lavoro ed in gran parte diplomati, laureati e comunque professionalizzati grazie alla integrazione scolastica ed ai positivi risultati della formazione professionale. Si è evidenziata altresì una difficoltà del sistema produttivo di avvalersi delle inedite opportunità offerte dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Nel pubblico impiego, infine, ha dilagato per anni la piaga dei falsi invalidi, assunti per chiamata nominativa diretta, grazie ad una normativa compiacente che favoriva pratiche clientelari, abrogata solo nel 1993 dall’art.42 del decreto legislativo n.29.

Ma determinanti si sono dimostrati i ritardi e gli squilibri nel recepimento ed attuazione delle normative e normative in materia di orientamento, formazione e servizi per l’inserimento lavorativo guidato da parte degli enti locali. Ritardi e squilibri che ancora persistono e rischiano di compromettere la stessa applicazione della legge 68. Secondo stime recenti, si collocano all ' 82 per cento nelle regioni del nord, al 12 per cento in quelle centrali, al 6 per cento al sud. Non sempre, inoltre, le attività formative sono state effettivamente finalizzate alla professionalizzazione ed all ' inserimento lavorativo: ciò ha contribuito ad alimentare un eccesso di risposte assistenziali, gravando di un carico improprio la spesa assistenziale e quella sanitaria. Mentre, al contrario, con i nuovi modelli di formazione in azienda e quando si è puntato a più elevati livelli di professionalità, si sono ottenuti buoni risultati sul piano occupazionale.

La legge 68, approvata dopo un lungo dibattito parlamentare, ha recepito il meglio delle esperienze di inserimento lavorativo, innovando radicalmente il sistema di collocamento dei disabili. Le nuove norme estendono l’obbligo alle aziende pubbliche e private con almeno 15 dipendenti, concedendo alle imprese flessibilità, ampia facoltà di ricorrere alla chiamata nominativa e consistenti incentivi economici. La legge abbassa l ' aliquota obbligatoria al 7 per cento, allineandola alla media europea, ed introduce le convenzioni per il collocamento mirato dei disabili che presentano maggiori difficoltà di inserimento. Di rilievo sono anche le nuove norme per il collocamento mirato dei lavoratori ciechi nelle nuove qualifiche equipollenti a quella di centralinista, recentemente individuate con D.M. 10 gennaio 2000:

- operatore telefonico addetto alle informazioni alla clientela e agli uffici relazioni con il pubblico

- operatore telefonico addetto alla gestione e all’utilizzazione di banche dati

- operatore telefonico addetto ai servizi telemarketing e di telesoccorso.

 

La nuova legge, entrata in vigore a pieno regime il 18 gennaio 2000, potrà offrire nei prossimi anni importanti possibilità di occupazione. Così come non andrà sottovalutato il ruolo che potranno svolgere le cooperative sociali di tipo B, riconosciute dalla legge 381 del 1991, che in una logica d’impresa e nel rispetto delle normative poste a tutela dei lavoratori rappresenta un ottimo strumento di integrazione lavorativa, si tratta di imprese flessibili e dinamiche che si sono dimostrate particolarmente idonee a individuare le soluzioni organizzative più adatte all’inserimento dei lavoratori con disabilità medio - gravi.

Esse si potranno avvalere nelle aree di intervento comunitario delle risorse destinate al loro sviluppo dall ' articolo 51 della legge 448 del 1998 e che verranno erogate attraverso Sviluppo Italia, cha valuterà i progetti d’impresa.

Per offrire nuove opportunità di inserimento e migliorare i livelli occupazionali dei lavoratori disabili si intendono promuovere:

- Dare attuazione all’accordo tra il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e le Regioni, Province, Province Autonome di Trento e Bolzano, Comuni, Comunità montane, per l’individuazione di standard minimi di funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego che vede il Ministero del Lavoro, nell’esercizio del proprio ruolo di coordinamento, promozione ed indirizzo, impegnato a realizzare azioni di supporto e di qualificazione del personaledei servizi per il lavoro;

- azioni volte a sensibilizzare le imprese sulle opportunità offerte dalla nuova legge 68/99 sul collocamento dei lavoratori disabili;

- emanazione di una direttiva da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica che definisca modalità chiare di verifica sistematica delle disposizioni di cui all ' articolo 17 della legge 68/99 in materia di certificazione dei requisiti delle ditte che partecipano ad appalti pubblici o che intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con la pubblica amministrazione;

- finalizzare una quota dei fondi che l’Unione Europea ed il Ministero del Lavoro destinano alla formazione professionale per finanziare, con il concorso delle Regioni, un programma di implementazione o di riequilibrio dei servizi formativi, promuovendone lo sviluppo nelle aree meridionali, migliorandone le modalità operative, indirizzando le attività verso nuove qualifiche coerenti con le opportunità di lavoro offerte dalle realtà locali, favorendo l’avvio di forme di partenariato e di gemellaggi che coinvolgano le esperienze più avanzate.

 

In particolare:

a) favorire il trasferimento delle esperienze più avanzate nel campo dell’inserimento mirato e l’assistenza tecnica per permettere la nascita dei servizi necessari, utilizzando anche le risorse esistenti per l’aggiornamento e la conversione professionale dei lavoratori;

b) formulare linee guida per l’utilizzo dei fondi regionali o europei destinati alla formazione professionale dei disabili, finalizzata alle opportunità di lavoro offerte dalle singole realtà locali o alle possibilità potenziali individuate da tavoli di concertazione con le forze sociali e imprenditoriali;

- sostegno finanziario alle cooperative sociali di tipo B per la costituzione di nuove imprese e l’ampliamento di quelle esistenti, ed emanazione di una direttiva agli enti pubblici per l ' applicazione nelle forniture e negli appalti della quota di riserva prevista dall ' articolo 5 della legge 381/91, con l’obiettivo di creare almeno diecimila nuovi posti di lavoro per i disabili nel settore;

- favorire la diffusione del lavoro autonomo e l ' esercizio della libera professione fra i disabili, sul modello del prestito d’onore;

- promozione, anche con il concorso di enti di ricerca e di altre istituzioni pubbliche e private, di programmi per lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie e di strumenti informatici per estendere e facilitare le possibilità di formazione e e di inserimento lavorativo delle persone con disabilità fisica, mentale e sensoriale;

- destinazione da parte dell’INAIL di una quota parte delle somme annualmente incassate in attuazione dei piani di lotta all’evasione, per promuovere e finanziare progetti formativi di riqualificazione professionale degli invalidi del lavoro, nonchè per finanziare o promuovere progetti per l’abbattimento delle barriere architettoniche all’interno dei luoghi di lavoro.

- verificare l’applicazione dell’art.33 della legge 104/92 così come modificato dagli artt.19 e 20 della legge 53/00;

- verificare le norme in vigore in materia previdenziale per le diverse categorie di lavoratori disabili;

- istituire, presso il Ministero del Lavoro, un Osservatorio Nazionale per il lavoro dei disabili con compiti di monitoraggio, studio, ricerca, documentazione e formulazione di proposte in merito alle problematiche legate all’applicazione della legge 12.3.1999, numero 68, nonchè ogni altro aspetto inerente l’occupazione dei lavoratori disabili.

 

 

5. La disabilità in età adulta

 

Itinerari di integrazione

Ogni persona disabile, di qualsiasi età sia, ha diritto ad un sistema di aiuto che garantisca lo sviluppo massimo della sua personalità e ad un inserimento sociale il più attivo e partecipato possibile.

Mentre però per le persone disabili in età evolutiva si riscontra l ' esistenza di una sufficiente strutturazione di servizi sanitari, sociali ed educativi, nell’età adulta si registra una forte carenza.

Risorse, organizzazione dei servizi, progetti di integrazione tra interventi sociali e sanitari, disponibilità di pari opportunità per l ' esercizio del diritto a conseguire una personale qualità della vita ragionevole e possibile, variano quantitativamente e qualitativamente nei diversi ambiti territoriali.

Nella fascia di età tra i 15 ed i 65 anni si stimano circa 900.000 disabili di cui quasi 100.000 in situazione di gravità, che richiedono intervento assistenziale.

Per contrastare processi di esclusione o l ' istituzionalizzazione dei più gravi occorre riaffermare, come fondamentale azione di cambiamento, l ' esercizio da parte del servizio sanitario della presa in carico globale delle persone disabili, consentendo in tal modo al complesso del sistema dei servizi (sanitari, educativi, formativi e sociali) quel processo di lavoro integrato e continuativo basato sulla definizione del progetto individuale di riabilitazione funzionale e di integrazione sociale e sulla promozione e coordinamento degli interventi delle altre istituzioni.

Occorre parimenti riaffermare l’importanza dell ' integrazione degli interventi sociali e sanitari, secondo quanto previsto dall’art.3 septies del decreto legislativo 229/99 cui dovranno fare seguito gli adempimenti attuativi. Integrazione cui portà dare slancio il completamento in tempi rapidi dell’iter legislativo di riforma dell’assistenza che non solo individuerà le diverse responsabilità isituzionali ma stanzierà risorse aggiuntive per il rafforzamento della rete dei servizi.

La possibilità di costruire organicamente le diverse risposte, in termini unitari, globali,  integrati e flessibili, costituisce la mappa dei servizi e delle risorse disponibili sul territorio, cui far ricorso per poter rispondere adeguatamente, in quantità e qualità, alle problematiche delle persone disabili. Nell’impiego delle risorse territoriali va data priorità alle persone in situazioni di gravità, così come dispone la legge 162 del 21 maggio 1998.

 

Gli interventi da attivare:

- sollecitare l’emanazione delle normative regionali in attuazione della L. 104/92 e 162/98;

- verificare la stato di attuazione delle “Linee ‑ guida” del Ministero della Sanità per le attività di riabilitazione rivolte agli adulti;

- istituire i distretti e in ognuno di essi almeno una équipe pluridisciplinare che eserciti la presa in carico dei disabili adulti e programmi l ' attivazione della rete di servizi (artt. 3 ‑ quater e 3 ‑ quinquies del D.L.vo 229/99);

- sperimentare, nei centri con oltre 50.000 abitanti, progetti di uscita programmata dalla scuola dell’obbligo. Utilizzando al meglio il progetto educativo individuale e valutando le reali possibilità e potenzialità della persona, possono essere preventivamente definiti gli inserimenti successivi (prosecuzione degli studi, formazione professionale, assistenza socio ‑ educativa sia in forma individuale che di gruppo, centro diurno, residenza, ecc.). L ' obiettivo è quello di realizzare itinerari certi d ' integrazione, dare serenità alle famiglie, evitare l ' interruzione della presa in carico e l ' abbandono da parte dei servizi riabilitativi, consentendo il passaggio del testimone tra i servizi di riabilitazione per l ' età evolutiva e i servizi di riabilitazione per l ' età adulta.

- avviare, attraverso accordi di programma tra comuni e ASL, in ogni distretto, un Servizio di aiuto alla persona per l ' autonomia e la vita indipendente, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 30 per cento della popolazione disabile. Il servizio integra il programma riabilitativo con prestazioni sociali di aiuto a soggetti in temporanea o permanente limitazione della propria autosufficienza e/o autonomia. Obiettivi primari del servizio sono il sostegno ai non autosufficienti, il conseguimento del grado massimo di autonomia personale, il sostegno alla socializzazione e l’assistenza domiciliare per garantire la permanenza nel proprio nucleo abitativo o familiare dei soggetti in situazione di gravità. Nell’ambito di tale servizio, per una corretta definizione del campo d’intervento e per la programmazione degli interventi stessi è utile analizzare le situazione in relazione a problemi nella sfera dell’autosufficienza e/o dell’autonomia.

 

Pertanto è opportuno:

a) sperimentare programmi di assistenza (anche indiretta e autogestita, come previsto dalla legge n.162/98), per persone che hanno solo problemi di non autosufficienza, permettendo anche la scelta del proprio assistente personale, nel rispetto delle norme e della dignità di tutte le persone, compresi gli assistenti personali;

b) sperimentare programmi per lo sviluppo dell ' autonomia delle persone con disabilità intellettiva mediante l ' attuazione di interventi socio educativi che devono integrarsi, attraverso un progetto unitario, con gli altri interventi realizzati dai servizi terapeutico‑riabilitativi del settore sanitario. I programmi avranno valenza socio ‑ educativa, con l ' obiettivo di sviluppare il massimo delle potenzialità del disabile nel campo dell ' autonomia personale e sociale e utilizzeranno prevalentemente attività in piccoli gruppi.

- attivare almeno un centro socio ‑ riabilitativo ed educativo ogni 50 mila abitanti. Tale servizio svolge la funzione riabilitativa, educativa e di integrazione sociale attraverso l ' elaborazione e la sviluppo di progetti individualizzati ad alta integrazione socio sanitaria ed educativa. Sono destinatari di tali strutture i disabili per i quali non siano possibili percorsi di inserimento formativo e lavorativo.

 

Sostegno alla famiglia e “Dopo di noi”

La prima e fondamentale istituzione assistenziale italiana è la famiglia. Si stima che il 15 per cento delle famiglie italiane siano direttamente interessate alle disabilità. Per il disabile grave la vita con i genitori può risultare la più efficace e la più completa delle soluzioni ai bisogni assistenziali. Ma occorre dare sostegno concreto alle famiglie per non determinare situazioni di svantaggio per tutti i membri della stessa. Inoltre, anche i genitori dei disabili invecchiano e ad un certo punto il disabile si ritroverà senza i genitori.

Uno dei problemi che rende difficile, e a volte persino paralizzante il dialogo tra famiglie e servizi, è l ' incertezza del “dopo”: “dopo” la nascita di un bambino disabile ..., “dopo” quel trattamento riabilitativo ..., “dopo” la scuola ...,” dopo” la formazione ..., "dopo" la morte dei genitori. Il non poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali che il proprio figlio dovrà affrontare spesso determina nei genitori sfiducia, distacco e un rapporto a volte antagonista con i servizi. Tutto questo crea tensione e non produce cambiamenti, ma chiusure, regressioni e una forzata ricerca di soluzioni individuali che spesso si rivelano non adeguate, costose e a volte del tutto negative.

I programmi da attivare riguardano in particolare gli itinerari certi di integrazione per poter garantire la presa in carico ed esercitarla attraverso proposte di programmi individuali condivisi, definendo di volta in volta quali sostegni attivare nelle diverse tappe di integrazione.Il piano d ' intervento ed ancor più la definizione di ogni modello d ' intervento in favore di persone disabili deve essere condiviso dalla famiglia. L ' esercizio di tale diritto ‑ dovere ha bisogno di essere supportato da informazioni e sostegno da parte dei servizi.

Per lo sviluppo delle politiche a sostegno della famiglia e del “Dopo di noi” si prevedono le seguenti azioni:

- sperimentare un programma di intervento precoce verso il bambino disabile ed a sostegno della famiglia. Una équipe pluridisciplinare, che si faccia carico immediatamente della complessa problematica determinata dalla nascita di un bambino disabile, porta un immediato aiuto, offrendo strumenti di conoscenza e di valutazione e attivando gli interventi, anche assistenziali, necessari per sostenere adeguatamente la situazione;

- creare opportunità dirette e indirette per potenziare le risorse e il loro utilizzo costruttivo per un adattamento positivo della persona handicappata e della sua famiglia (auto ‑ mutuo – aiuto, Self ‑ advocacy);

- semplificare le procedure di accertamento dell’invalidità civile;

- avviare il riordino delle provvidenze economiche (pensioni, assegni ed indennità a favore di invalidi civili, invalidi per servizio, ciechi civili e sordomuti) secondo i seguenti principi:

a) le provvidenze economiche non possono essere considerate alternative all ' erogazione dei servizi anche di quelli strettamente assistenziali;

b) superare le attuali disparità di trattamento differenziando le prestazioni sulla base della gravità, mantenendo l’indennità di accompagnamento al titolo della minorazione;

c) rideterminare gli importi delle pensioni di invalidità per un graduale allineamento agli altri trattamenti sociali;

d) riesame della normativa in materia pensionistica per gli invalidi per servizio.

- introdurre la figura dell’amministratore  di sostegno  per la tutela giuridica e della qualità della vita del disabile non autosufficiente e non in grado di tutelare i propri interessi;

- verificare la possibilità di introdurre il Trust nella normativa fiscale ed agevolazioni per le famiglie, in particolare in materia di successione;

- istituire commissioni (servizi e rappresentanze degli utenti) per il controllo della qualità della vita del disabile, ovunque egli viva: in famiglia, in un centro, in una residenza, in una RSA ecc.;

- verificare la possibilità di usufruire di agevolazioni in materia previdenziale da parte dei disabili gravi e dei lavoratori genitori di disabili gravi di cui al comma 3 dell’art.3 della legge 104/92;

- promuovere iniziative per la tutela e interventi nel campo degli abusi e dei maltrattamenti di minori e di persone adulte con handicap;

- introdurre misure che incentivino il ruolo attivo del settore no-profit.

 

Residenzialità

Molto spesso il disabile è costretto a restare con i genitori per diversi motivi: il tipo di disabilità (ad es. una grave disabilità intellettiva) che non permette una vita autonoma, la mancanza di servizi di aiuto personale per superare problemi di non autosufficienza per i disabili socialmente integrati, la non disponibilità di alloggi adeguatamente attrezzati.

La programmazione di un progetto di residenzialità permetterebbe in molti casi l ' opportunità, a volte negata, di fare esperienze di socializzazione più completa e di stimolare risorse latenti per collocarsi ad un livello di maggiore autonomia personale.

Occorre quindi progettare, sperimentare e consolidare un sistema di vita extra familiare, individuato come idoneo non solo come risposta ai bisogni assistenziali, ma anche come risposta ai bisogni esistenziali di quel singolo disabile, costruendo un sistema di autonomia con i genitori stessi e con l ' aiuto dei servizi che hanno la presa in carico, senza dover ricorrere a soluzioni affrettate dettate dall ' emergenza.

Interventi:

- determinare una quota pari al 2 per cento di riserva di alloggi di edilizia residenziale pubblica per singoli disabili, coppie o nuclei con disabili;

- determinare una quota pari al 1 per cento di riserva di alloggi di edilizia residenziale pubblica per i servizi sociali degli Enti locali da destinare alla costituzione di residenze per disabili non autonomi;

- definire i criteri di accreditamento per le strutture di riabilitazione estensiva e di mantenimento e per le RSA;

- definire le strutture a prevalente rilevanza sanitaria e quelle a prevalente rilevanza sociale;

- istituire almeno una RSA (max 20 posti) o piccola comunità (residenza protetta) ogni 50.000 abitanti. Tali strutture saranno a carico prevalente del fondo sanitario, e saranno riservate a persone disabili che hanno bisogno di interventi sanitari continuativi e/o sono affette da malattie croniche e non più autosufficienti;

- realizzare progetti di residenzialità programmata a carattere socio ‑ assistenziale ed educativo, istituendo almeno una comunità alloggio ogni 50 mila abitanti per le persone handicappate con limitata o nulla autonomia, da realizzarsi in contesti abitativi di civile abitazione e con la previsione di max 8 posti letto (e due posti di pronto intervento). La struttura deve essere collocata in un contesto sociale reale, facilitando in tal modo i processi di integrazione sociale e la promozione di relazioni interpersonali, deve far sentire a proprio agio ogni persona, ognuna con un proprio spazio personale.