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Il cinema racconta ...

CURARE E PRENDERSI CURA


* AL DI LA' DELLA VITA

di SCORSESE MARTIN, USA 2000, 116'

New York, primi anni '90. 56 ore – tre notti e due giorni – nella Via Crucis di Frank Pierce , paramedico

dell'Emergency Medical Service a Manhattan. Ossessionato dal ricordo della ragazzina Rose, morta nonostante i

suoi sforzi, durante le sue corse in autoambulanza Frank è in compagnia del cinico Larry , poi del mistico Marcus

, infine del reazionario violento Bob .

* ANGELS IN AMERICA

di NICHOLS MIKE, USA 2004,

1985: mentre Dio ha abbandonato il Paradiso, l’Aids semina morte. Prior confessa al suo amante Lou di essere

malato ed egli lo abbandona. Pitt, avvocato mormone, entra nel Dipartimento di Giustizia grazie alla

raccomandazione del faccendiere Cohn. La moglie di Pitt, Harper, vive un matrimonio senza sesso e si imbottisce

di psicofarmaci. Un angelo invita Prior ad essere profeta della Stasi: la madre di Pitt e 'Belize', il suo amico

infermiere, lo aiutano a decidere.

* ANNA DEI MIRACOLI

di PENN ARTHUR, USA 1962, 107'

Annie Sullivan (A. Bancroft) è assunta dai coniugi Keller (V. Jory e I. Swenson) per rieducare la piccola Helen

(P. Duke), cieca e sordomuta dalla nascita. L'insegnante di Boston riesce a far passare la ribelle Helen dallo

stato animale a quello umano, e a fare di lei sua figlia, nel senso più profondo della parola. Ispirato a una vicenda

che la stessa Helen Keller raccontò in The Story of My Life, il film deriva da un teledramma (1957) di William

Gibson, diretto dal 35enne A. Penn, e da una pièce (1959) dello stesso Gibson, messa in scena a Broadway

ancora da Penn e interpretata da A. Bancroft, P. Duke e Patricia Neal (rappresentata in Italia con Anna Proclemer

e la 11enne Ottavia Piccolo). È la descrizione epica di una battaglia che culmina nella straordinaria scena di 9

minuti tra Annie e Helen intorno al tavolo da pranzo. Pur non trascurando la complessità sentimentale e

ideologica del testo di Gibson, mette con furia l'accento sulla dimensione fisica della battaglia. Il suo vero tema

non è l'handicap fisico e nemmeno l'insegnamento o la comunicazione, ma il principio stesso della vita e della

liberazione: il modo con cui le energie vitali, se abbastanza tenaci, possono vincere barriere od ostacoli.

Ingiustamente accusato di teatralismo, dunque sottovalutato

* Cattiva

di Lizzani Carlo, ITA 1991, 90'

Ai primi del Novecento, ricca signora della borghesia zurighese viene ricoverata in una clinica psichiatrica dopo

la morte della figlia. Il professor Brockner inclina a una diagnosi di schizofrenia, ma un giovane assistente,

attento alle ricerche viennesi del dottor Freud, propende per una nevrosi e riesce a guarirla. Ispirata a un passo

di un libro dello svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), la storia è stata scritta da Francesca Archibugi con

l'aiuto di Furio Scarpelli su misura per la De Sio che offre una bella prova di attrice. Consigliabile ai curiosi di

psicoanalisi e agli amanti del Lario.

* Come prima, più di prima, ti amerò

di SEGRE DANIELE, 1995,

Un gruppo di sieropositivi dell'associazione A77 di Torino decide - affidandosi all'onestà, alla sensibilità, alla

partecipazione rispettosa del regista - di uscire dal silenzio, dal lungo tempo buio della malattia (sieropositività,

Aids). Anche questo documentario è una partitura per volti e voci. Gli interpellati (non intervistati) non si limitano

a dire di sé stessi: parlano anche tra loro. La telecamera Betacam SP (colore) è quasi sempre ferma anche se la

distanza varia. Segre ne conosce la violenza, ma non la nasconde. Cerca di stabilire un dialogo su un piano di

parità e di reciprocità. Invece di dichiarazioni, si ascoltano confidenze, riflessioni, domande. Si parla anche di

morte: “Le sole grandi civiltà sono quelle che riconciliano la vita con la morte. Bisogna che l'idea della morte ritorni

nel cuore della vita” (Octavio Paz). Prodotto, ideato (con Maria Luisa Albera e Anna Mazzola), diretto e montato

da D. Segre. Fotografia di Paolo Ferrari, suono in presa diretta di Gianluca Costamagna.

* COMPAGNA DI VIAGGIO

di DEL MONTE, , 108'

Ventenne romana, irrequieta e disinibita, che campa di lavori precari e casuali, accetta di sorvegliare per conto

della famiglia un pensionato svampito. Quando l'anziano professore sale su un treno e parte per il Nord, lo segue

di nascosto. Inevitabilmente s'incontrano.

* DAD - PAPA'

di GOLDBERG GARY DAVID, USA 1989, 117'

Da un romanzo di William Wharton. Dopo una lunga assenza, un giovane e rampante uomo d'affari torna dai suoi

perché la mamma non sta bene e il papà sta per morire. Se ne prende cura: non sono mai stati così vicini.

Melodramma strappalacrime come tanti, ma con Lemmon amato mattatore.

* IL DIARIO DI UNA SCHIZOFRENICA

di RISI NELO, ITA 1968, 106'

Liberamente tratto dal libro omonimo di Marguerite Andrée Sécheraye: il calvario di una ragazza malata e dei

metodi terapeutici di cui la sua analista si serve per riportarla alla normalità, raccontato dal punto di vista della

seconda. Ambientato in una clinica svizzera, è uno dei rari film di contenuto psicanalitico corretti, accettabili ed

emozionanti. Hanno collaborato Fabio Carpi e, come consulente, Franco Fornari.

* ELLING

di NAESS PETTER, NOR 2000,

Dopo due anni trascorsi in una clinica psichiatrica, Elling e Kjel hanno la possibilità di uscirne e, grazie

all'assistenza sociale, è loro concesso l'usufrutto di un piccolo appartamento a Oslo.

Piano piano sapranno superare i loro problemi, anche nel dover svolgere le attività più banali, e riusciranno a

integrarsi nella società, Elling attraverso la poesia, Kjel at-treverso l'amore.

* GLI ESCLUSI

di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'

In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo

energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al messaggio e

l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori

* FEARLESS - SENZA PAURA

di WEIR PETER, USA 1993, 121'

Dal romanzo di Rafael Yglesias che l'ha anche sceneggiato. Sopravvissuto a un incidente aereo in cui ha perso

il migliore amico, un architetto di San Francisco ha una complessa reazione psicologica che lo allontana dalla

moglie e dal lavoro. Frequenta una giovane donna, sopravvissuta come lui, che nell'incidente ha perso il bambino

e la aiuta a riprendersi. Con due interpreti di grande efficacia, una avvincente e interessante analisi psicologica

sul tema della morte scampata e del senso di onnipotenza che ne deriva

* Fight Club

di Fincher, David, USA 1999, 135

Tormentato dall'insonnia, angosciato succubo dell'ideologia dell'individualismo competitivo, desideroso di

appartenenza, un giovane americano in carriera (E. Norton) frequenta gruppi di terapia nel vano tentativo di

condividere il dolore altrui. Crede di trovare la soluzione dei suoi problemi quando si imbatte nel suo “doppio”, il

coetaneo Tyler (B. Pitt), che gli fa conoscere i Fight Clubs, luoghi clandestini dove ci si massacra a pugni nudi:

un mezzo per abbattere il sistema, usandone l'ideologia e portandola alle sue estreme conseguenze in negativo.

Dal romanzo di Chuck Palahniuk, sceneggiato da Jim Uhls, il 4o film del californiano D. Fincher (1963) conferma,

almeno nella 1ª parte, la sua perizia narrativa e la padronanza del mezzo, ma anche la nociva inclinazione a

banalizzare scaltramente temi alti (presenza del Male, nichilismo metropolitano, religione totalitaria, “doppio”

dostoevskiano ecc.) “È questa la volgarità... Non l'abuso della violenza, ma questa furbesca manipolazione

d'infelicità e desideri "(Roberto Escobar)

* La fossa dei serpenti

di Litvak Anatole, usa 1948, 108'

Dal romanzo di Mary Jane Ward: vittima di una amnesia depressiva, Virginia è curata dal dottor Kirk in una clinica

psichiatrica con l'ipnotismo e la choc-terapia finché, ricoverata nel reparto degli agitati, è così scossa che riesce

a ricordare gli episodi dell'infanzia e dell'adolescenza che l'avevano turbata e guarisce. È ancor oggi il film più

famoso sugli istituti psichiatrici, nonostante il successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975). Molto

discusso sia a livello terapeutico sia per il suo crudo e un po' sensazionalistico resoconto sulla vita in manicomio,

conta soprattutto per l'interpretazione di O. de Havilland e per qualche sequenza descrittiva. 5 nomination agli

Oscar senza vincerne alcuno.

* Freud, passioni segrete

di Huston John, GB 1962,

Sono condensati gli avvenimenti di un quinquennio (1885-90) importante nella vita di Sigmund Freud con una

duplice indagine: quella dei ricordi d'infanzia di Cecilia, ragazza isterica, e quella sui ricordi dello stesso Freud.

Più che biografico, è il rapporto sull'avventura della mente. Opera più che decorosa, qua e là fascinosa, che

naviga in difficoltà tra le secche dello sceneggiato didattico e gli scogli dell'aneddotica hollywoodiana. La

sceneggiatura di Charles Kaufman e Wolfgang Reinhardt conserva alcune delle migliori idee di quella esorbitante

(1100 pagine) che Jean-Paul Sartre aveva approntato per Huston.

* GENTE COMUNE

di REDFORD ROBERT, USA 1980, 122'

La vita ordinata e serena dei Jarrett di Chicago è devastata dalla morte di uno dei due figli. L'altro è straziato da

un forte senso di colpa. Uno psichiatra li aiuta.

* GO NOW

di Winterbottom, Michael, GB 1996,

Nick Cameron (R. Carlyle), operaio di Bristol, ha una vita comune: lavoro, amici, birra, pallone e l'amore di Karen

(J. Aubrey) che è andata a vivere con lui. Una sclerosi multipla gli ruba tutto. Con l'aiuto di Karen che, dopo

qualche incertezza, lo sposa, affronta la lotta per la sopravvivenza

* IL GRANDE COCOMERO

di ARCHIBUGI FRANCESCA, ITA 1993, 100 '

Alle prese con la dodicenne Pippi (A. Fugardi), figlia di borgatari arricchiti e affetta da ricorrenti crisi epilettiche,

Arturo (S. Castellitto), psichiatra infantile, tenta – contro le apparenze e le norme – una terapia analitica. Ispirato

alle esperienze del neuropsichiatra Marco Lombardo Radice, è il caso raro di un film italiano con un eroe positivo,

un personaggio vincente. Con una tecnica drammaturgica attenta alle dinamiche del cinema americano e alla

lezione della miglior commedia italiana, F. Archibugi racconta con cura intelligente l'ambiente ospedaliero, il

retroterra familiare dei personaggi, le figure minori. È un film aperto alla forza dell'utopia, segnato da un

pessimismo attivo e da una stoica compassione. La regista penetra nel mondo infantile, comportandosi come un

ospite, e si muove in quello del dolore con la leggerezza pensosa di chi sa dosare umorismo e rispetto, affetto e

lucidità.

* Ivo il tardivo

di Benvenuti Alessandro, ita 1995, 107'

Uscito dal manicomio, il quarantenne Ivo torna al toscano paese natio, vive solo nella casa paterna abbandonata,

s'innamora dell'analista Sara, combina guai, mette a frutto il suo talento naturale per pittura e rebus, fa amicizia

con un quartetto di altri “matti”, crea bellissimi murales che le scolaresche del posto visitano. Ivo come cartina di

tornasole per i limiti e i difetti dei “normali”. La malattia mentale come variante della normale eccentricità, il

volontariato sociale come pratica della bontà intelligente. Un Forrest Gump in salsa toscana? Strano, divertente,

doloroso, questa commedia in cadenze (e con finale) di favola ha forse il torto di non scegliere con maggiore

decisione la via da battere.

* KOLYA

di SVERAK JAN, CEC 1997, 105'

Praga, 1988. L'anziano Louka (Z. Sverák), esimio violoncellista disoccupato, indebitato e scapolo sottaniere,

accetta per denaro di sposare una russa (L. Safranková), madre di Kolja (A. Chalimon) di cinque anni, per

permetterle di acquisire la cittadinanza ceca. Ottenutala, la donna se ne va in Germania, lasciando Kolja alla

nonna che, però, ha un infarto e muore. Kolja passa a Louka. Rapporto difficile: il musicista non parla il russo, il

bambino non sa il ceco. Intanto la macchina burocratica si mette in moto. Si vorrebbe mandare Kolja in un

brefotrofio russo, ma è ormai la fine del 1989, il regime socialista crolla. Finale logico e agrodolce. “È fatto di

spostamenti progressivi del ‘sentire’ l'emozionante avvicinamento tra il vecchio e il bambino. Per il musicista si

tratta di scoprire il luogo della comunicazione da dove arrivano i messaggi del bambino: la reticenza, il dolore, la

solitudine, l'istinto al gioco” (Silvio Danese)

* IL LADRO DI BAMBINI

di AMELIO GIANNI, ITA 1992,

Antonio (Lo Verso), giovane carabiniere calabrese, ha il compito di accompagnare l'undicenne Rosetta (Scalici),

prostituita dalla madre, e il fratellino Luciano (Ieracitano) in un orfanotrofio di Civitavecchia che, però, si rifiuta di

accoglierli. Il viaggio prosegue per un istituto in Sicilia. Il cuore di questo film bellissimo e importante – scritto dal

regista con Sandro Petraglia e Stefano Rulli – è nel rapporto tra carabiniere e bambini: lenta conquista,

avvicinamento, osmosi. Grazie ad Antonio i due bambini – che nei film di Amelio sono sempre una maschera

dell'adulto non cresciuto – imparano per pochi giorni a ridiventare bambini. Pur nella fedeltà a un'alta idea di

cinema che dice attraverso il non detto e tende a esprimere l'inesprimibile, Amelio ha fatto un film emozionante

anche nella sua durezza e nel rifiuto di ogni consolazione. La sua concretezza disadorna si può cogliere nel

modo, sommesso e lucido, con cui si dà testimonianza dell'Italia sia nel paesaggio (la mescolanza di sfascio e

benessere ) sia nell'acquiescenza tranquilla della piccola gente di Calabria e Sicilia

* LADYBIRD LADYBIRD

di LOACH KEN, GB 1994, 102'

Maggie (Rock), proletaria londinese, ha avuto quattro figli da quattro uomini diversi (due di colore). I Servizi

sociali glieli tolgono: per la legge è una madre inaffidabile. Incontra finalmente l'uomo giusto (Vega), un gentile

esule politico dal Paraguay, e ne ha due bambine. Gliele tolgono. Storia inverosimile? Lo sono spesso le storie

vere come questa. Film di violenza insostenibile che ti fruga dentro: c'è la violenza fisica, c'è quella fredda e

burocratica della legge e dell'ordine. È violenza anche formale: col suo strepitoso dinamismo stilistico K. Loach

riesce a caricare d'emozione, fin dall'inizio, il racconto. Non fa denunce demagogiche. Costringe lo spettatore a

mettersi dalla parte di Maggie senza nascondergli nulla della sua sgradevolezza, e gli pone domande: che cos'è

una buona madre? chi ha il diritto di stabilire che cosa è una buona madre? che limiti bisogna imporre alla

comunità nei suoi servizi sociali? dove finisce l'amore e dove comincia la responsabilità? Il film sconvolge anche

perché

* LEON

di BESSON JEAN LUC, FRA 1994, 104'

Léon è un killer, un sicario a pagamento della peggior specie, introvabile e indistruttibile, fin quando un topolino

penetra nel suo universo: un topo piccolo con gli occhi immensi della dodicenne Matilde. A parte J. Reno, per il

quale il film è stato scritto su misura, la piccola N. Portman è la rivelazione del film. È la bizzarra, perversa e

onesta storia d'amore tra una dodicenne e un sicario. Amore senza sesso. Lui, l'adulto bambino, la istruisce a

uccidere; lei, la bambina adulta, gli insegna a vivere. L. Besson è un manierista, ma sa prendere i suoi rischi: il

suo è un cinema d'azione che non esclude, però, né una strenua attenzione alla psicologia né la cura puntigliosa

dei personaggi

* Lilo & Stitch

di Chris Sanders, Dean Deblois, USA 2002,

Un piccolo mostro alieno, Stitch, è stato creato per distruggere tutto ciò che lo circonda. Condannato alla

soppressione dalla Federazione Galattica, Stitch riesce a fuggire sulla Terra, dove viene scambiato per un

cagnolino e adottato da Lilo, un'orfanella hawaiana. In lite con la sorella maggiore con la quale vive, minacciata di

essere richiusa in un orfanotrofio da un assistente sociale nero enorme e burbero, Lilo fa scoprire al

mostriciattolo la tenerezza, la bontà, l'altruismo, il calore della famiglia, salvandolo dai suoi inseguitori

extraterrestri. Con una bella colonna musicale in omaggio a Elvis Presley, è un riuscito miscuglio di fantascienza

e tenerezza, con una animazione non prevalentemente computerizzata, ma dai bei disegni morbidi in colori

pastello, di bellezza tradizionale. Peccato che, dopo un frizzante e pungente 1o tempo all'insegna della

trasgressione e della sorpresa, si afflosci sempre più in un melenso e scontato sentimentalismo familistico

* Matti da slegare

di Agosti Silvano; Bellocchio M.; Rulli; Petraglia, ITA 1975, 135'

Girato in 16 mm nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma, è la riduzione di Nessuno o tutti,

film documento in due parti (“Tre storie”, “Matti da slegare”) di 100' ciascuna, distribuito nel circuito alternativo di

ospedali psichiatrici, scuole, cineclub, circoli politici e culturali. Non ha pretese scientifiche. Non è – in senso

stretto – nemmeno un'inchiesta, ma piuttosto una testimonianza e una denuncia. La tesi è racchiusa nel titolo: i

malati mentali sono persone “legate” in molti modi e per diverse cause. Se si vuole curarli (non guarirli, ma almeno

impedire che vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli, reinserirli nella comunità. Il film

dice che: a) spesso la malattia mentale ha origini sociali, di classe; b) l'irrazionalità degli asociali è una risposta

all'irrazionalità della società; c) l'assistenza psichiatrica non è soltanto uno strumento di segregazione e di

repressione, ma anche di sottogoverno e di potere economico; d) lo psichiatra è formalmente un uomo di

scienza, ma in sostanza un tutore dell'ordine come il poliziotto e il carceriere. Il film conta e vale come atto di

amore e di rispetto per l'uomo che, anche quando è “diverso” e malato in modo sconvolgente (catatonici,

mongoloidi, paranoici, schizofrenici) è sempre preso sul serio. La finale festa danzante è un grande momento di

cinema. Vale anche per la capacità di rivelazione degli esseri umani, capaci per ragioni soltanto in parte

spiegabili di diventare personaggi.

* UN MEDICO UN UOMO

di HAINES RANDA, USA 1991, 125'

Quando scopre di avere un tumore alla gola e deve farsi curare, un chirurgo di successo capisce che cosa

significa essere un paziente, in balia di medici che lavorano come meccanici e della burocrazia ospedaliera. La

regista riesce a mitigare il moralismo del libro conferendo maggior efficacia alla vicenda.

* I misteri di un'anima

di Pabst Georg Wilhelm, GER 1926, 71'

Rientrato a casa della moglie, un chimico viennese apprende che un cugino, in procinto di ritornare dall'Asia, gli

ha inviato un'antica spada giapponese e una statuetta. Entra in una crisi depressiva, ha spaventevoli incubi

notturni, scopre di essere affascinato dagli utensili da taglio e di avere impulsi aggressivi verso al moglie. Si

rivolge a uno psicanalista che dopo molte sedute l'aiuta a individuare l'origine e la causa delle sue ossessioni e a

liberarsene. Per tradurre in immagini la sceneggiatura di Colin Ross e Hans Neumann, G.W. Pabst chiese prima a

Sigmund Freud (che rifiutò), poi a due suoi allievi (Karl Abrahams e Hanns Sachs) una consulenza scientifica. Al

di là della sua importanza storica, il 4o film dell'austriaco Pabst (1885-1967) rimane, nonostante l'handicap del

muto e l'idillica lieta fine, un film interessante e avvincente per l'equilibrio tra la dimensione estetica e quella

esplicativa e la ricchezza delle invenzioni visive: la tecnica psicanalitica offre al regista un metodo di

esplorazione e non l'occasione di una predica destinata a far passare una verità rivelata.

* NELL

di APTED MICHAEL, USA 1994, 113'

Medico di paese della Carolina del Nord scopre nella foresta una ragazza che ha trascorso ventisei anni in

completo isolamento dal mondo civile con la madre, che soffriva di una grave paresi facciale, dalla quale ha

imparato una specie di strano idioma infantile. Con l'aiuto di una psicologa di città, il medico si occupa di lei,

impedendone il ricovero a scopi di studio. Tratto dal libro di Mark Handley Idioglossia e ispirato a un fatto vero

* PATCH ADAMS

di SHADYAC TOM, USA 1999,

È una storia vera, quella di Hunter “Patch” Adams che aveva la vocazione del clown e divenne negli anni '70 un

medico, convinto assertore e pioniere della risata come terapia alternativa e fondatore del Gesundheit Institute

dove la praticò, ovvero un personaggio tagliato su misura per R. Williams (1952) che era già stato dottore

dell'anima in Risvegli e Good Will Hunting. Il progresso degli studi sulle endorfine e la scoperta dell'importanza che

la mente esercita nel processo di guarigione l'aiutarono a superare gli ostacoli frapposti dalla medicina ufficiale e

dai suoi (pre)potenti soloni. La causa è giusta e non mancano le frecciate alla malasanità assicurativa negli USA

* IL PAZIENTE INGLESE

di MINGHELLA ANTHONY, USA 1996, 162'

Toscana, verso la fine della guerra 1939-45: Hana , infermiera canadese innamorata di un artificiere indiano ,

accudisce un misterioso paziente inglese dal viso sfigurato di cui si rievoca in flashback l'illegittima e tragica

passione per Katharine , incontrata in Egitto, prima della guerra, durante una missione geografico-militare per il

governo britannico

* POMODORI VERDI FRITTI

di AVNER J., 1991, 2 H

Evelyn (K. Bates), adiposa e depressa donna di mezza età, incontra in una casa di riposo per anziani la vivace

ottantenne Ninny (J. Tandy) che le racconta la storia dell'amicizia tra la fiera Idgy (M. Stuart Masterson) e la

dolce Ruth (M.-L. Parker) e le drammatiche peripezie che le portarono a gestire insieme il Whistle Stop Café alla

fermata di un treno che non c'è più, dove si poteva gustare la specialità locale (i pomodori del titolo). Stimolata dai

racconti, Evelyn cambia vita e si porta a casa la vecchia amica

* IL PRINCIPE DELLE MAREE

di Streisand, Barbra, USA 1991, 132

Un allenatore di football del Sud, con moglie e figlie, è chiamato al capezzale della gemella che ha tentato il

suicidio. Aiutato dalla psicanalista di lei, con la quale ha un'intensa e breve storia d'amore, riesce ad affrontare

un tragico episodio della sua infanzia che aveva rimosso, consentendo alla psicanalista di aiutare anche la sua

paziente.

* QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO

di FORMAN MILOS, USA 1975, 133

Da un romanzo di Ken Kesey: pregiudicato, trasferito in clinica psichiatrica, smaschera il carattere repressivo e

carcerario dell'istituzione. La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno. Premiato con 5 Oscar (film, regia,

Nicholson e Fletcher, sceneggiatura di Bo Goldman e Laurence Hauben) – come non succedeva da Accadde

una notte (1934) – è un film efficacemente e astutamente polemico sul potere che emargina i diversi e sul fondo

razzistico della psichiatria.

* RAGAZZE INTERROTTE

di MANGOLD JAMES, USA 1999, 127'

Susanna, diciottenne depressa di buona famiglia, è internata per due anni in un ospedale psichiatrico, per

guarire da una malattia mentale indefinita. Ne esce arricchita dall'amicizia – fatta di confronti e di scontri con altre

pazienti, più di lei sulla borderline tra normalità e malattia – pronta ad affrontare la vita. Dal romanzo

autobiografico La ragazza interrotta di Susanna Kaysen, sceneggiato dal regista con 2 donne , uno

psicodramma claustrofobico al femminile che è anche un racconto di formazione e un viaggio iniziatico.

Coinvolgente sul piano della comunicazione emotiva più che su quello espressivo, è un film d'attrici

* RAIN MAN

di LEVINSON BARRY, USA 1988,

Viaggio da Cincinnati a Los Angeles di un disinvolto commerciante d'auto e di suo fratello, autistico con genio

matematico. Divertente, commovente, ruffianello, conta specialmente per D. Hoffman e il suo istrionismo

raffreddato. 4 Oscar: film, regia, sceneggiatura (Ronald Bass e Barry Morrow), D. Hoffman. Orso d'oro al

Festival di Berlino 1989.

* La seconda ombra

di Agosti, Silvan, ITA 2000, 84'

Un episodio nella vita di Franco Basaglia (1924-80), il più noto esponente dell'antipsichiatria italiana. La sua opera

portò alla legge 180 del 1978 sull'abolizione degli istituti manicomiali che poi fu soltanto parzialmente applicata.

L'azione si svolge nel 1961 quando Basaglia prese la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. Si divide in 3

parti: 1) Basaglia in incognito percorre le miserie umane del manicomio; 2) la sua attività per “liberare tutti, anche i

medici”, occupandosi dei malati (i matti che “tuttavia” sono persone) più che della malattia; 3) la grande

sequenza notturna in cui si abbatte il muro che separa i malati dalla città. Il titolo allude all'interiorità del malato, il

luogo in cui si rifugia con la sua diversità. Film a basso costo (con un ottimo R. Girone a paga sindacale), fuori

dagli schemi, intenso nella sua semplicità che non è soltanto didattica

* SEGRETI E BUGIE

di LEIGH MIKE, BG FR 1996,

Alla morte dei genitori adottivi, una giovane donna nera decide di trovare la madre naturale. Scopre che è una

donna bianca, fragile e frustrata, con un'altra figlia ventenne, infelice e aggressiva, e con un fratello in crisi.

Durante una festa di compleanno vengono al pettine tutti i nodi dei legami affettivi. Dramma psicologico

raccontato con lucida freddezza, una rappresentazione del dolore priva di interpretazioni pseudo-psicanalitiche.

“Segreti e bugie sta a Voglia di tenerezza come Full Metal Jacket a Rambo. La cinepresa di M. Leigh riceve i

personaggi, non li segue, non li cerca” (Silvio Danese). Ottimi interpreti sui quali spicca B. Blethyn, la madre, nota

attrice teatrale inglese che fatica un po' a controllare il suo talento di mattatrice.

* SHINE

di HICKS SCOTT, AUSTRALIA 1996,

Anomala biografia del pianista David Helfgott – australiano di nascita, ebreo e polacco di origine, oggi

cinquantenne, sposato e ancora in giro a dar concerti – che, stritolato da un padre-padrone oppressivo,

sprofonda per un decennio in un tracollo nervoso che lo fa entrare e uscire da cliniche psichiatriche fino

all'incontro e all'amore di una gentile signora di quindici anni più vecchia di lui.

* LA STANZA DI MARVIN

di ZAKS JERRY, USA 1996, 105'

Bessie e Lee sono due sorelle, una fa la parrucchiera nell'Ohio, ha due figli, uno dei quali con gravi turbe

psichiche; l'altra è una zitellona che sta in Florida e che cura da vent'anni il padre malato e una zia svitata che

vede solo la televisione. Le due non si filano da anni e per ritrovarsi non si affidano a un programma televisivo: ci

pensa un medico a precettare la famiglia. Bessie, infatti, ha la leucemia ed è alla ricerca di un midollo osseo

compatibile.

* LA STRADA PER GALVESTON

di TOSHIYUKI UNO MICHAEL, USA 1996, 89'

Jordan è rimasta vedova da poco tempo, ereditando dal marito una situazione economica disastrosa. Per

mantenersi, Jordan decide di utilizzare l'abitazione per alloggiare tre malati del morbo di Alzheimer. Quando però

le pressioni di suo figlio cominciano a sopraffarla decide, insieme ai suoi pazienti, d'intraprendere un viaggio che

cambierà per sempre le loro vite.

* TARDA PRIMAVERA

di OZU YASUJIRO, GIA 1949, 108'

Consapevole che sua figlia (S. Hara) sta diventando una zitella, un vedovo (C. Ryu) la esorta a sposarsi, ma,

contenta di vivere con il padre e di prendersi cura di lui – sa che sarebbe perduto senza una donna in casa – la

ragazza è riluttante finché, per convincerla, il padre le comunica di essere in procinto di riprendere moglie. Dopo

un ultimo viaggio insieme a Kyoto, la figlia si spos

* L' ULTIMA ECLISSI

di HACKFORD TAYLOR, USA 1995, 131'

La cameriera Dolores Claiborne è accusata di aver ucciso la sua padrona. Riemergono gli antichi sospetti di

aver assassinato, molti anni prima, il violento consorte alcolizzato. Torna per l'inchiesta Selena la figlia

giornalista che da anni si è allontanata. Da un romanzo di Stephen King un film in chiave femminista,

particolarmente riuscito nel confronto tra madre e figlia: Strindberg contaminato con Hitchcock.

* UN UOMO DA MARCIAPIEDE

di SCHLESINGER JOHN, USA 1969, 109'

Cow-boy texano arriva a New York deciso a fare soldi con le donne ma passa brutte esperienze e un duro

inverno con Ratso Rizzo, un italo-americano zoppo e tubercolotico. Cinedramma patetico su una strana amicizia

che sboccia come un fiore nel fango di Manhattan.

* VERSO IL SOLE

di CIMINO MICHAEL, USA 1966, 120'

Meticcio (mezzo Navajo, mezzo nero) e malato terminale di cancro, Brandon Monroe, detto Blue , capobanda

sedicenne di L.A., sequestra un oncologo carrierista e benpensante e lo costringe ad andare verso il sudovest,

alla ricerca di un lago sacro di montagna. 7o film di Cimino (1943), comincia come un thriller di azione

metropolitana, mescolato a una commedia ospedaliera. Diventa un film di strada e di inseguimento e si trasforma

in un viaggio iniziatico verso le radici mitiche dell'America. Se si bada a quel che dice la sceneggiatura di Charles

Leavitt le riserve sono inevitabili: freudismo di terza mano, greve contrapposizione didattica tra i due protagonisti,

flashback in BN ripetitivi. Avvince il “come lo dice”. Cimino che continua a raccontare “un'America che vuole

diventare America” con talento visionario, energia narrativa, rabbia, eccessi, capacità di dirigere e trasformare

gli attori. Film epico che tende all'esaltazione del mito cresce nella seconda parte, prende quota, diventa bellissimo