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IL PERSONAGGIO
Il presidente delle comunità: non si può essere buoni amici di Israele senza conoscere la storia
E Luzzatto gela il Cavaliere
"Le spiego cosa fu il fascismo"
GOFFREDO DE MARCHIS
 

 

da Repubblica - 18 settembre 2003


ROMA - «Sono stato male intepretato». Berlusconi sorride e accarezza la mano di Amos Luzzatto in segno di pace. Come dire: si fidi. Basta un gesto per chiudere un occhio sulla storia? Sembra di no, lo dice il presidente delle comunità ebraiche: «Non basta un incontro di poche battute per risolvere certe sortite». Berlusconi chiede anche scusa: «Mi dispiace di averla addolarata». Si difende: «Non si può fare nulla contro la criminalità dei giornalisti. E pensare che il direttore della rivista inglese è un mio compagno di partito nel Ppe». Però tiene il punto: «Quello che volevo dire è che Mussolini non ha fatto la guerra al suo popolo». E gli ebrei italiani?
No, il caso non è chiuso, resta l´imbarazzo, la freddezza. Alla Sinagoga di Roma le distanze non si colmano in un´ora. Dopo il comunicato serale di Palazzo Chigi, atteso a lungo, Luzzatto prende atto che «il premier non voleva arrecarci dolore». Punto. Una dichiarazione tiepida tiepida. Non c´è la soddisfazione di un pieno riconoscimento dell´errore compiuto con l´intervista a The Spectator. La delegazione ebraica spiega al premier come si può riparare: «Lei deve chiedere scusa agli italiani». Perché gli ebrei perseguitati dopo le leggi razziali erano cittadini italiani. Perché tanti italiani hanno sofferto sulla loro pelle il fascismo. Ma fin lì non sono riusciti a capirsi.
Per Berlusconi è stato un faccia a faccia in salita, con una gaffe difficile da recuperare perché le vittime stavolta ha dovuto guardarle negli occhi. Ha ascoltato la secca lezione di Luzzatto: «Le racconto cosa è stato il fascismo per tutti gli italiani e non le parlo solo delle leggi razziali perché il regime fu qualcosa di più». Così si sgombra il campo dalla confusione impropria ebrei e italiani. «Mio padre fu manganellato prima del 1938, come antifascista, e non potè andare in ospedale, temeva di essere arrestato. Le conseguenze di quel pestaggio le ha portate per tutta la vita». Berlusconi ha interrotto il presidente delle comunità: «Anche un mio familiare è stato manganellato». I testimoni dicono di non aver capito di chi parlasse. Qualcuno ha udito distintamente «mio padre», altri «il padre di mia moglie». Ma il Cavaliere ha insistito, raccontano i presenti: «Poi, lo colpirono i reumatismi quando dormiva sotto i ponti ai Navigli». Sono volati sguardi di stupore.
Dettagli, comunque. Di un discorso più vasto. «Il fascismo, presidente, era omicidio come forma di governo», ha spiegato Luzzatto. E Berlusconi ha provato a svicolare, parlando della sua amicizia con Israele, Sharon, Arafat («che non voglio più vedere dal 2001»), di oggi, non di ieri. E anche qui Luzzatto ha voluto offrire il suo insegnamento: «Non si può essere buoni amici di Israele senza conoscere la storia. E nella sua intervista su Mussolini c´è perlomeno un´insufficienza di memoria. Guardi, ci sono quattro principi che sono i valori fondanti dell´antifascismo. E, sostanzialmente, della solidarietà con il nostro popolo». Luzzatto ha elencato punto per punto, come se fossero delle bacchettate: «Primo: la democrazia rappresentativa. Secondo: la libera circolazione delle idee. Terzo: il rispetto per tutte le minoranze etniche, linguistiche, religiose e politiche. Quarto: la promozione della pace nel Mediterraneo». Mussolini non era un grande seguace di questi punti cardinali. E Berlusconi? «Guardi, presidente Luzzatto, è stato come quando ti danno una botta. Ho reagito istintivamente, così è nata la mia risposta», ha ripetuto il premier. «Va bene, ma lei ha espresso un´idea unilaterale, voleva dire che certe cose in Italia non sarebbero potute accadere. Il problema è che quando si fanno discorsi con un´idea unilaterale si mostra di non conoscere l´altra faccia della medaglia».
Sono argomenti complicati e Luzzatto non fa sconti. Ha un tono pacato, un´espressione che appare comprensiva. Ma non arretra. Berlusconi sfodera l´affettuosa pacca sulla mano, l´ultima spiaggia della seduzione. E si finisce a parlare dei problemi di oggi. Il presidente delle comunità però è fermo lì, con un piede nel passato. «Ho dato un giudizio di condanna del fascismo e penso che questo giudizio dovrebbe essere condiviso dal premier», dice prima di tornare a casa. Insomma, le carezze non bastano.