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E Bertinotti finisce pure lui nelle foibe di RENATO FARINA
 
in Libero 5 marzo 2004
 

COMUNISTI Povero Fausto. Ha proprio ragione Bertinotti a lamentarsi dei suoi compagni: «Il tasso di intolleranza in questo partito è insopportabile». Uh, come lo capiamo. Ne abbiamo qualche idea. Ci è capitato di assaggiare la splendida propensione al dialogo, specialmente coi piedi e coi sassi, della congrega. Se ci telefonava glielo spiegavamo anche in anticipo, che brave persone abbia radunato sotto il suo pugno chiuso. Povero Fausto, ma soprattutto poveri noi. Se permette, siamo più preoccupati noi di lui. Perché, se ci va male, gente simile ce la troviamo al governo a comandarci. Per Bertinotti invece è solo opposizione interna: magari lo fischia, ma mica lo mena. Se riaprono le foibe ci infilano noi, lui se la cava con un'autocritica. Il fatto. A Venezia c'è il Congresso di Rifondazione. È comparso da quelle parti Leo Gullotta. È comunista da sempre, allo "sciogliete le righe" di Occhetto è passato subito sotto le nuove bandiere rosse. Bel bello si è presentato, e pensava almeno a qualche pacca sulle spalle, si era preparato persino a non dare autografi perché i compagni sono contro il divismo. Macché: boati irosi, urla di «Venduto! Venduto!». Il motivo? Gullotta ha interpretato la parte di don Bruno nello sceneggiato televisivo sulle foibe. Lì il cattivo era un partigiano titino. Gullotta, con la sottana del prete, difendeva un bambino dall'assassino comunista. In dodici milioni hanno visto quel film, molti per la prima volta hanno saputo dello scempio consumato dalle parti di Trieste dopo il 25 aprile. Guai, non dovevano sapere. Bertinotti due anni fa aveva organizzato un convegno di studi sulle foibe, proprio a Venezia. Aveva proclamato l'orrore e l'atrocità delle stragi. Ne era uscito persino un libretto. La frase forte: «Le foibe sono una tragedia terribile che non ha giustificazioni». Ancora: «Deve essere studiata criticamente come una violenza in cui si sono combinati fattori terzi e certamente è stata determinata da una volontà organizzata». Traduciamo: c'è stato un piano di sterminio, non è stata vendetta. Non si è fermato lì, Bertinotti: «Di fronte a questi fatti, come di fronte ad altri, non possiamo reagire in modo giustificazionista, dicendo cioè che l'avversario ha fatto comunque di peggio». Infine, colpo finale: «Abbiamo vissuto per tanti anni pensando che la nostra parte fosse quella giusta. L'abbiamo angelicata pensandola come la guerra dei giusti. Invece ci sono delle zone d'ombra che oggi è necessario rimeditare in maniera critica». Bravo Bertinotti. Vogliamo dircela tutta però? I convegni esprimono sì l'illuminato pensiero di alcuni capi, ma servono soprattutto alla propaganda, sono utili a far credere all'opinione pubblica moderata che i comunisti non sono quelli di sempre, ma si sono fatti gentili. Per Bertinotti e Sandro Curzi metto la mano sul fuoco. Ma come fanno a convivere con delegati pronti a risfoderare il mitra? Li abbiamo sentiti, in diretta su Radio Radicale, elogiare «la violenza come intelligenza», respingere la scelta non-violenta. Elogiare la presa del potere con il fucile come fece Lenin. Bertinotti e Curzi sono accettati come (finti) capi dalla pancia rifondarola per il comodo di avere una buona immagine e riscuotere voti, ma sono percepiti come traghettatori provvisori verso il potere, in fondo traditori da smascherare appena preso Palazzo Chigi. L'apparizione di Gullotta è stata l'occasione perché tracimasse il sentimento profondo di quanti sono destinati a infilarsi nei ministeri se vince Prodi. Ehi, è con questa gente che Romano mette insieme un programma. Rutelli come fai a stare da questa parte? Boh. Quella gentaglia ha fischiato un uomo perché ha recitato nel ruolo di un prete anti-foibe. Non è questione di intolleranza. È proprio razzismo, negazionismo della più infame specie. Sarebbe come se al congresso di Alleanza nazionale quasi la metà dei delegati fischiasse e desse del "venduto" a un attore colpevole di aver interpretato la parte del difensore degli ebrei in un film su Auschwitz. Invece tutto tace, al massimo diventa un caso di cattiva educazione. Che schifezza. Per troppi compagni non esistono le foibe, e se ci sono state vanno sepolte nella smemoratezza, magari esaltate in segreto. O almeno giustificate, inserite nel contesto, non possono inficiare la bella violenza della resistenza jugoslava. Sono finiti infoibati? Qualcosa avranno fatto, e guai a chi sostiene il contrario. Povero Fausto, povero Curzi, in mezzo a che gente vi tocca vivere. Ma soprattutto poveri noi se passa Prodi.