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Blair, il Churchill laburista

 

La posizione più difficile dei governi europei che sostengono gli Stati Uniti nell’azione contro Saddam Hussein è certo quella di Tony Blair

 

La posizione più difficile dei governi europei che sostengono gli Stati Uniti nell’azione contro Saddam Hussein è certo quella di Tony Blair. La generazione politica del Labour a cui Blair appartiene è stata educata dalla lotta per il disarmo nucleare e per il boicottaggio delle merci sudafricane. È quindi comprensibile che una guerra con Bush, l’erede di Reagan, sia per essi poco appetibile. Blair è un cattolico di cuore e quindi ha maturato una sensibilità diversa da quella della sua generazione; ha trasformato il Labour in modo assai diverso da quello laburista tradizionale e dal suo radicalismo originario, ha portato il Labour fuori dal linguaggio socialista. Ma il tema della pace al centro della memoria storica del laburismo è come il nucleo dell’identità dell’anglicanesimo metodista. Il Labour di Michael Foot si è rifatto vivo, contro questo figlio del Labour post thatcheriano. Quasi certamente la politica di Chirac mira a colpire colui che gli impedisce di essere la voce più forte nel coro europeo. Blair è costretto alla più forte decisione di un premier laburista: condurre il paese in guerra contro il proprio partito. L’uomo è tale da riuscirci, se lo farà diventerà il leader politico e morale dell’Europa. E di fatto la sua situazione ricorda anche quella di un altro grande minoritario, Winston Churchill, che ammonì a lungo gli inglesi che la volontà di fare la pace con Hitler li avrebbe condotti alle porte dell’abisso. Le condizioni che ha messo per il suo appoggio ad una decisione senza l’Onu esistono: che non ci sia un termine definito per ottenere il termine delle ispezioni e di veto di una potenza avente tale diritto. Ma certo egli dovrà sopportare una forte opposizione del suo partito. Dio lo assista. Per aiutare Blair l’amministrazione americana ha deciso di cercare un’altra decisione del Consiglio di sicurezza che ponga condizioni dure alle ispezioni, come il permesso interrogare scienziati fuori dall’Irak, ma la Francia si oppone a questa seconda mozione. La posizione francese mira evidentemente a colpire il punto più fragile della coalizione, cioè il Labour Party posto di fronte ad una scelta difficile per la sua storia. Il pacifismo laburista ed il sabotaggio francese potrebbero salvare Saddam Hussein. Il pacifismo non ha altra carica che negativa: è un sostegno al più crudele dei despoti arabi: e ciò dopo l’11 settembre, nella luce Osama Bin Laden. Purtroppo dietro alla strategia francese ci sono gli interessi petroliferi di Parigi e forse è questo il prezzo di un mutamento di tattica sempre possibile perché Chirac lascia tutte le strade aperte. Se il pacifismo vince, avremo l’isolamento della democrazia americana e la giustificazione di Saddam Hussein. Satana si trasfigura come angelo di luce (san Paolo), stavolta nelle spoglie di Tarek Aziz. L’Europa dei pacifisti volge un’altra volta le spalle ad Israele, la Germania socialdemocratica è stata la prima a farlo: corsi e ricorsi storici, Vico indovina sempre.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

di Baget Bozzo Gianni