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Orazione funebre di Gianni Letta ai funerali di Nicola Calipari

 

Hai ridato fiducia all’Italia. Hai ridato,
come i caduti di Nassiriyah,
la patria agli italiani”. E’ uno dei passaggi
centrali dell’intervento del sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio
Gianni Letta fatto alla fine dei
funerali di Stato di Nicola Calipari.
“E’ un momento in cui le parole fanno
fatica a venir fuori – ha detto Letta –
Scusatemi, ma forse non servono, rischiano
di apparire inutili e vuote e
persino dannose perché nascondono
l’insidia di un’enfasi eccessiva o peggio
della retorica. Questo è il momento
del raccoglimento, della riflessione,
della meditazione in silenzio e, per chi
crede, della preghiera”. “Per tutti”, ha
proseguito, “è il momento di rendere
onore all’eroico sacrificio di Nicola
Calipari e di rendere omaggio alla sua
memoria. Senza divisioni, tutti insieme,
senza polemiche. Lasciamole fuori
e stringiamoci tutti uniti alla famiglia
di Nicola.
Facciamolo con quella serietà, con
quella sobrietà alla quale ci aveva abituato
Nicola. In fondo è quello che Nicola,
come lo hanno affettuosamente
adottato da ieri tutti gli italiani, ci
avrebbe chiesto oggi”. Perché, ha spiegato
Letta, “è sì un eroe del coraggio,
ma anche della pacatezza, che aveva
fatto della riservatezza, della discrezione
il suo stile di vita e di lavoro. Era
un uomo forte, ma al tempo stesso mite,
come tanti hanno scritto in questi
giorni di lutto e di dolore. E come rivelava
il suo sorriso buono e rassicurante,
sotto quei baffetti così curati”.
Ma Calipari, ha sottolineato Letta,
“era un poliziotto di razza, un dirigente
preparato, intelligente, serio, acuto,
responsabile, prudente. Era una persona
straordinaria. L’ho imparato a conoscere
così in questi anni di diretta
collaborazione. Una persona che non
amava la ribalta, che non cercava i riflettori,
ma che faceva il suo lavoro tutto
intero, con abnegazione esemplare.
Preferiva la concretezza dell’agire alla
vacuità delle parole. Così lo ricordano
e lo raccontano anche i colleghi, quelli
di più antica data che meglio di me
lo hanno conosciuto e con lui hanno
condiviso missioni spesso difficili.
Un suo compagno di corso, oggi capo
della Mobile di Roma, ha scritto ieri
che Calipari era una persona intelligente,
un funzionario diligente, una
persona seria e cauta, usava la ponderazione.
E’vero, l’ho sperimentato io
stesso. Nei momenti difficili – e in questi
anni ne abbiamo passati tanti di momenti
drammatici, lo sa bene quello
che lui chiamava il ‘capo’, il generale
Pollari, al quale era legato da un vincolo
che era d’affetto prima che gerarchico
– io stesso, come era naturale per
tutti, mi affidavo alla sua saggezza e al
suo consiglio”.
E “l’ultima sera – ha raccontato Letta
– quando dovevamo prendere una
certa decisione, eravamo incerti, dubbiosi,
angosciati, io ripetei a lui quello
che tante volte gli avevo detto: ‘Nicola,
parla tu, perché tu mi dai fiducia e sicurezza’.
Era proprio così, dava fiducia
e sicurezza. Aveva sempre fatto il suo
lavoro con questo entusiasmo, con questa
passione, perché amava il suo lavoro,
ma anche con una fortissima determinazione
e con quella serietà che lo
aveva fatto apprezzare da tutti. E tutti
lo hanno riconosciuto in questi giorni.
Non ho mai visto in Italia un plebiscito,
un consenso così corale e così generale
verso una persona che faceva un
lavoro difficile, spesso anche da capire.
Questo significa che alle capacità
professionali lui univa una straordinaria
sensibilità, un’umanità fuori del comune,
la generosità del cuore, un altruismo
di cui ha dato l’ultima prova
l’ultimo giorno della sua vita. Quel gesto,
forse istintivo, di proteggere e salvare
Giuliana, era l’ultimo atto coerente
con un altruismo sempre dimostrato
perché coltivato a lungo in forza dei
principi, dei valori, degli ideali nei
quali credeva. Un motivo di più per essergli
vicini”.
Calipari dunque “era un servitore
dello Stato nel senso più alto e più nobile
dell’espressione. Un uomo delle
istituzioni, che sentiva sue e che ha
sempre servito con onore e fedeltà, con
lealtà verso il giuramento che aveva
prestato quando era entrato in Polizia.
Tutta la vita ha dimostrato questo senso
del dovere, questo senso dello Stato,
delle istituzioni che serviva e alle quali
profondamente credeva”. “Ma tu Nicola”
– ha sottolineato ancora Gianni
Letta – “hai fatto molto di più: non hai
soltanto liberato e salvato Giuliana,
non hai soltanto dato uno splendido
esempio di coraggio, non hai soltanto
portato a termine con successo tante
operazioni in quello stesso, drammatico,
scenario dell’Iraq, non hai segnato
tanti successi conosciuti e sconosciuti,
non hai sfatato certi luoghi comuni sullo
Stato e sui servizi, non hai dato soltanto
fiducia a chi ha avuto il privilegio
di dividere con te impegno e responsabilità,
tu hai ridato fiducia all’Italia tutta.
Tu hai saputo riportare in superficie
quelle virtù nascoste grazie alle
quali un paese vive e va avanti. Tu hai
ridato, come i caduti di Nassiriyah, la
patria agli italiani.
Tu hai fatto riscoprire un’Italia che
c’è, che fortunatamente c’è e che tante
volte facciamo fatica a ritrovare e a capire
sotto il frastuono di una rissosità,
di una quotidianità avvelenata. Tu hai
fatto capire agli italiani che cos’è la patria
e il sentimento nazionale.
Quella fila ininterrotta, quel fiume
di gente silenziosamente addolorata
che ieri ha salito le scale del Vittoriano,
ha compreso che al di là delle divisioni
e delle differenze naturali e sacrosante
in democrazia, al di là della
contrapposizione degli schieramenti
per la guida dello Stato, c’è lo Stato con
le sue istituzioni per garantire la libertà
e la sicurezza ai cittadini. Quello
Stato che tu hai servito con onore, che
hai servito in una vita di lavoro esemplare”.
“Grazie Nicola – ha concluso Letta –
addio Nicola, come tante sere ci siamo
scambiati quando tu partivi per l’Iraq,
e purtroppo non sei tornato. Grazie”.
“Grazie Nicola, hai ridato la patria agli italiani”, così lo ha salutato Gianni Letta