www.segnalo.it - Saggi e Articoli

HOME PAGE

FORMAZIONE    

BIBLIOTECA / CINETECA   

POLITICHE / LEGGI    

TRACCE / SENTIERI

IL GRANDE IMBROGLIO di RENATO FARINA

in Libero 8 marzo 2005

Nel video dalla prigionia, la Sgrena piangeva, a mani giunte implorava aiuto. Ora dice che stava bene, che i terroristi non erano suoi nemici. Ci ha preso in giro. Bush e i marines la mandano a quel paese

Nicola Calipari proprio nel momento in cui è più onorato, non conta più niente, come sempre capita ai morti. Essi non possono scegliere da chi accettare i fiori e di chi respingere i baci. Deposti nella bara sono in balia di chi li seppellisce con amore e di chi prova ad impossessarsi del loro cuore. Le prime ore sono quelle in cui di solito i ladri rubano la memoria del morto. Va sempre così. Ma qui la faccenda è più grave. C'è veleno ideologico. E c'è l'incredibile acquiescenza di televisioni e giornali a questa rapina. Non si è udita una parola della vedova, la quale in fondo è colei che lo conosceva meglio. In compenso pretendono di parlare per Calipari colei che gli deve tutto, cioè Giuliana Sgrena, il suo compagno e i loro amici. Come fosse un fantoccio di cui essere ventriloqui, Giuliana e Pier Scolari, Gabriele Polo (direttore del Manifesto) e Oliviero Diliberto, gli fanno dire chi fossero i buoni e chi i cattivi, chi ne volesse la morte (gli americani) e chi la vita (i rapitori, definiti dalla Sgrena «non terroristi, ma resistenti»). Questo non va proprio. La libera opinione è inviolabile, ma in questo rigirio di chiacchiere c'è un imbroglio pazzesco. Certo: il terribile e duplice shock, il ratto e poi gli spari, inducono a generosità verso la collega del Manifesto. Oltretutto la Sgrena ha sofferto come ogni rapito della sindrome di Stoccolma, per cui si simpatizza coi propri sequestratori. Ma qui siamo alla rivendicazione di una specie di sindrome di Stoccolma preventiva, una complicità di giudizio su chi siano amici e nemici, una condiscendenza verso i metodi dei banditi. E gli altri poi 3; Okei, siamo in democrazia. Uno può prendere in giro la gente come crede. Ma lasciate stare Nicola Calipari, rispettatene l'intelligenza e il cuore. Ho scritto cuore non a caso. La Chiesa, che la sa lunga, usava un po' barbaramente conservare con particolare cura proprio il cuore dei santi. È la reliquia per eccellenza, è il deposito simbolico degli ideali destinato a resurrezione. Guai a chi lo voleva per i propri culti particolar i. Per metafora capita tuttora a chi ha sacrificato con purezza di cuore la vita per una causa. Tutti si alzano e dicono: sei stato bravo, quella causa è proprio la mia. Ed in tal modo ci si incorona con l'aureola del santo. Ecco, questo lavoretto è in corso. Fermiamolo. Qui ci rivolgiamo ai compagni pacifisti, e specialmente a quelli del giro del Manifesto e ai parenti di Giuliana (eccetto il fratello Ivan, misurato). Nicola ha già dato la vita per una di voi, non potete restituirla, almeno non portategli via la memoria, non rubategli gli ideali. Non strappategli l'uniforme e la bandiera per imporgli le vostre. Smettetela di truffare la gente. Rispettate i morti. Lo diciamo sapendo che c'è tra voi persino sincero trasporto (postumo) nell'apprezzare vita e opere di Calipari. Ma basta così. Fate un passo indietro. Saltate giù dalla bara. Fa impressione il modo come si è cercato di impossessarsi di quest'uomo da parte di chi lo detestava. Questa è invece una congrega che ora lo usa come una clava contro gli americani, e tra un attimo contro Berlusconi, quando se l'avessero visto passare ad esempio per Genova un paio d'anni fa, sapendo per chi lavorava (il Sismi! L'orrenda rete di spioni assassini!) e il grado che aveva, come minimo gli avrebbero tirato un estintore. Immaginiamoci la scena. Calipari si sbatte per liberare la signora Sgrena. Telefona ogni giorno al compagno di lei, Pier, per consolarlo e informarlo. Poi quest'uomo dà la vita senza se e senza ma per Giuliana. Persone leali avrebbero cercato le ragioni di questo gesto dall'interno della vita e delle scelte decisive di Calipari, arrivando persino a cambiare un po' idea. Invece no. Questi qui, lo hanno trattato da subito come il nemico buono delle favole. Il povero deficiente che non sapeva di servire la causa dell'Impero malefico. Come si fa ad avvilire così la storia di una persona? In realtà, lui ha dato la vita per Giuliana Sgrena in piena e perfetta coerenza con la missione della sua vita. È entrato nel servizio segreto pochi anni fa, dopo la strage delle Torri Gemelle, tra i massimi dirigenti di una struttura che sapeva alleata dell'America. Conosceva la linea di confine tra amici e nemici. Rispettava anche il nemico, certo, in quanto persona. Era un cristiano. Aveva la coscienza di un compito, che assolveva persino con ironia. Il fratello prete, uguale a lui senza baffi, ha spiegato che lezione possiamo trarre da questa esistenza offerta con semplicità. C'era la bara lì davanti, e don Maurizio Calipari, un po' curvo ha detto: «Solo se si è disposti a percorrere questa stessa via, le cose possono andare meglio». Traduco: «O si è come Nicola o siamo destinati soccombere». Dare la vita non in generale, ma a una persona concreta. Quando in un decimo di secondo si deve scegliere: muoio io o muore lei. Lui ha scelto: io. Da dove viene, da quale educazione, da che tempra di uomo viene questo coraggio senza cui la nostra patria svanirebbe, e la civiltà sprofonderebbe? Ecco una buona domanda. Invece la Sgrena e suoi hanno approfittato dei cento microfoni aperti per ribadire il loro supremo dogma ideologico: America cattiva, Calipari è un nostro eroe. Che vergogna. Qui vorrei abbassare un po' il tono retorico, e riferire una richiesta che confidenzialmente mi sento di fare a Nicola, dove sono certo sta. Sicuramente ha miracoli più importanti da fare. Ma uno piccolo e rognoso potrebbe sbrigarlo in fretta. Non dico convertire, ma almeno indurre a un pensoso silenzio la coppia Sgrena. Ritengo che Pier Scolari sia un caso disperato, ma non si sa mai. Quanto a Giuliana è incredibile quante balordaggini abbia consegnato agli italiani. 1) La Sgrena ha sostenuto, trasferendo i suoi pensieri ai compagni, che si è trattato di assassinio. «Agguato», in un primo momento. Poi «come un agguato». Pier è sicuro volessero ucciderla perché gli americani temevano rivelazioni da parte della cronista («me lo ha detto lei»). Qui non stiamo a evidenziare l'ovvietà che se i marines volevano davvero ammazzarla, poi non si capisce perché si siano fermati. Chiediamo semplicemente di comunicare queste scoperte. Le scriva, le tiri fuori. Siamo tutt'orecchi e tutt'occhi. Poi però Giuliana ha cambiato ipotesi. «Pier è stato frainteso. Non ho nessuna informazione riservata, magari le avessi». 2) Ha spiegato: «Non mi sono mai sentita nemica dei miei rapitori». Allora un intervistatore le ha chiesto conto di quel filmato in cui sembrava stravolta, in cui implorava di essere salvata. Risposta: «Mi hanno chiesto di drammatizzare ». Insomma, ha recitato. Però resta dell'idea che la loro causa è giusta. Altrove dice di essere stata «terrorizzata». In altri posti ancora sostiene: «Ero in una fase di grande incavolatura. Ero rabbiosa, litigavo ». Con chi ti terrorizza? Mah. Ancora: «Io ho sempre appoggiato la resistenza civile irachena. Ma in guerra posso capire si arrivi a questi eccessi ». Civile cosa vuol dire? Quella che ammazza ma non taglia le teste? C'è una differenza così grande? Di certo preferisce costoro agli americani. Infatti ai banditi crede come oro colato. Condivide persino l'idea che i marines avrebbero cercato di farla fuori: «Mi imbestialisco se sento parlare di tragico incidente. L'esito felice della trattativa - è un'ipotesi - può aver dato fastidio. Gli americani sono contro questo tipo di operazione. Per loro la guerra è guerra, la vita umana conta poco». 3) Nicola Calipari era in Iraq per consentire la pacifica convivenza laggiù, compreso il ritorno alla democrazia. Le elezioni! Secondo la Sgrena invece gli unici rappresentanti degli iracheni sono «loro», i suoi rapitori, i banditi. Molto marxisticamente il 60 per cento di chi ha votato nelle elezioni non conta un bel nulla per lei. Dipinge l'Iraq come un inferno, dove gli angeli sono "loro" e la parte dei diavoli è tutta degli americani e dei loro alleati. Lo dice esplicitamente quando spiega di non voler tornare più in Iraq. Non per il buon senso di evitare altri Nicola Calipari a rischio per salvarla, ma perché «loro» non vogliono. «Ero convinta bisognasse andare in Iraq per dare testimonianza di quanto avviene 3; Dopo quel che mi è successo ho capito che non si può fare. Loro non ci vogliono. Mi dicevano: "Non ci serve quello che fai tu"». A loro era più utile il rapimento proprio di una come lei, con le loro stesse idee. Serviva il rapimento, serviva il filmino allo scopo? Pronti, fatto. Drammatizzazione riuscita. Certo, vogliamo la verità sulla morte di Nicola Calipari. Picchiamo il pugno sul tavolo per sapere tutto. Ma intanto per favore, cara Sgrena, prendi pure in giro noi, ma lascia stare lui, il fatto che ha dato la sua vita per te non ti dà il diritto di falsificarla per la tua ideologia.