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La definizione di quest´orrore
FRANCESCO MERLO
 

  da Repubblica - 9 luglio 2005


PRIMA ancora delle condoglianze è partito dall´Italia uno schizzo ideologico. L´interpretazione dell´attentato di Londra come "anticristiano" è stata in un primo tempo attribuita dall´agenzia Ansa al Papa con tanto di virgolette e, subito, (quasi) tutti ci siamo resi conto che sarebbe stato davvero troppo acrobatico, anche per un teologo tedesco, scambiare la metropolitana londinese per un simbolo religioso, per un campanile o per un confessionale; e che, ancora peggio, sarebbe stata una maniera troppo miope e persino un po´ miserabile di condolersi.


Definizione dell´orrore
Il metrò non c´entra con la religione, ma è il luogo dove è più efficace la macellazione
Lo scontro di civiltà è uno slogan che mai dovrebbe essere farfugliato

E di fare le condoglianze "a condizione che…". Difatti nel testo integrale che il Pontefice ha inviato al cardinale inglese Murphy O´Connor quella parolona, "anticristiano", non c´era più. Forse non c´era mai stata o, più probabilmente, conoscendo la serietà istituzionale dell´agenzia Ansa, una mano intelligente e misericordiosa l´aveva eliminata, restituendo quel telegramma all´assennatezza, al buonsenso e al dolore vero.
E tuttavia la strumentalizzazione non è stata fermata, l´attentato e la strage sono rimasti "anticristiani", e la notte televisiva è stata occupata da questa nuova bizzarria teocon, da questa insensata amministrazione della realtà a partire dalle proprie fobie e dalle proprie insicurezze ideologiche, dalla voglia invincibile di armare il cristianesimo, dal desiderio di sostituirsi alle vittime, di prenderne il posto per legittimare una esangue ma verbosa aggressività cristiana, per scambiare la corona di spine con l´elmo chiodato. Tanto più che il segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano, intervistato dal Tg5, aveva – ci auguriamo ingenuamente e inconsapevolmente – alimentato l´idea delle bombe anticristiane invitando a «smetterla con lo scontro di civiltà», a dire «basta all´odio tra le civiltà», come se davvero nella Londra multietnica si fossero affrontati cristiani e musulmani, come se i treni che corrono sui binari fossero cristiani e l´esplosivo che li fa saltare fosse musulmano, come se i cinquanta morti innocenti fossero "papa boys" a un raduno di Radio Maria.
Sodano ha dato per scontato lo scontro tra le civiltà, troppo spesso ridotte da un semplicismo irresponsabile, al cristianesimo e all´islamismo, quando Huntington nel suo famoso libro ne cita 9 (la occidentale, la latinoamericana, l´africana, l´islamica, la sinica, l´indù, l´ortodossa, la buddista, la giapponese); e Arnold J. Toynbee ne conta 19 (di cui solo 5 vive e tutte le altre in sonno); e Spengler allunga la lista… Quando c´è, insomma, una serissima branca del sapere scientifico, il Declinismo, che studia la nascita e la morte delle civiltà, e dunque lo scontro delle civiltà. Quali civiltà Sodano ha invitato a deporre le armi? Chi alimenta l´odio? A chi ha detto "basta"? È forse un partito, questo del "basta", che vuole disarmare l´Occidente e al suo posto armare il cristianesimo?
Di sicuro non è una civiltà quella che mette le bombe sugli autobus. E lo scontro delle civiltà è uno slogan che mai dovrebbe essere farfugliato, anche perché già l´invito a sedarlo lo legittima. Molto meglio sarebbe qualificare le mille civiltà che viaggiano nella metropolitana di Londra – tutte e non solo quella cristiana – , e poi definire i loro becchini, cioè i terroristi che, in cambio del paradiso riservato all´umanità stragista e suicida, le vogliono distruggere a grappoli, macellare tutte insieme proprio nei luoghi in cui meglio convivono, lì dove si relativizzano, dove perdono il mistero divino per farsi umane.
L´attentato di Londra, feroce nella sua chiarezza, è tanto anticristiano quanto è antislamico, antibuddista, antiinduista, antitaoista…. È un attentato contro i propri fantasmi e le proprie ossessioni, un attentato impolitico contro tutto ciò che non è fanatismo, contro l´Islam "lussurioso" e contro il cristianesimo "secolarizzato", contro i pacifisti indù, contro la magnifica varietà che Allah ha creato e che fa di Londra la straordinaria capitale "imperiale" del futuro. I musulmani in Inghilterra sono più di 2 milioni e nella metropolitana di Londra non ci trovi un inglese neppure a pagarlo a peso d´oro. Spesso le donne alte, bionde e con gli occhi azzurri, sono circasse, e ogni mattina s´intruppano nell´underground turbanti e kefiah, barbe talibane e tuniche. Mancano solo i cammelli e le dune. La metropolitana non simboleggia nessuna religione, è stata scelta perché è il luogo dove è più efficace la macellazione, il luogo ideale per i vigliacchi che vogliono ammazzarci come topi, dove è più facile eliminare più Occidente possibile, intendendo per Occidente tutto ciò che non è fanatismo gigantesco e stupido, tutto ciò che non è guerra di civiltà. Perciò è grave che, qui in Italia, l´Occidente, sia quando si difende e sia quando è offeso, venga utilizzato come strumento di propaganda clericale e pretesto di legittimazione ideologica: per dire no alla guerra di civiltà e sì alla guerra di religioni.


SCONTRO DI CIVILTA’
Il Papa e il tabù anticristiano
di PIERLUIGI BATTISTA

dal Corriere - 9 luglio 2005

Papa Ratzinger ha comunicato qualcosa di profondamente e disperatamente vero nella sua parziale autorettifica di ieri. A poche ore dagli attentati di Londra aveva (sembra) interpretato quella follia stragista come una truce manifestazione di aggressività «anticristiana». Poi, saggiamente, ha attenuato la portata dirompente di quella prima dichiarazione con la calibrata sostituzione dell’esplicito «anticristiano» con un più vago e morbido «barbarico». Una prova di sapienza diplomatica, un gesto di prudenza, una correzione necessaria per non contribuire all’incendio dello «scontro di civiltà» tra il mondo cristiano e lo jihadismo islamista. Eppure, in quel sofferto ridimensionamento semantico dell’indignazione papale si esprime il senso della grande e paralizzante rimozione sottesa alla guerra santa scatenata dai fondamentalisti contro l’Occidente e contro l’Europa. Si leggano, per contrasto, le dichiarazioni dei leader politici bersaglio della minaccia terroristica. Parlano di attacco all’Occidente, di attacco alla modernità, alla democrazia, alla libertà, al modello di vita fondato sui diritti legalmente riconosciuti e tutelati, alla separazione tra politica e religione. Parlano di tutto, anche con espressioni altisonanti, senza che ciò appaia sconveniente, inopportuno, persino sconsiderato. Un solo attacco deve essere minimizzato e sottaciuto, quello ai valori e ai simboli della «cristianità», pur nell’accezione più larga e onnicomprensiva del termine. Dirlo, nominare il «cristiano» viene equiparato ipso facto a un’implicita istigazione a una nuova guerra di religione. Ciò che nell’Occidente, nella libertà, nella democrazia può essere ricondotto alla sua matrice «cristiana» deve essere separato dalle radici da cui pure è scaturito, sospeso in un limbo di astoricità in cui si possa fare a meno di cimentarsi con il problema cruciale all’identità. L’attacco terroristico può essere declinato e descritto in mille modi tranne uno, quello cristiano. Con una parafrasi rovesciata del motto di Benedetto Croce, il terrorismo può essere tante cose ma, per convenzione quasi unanimemente accettata, non può mai dirsi «anticristiano».
Questa sindrome omissiva è un problema che riguarda, prima ancora che la Chiesa e i credenti, l’universo mentale di ciò che resta della cultura laica. Sarebbe un giorno fortunato quello in cui laici, quelli che non credono, che non si riconoscono nella dottrina della Chiesa, che diffidano dell’integralismo religioso, che restano fedeli al principio fondamentale della separazione tra sfera politica e dettami religiosi, capissero quali conseguenze negative siano contenute in questa ossessione di raschiare via, sottrarre, azzerare, persino lessicalmente cancellare ciò che nell’Occidente libero è riconducibile a una cornice in senso lato «cristiana». Il problema non è il Papa, e l’opportunità del suo dire e apertamente commentare (che pure dovrebbe essere riconosciuto come diritto pieno e incondizionato da chiunque abbia a cuore la libertà d’espressione). Papa Ratzinger, anzi, non si è mai rappresentato come paladino dell’Occidente sin da quando, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e non ancora Benedetto XVI, esortava in un convegno organizzato dal Centro di orientamento politico a non commettere l’errore di sovrapporre cristianesimo e Occidente. «La Chiesa sostanzialmente non può riconoscersi nella categoria "Occidente". Sarebbe sbagliato storicamente, empiricamente e ideologicamente», diceva il cardinale Ratzinger. Che aggiungeva: «la Chiesa, per sua essenza, dovrebbe trascendere le culture, è quanto gli Atti degli Apostoli dicono sul giorno di Pentecoste, sulla presenza di tutte le culture conosciute e di tutte le lingue». E ancora, con parole se possibile più impegnative: «La Chiesa deve sempre di nuovo trascendere la sua definizione occidentale e estendersi realmente verso l’universalità, soprattutto trascendendo se stessa verso il divino, che è l’unica realtà che può creare una comunicazione delle culture».
Chi immagina un Ratzinger interprete della guerra santa contro l’Islam non tiene conto di queste semplici e inequivocabili parole. Anche nella dichiarazione del cardinale Angelo Sodano, in cui il Vaticano con formula prudente e addirittura sapientemente tortuosa chiede di porre fine allo «scontro di civiltà» innescato dall’islamismo fondamentalista traspare la volontà di risvegliare l’Occidente affinché riconosca uno «scontro di civiltà» già in atto (altrimenti, perché l’accorata esortazione a porvi fine?) ma senza scivolare nello stesso terreno di contrapposizione irriducibile tra le religioni. Per questo siano i laici i primi a interrogarsi: perché cancellare e annichilire persino sul piano linguistico il riferimento alla «cristianità» ferita a morte dall’offensiva jihadista? Non è questo un segnale di arretramento culturale, di asfissia mentale, di meschineria ideologica? Gli stessi radicali di Marco Pannella usavano distinguere, nella loro pugnace milizia anticlericale, tra il popolo dei «cristiani» e le gerarchie ecclesiastiche bersaglio dei loro strali. Oggi il senso stesso di questa distinzione è appannato. I laici che dicono Occidente non possono più dire «cristiano». Sono gli stessi guerrieri del fondamentalismo islamico a dichiarare ossessivamente che il loro obiettivo sono gli «ebrei» e i «crociati» da trucidare e sterminare in nome della fede. Ma i laici ritengono conveniente non vedere e confinare quelle minacce nel cielo della sovrastruttura religiosa. Eppure il terrorismo fondamentalista considera l’infedele come l’essere immondo da annientare, mentre è all’origine della predicazione cristiana di Paolo di Tarso il principio secondo cui «non c’è più né greco né giudeo, né barbaro né scita, né schiavo né libero, ma tutti siamo uno in Cristo» e «se uno è in Cristo è una nuova creatura». Non c’è bisogno di credere e di genuflettersi devotamente per riconoscere in queste parole il senso di una rivoluzione della libertà e dell’uguaglianza che ha fatto dell’Occidente ciò che è diventato e la cui identità oggi viene messa sotto «attacco» nel modo più micidiale e cruento. Un attacco che per primi i laici, non il Papa, potrebbero avere il coraggio di definire così: «anticristiano».

Pierluigi Battista