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Parla il sindaco di Roma
Veltroni "A sinistra ora basta ambiguità"
LUIGI CONTU A PAGINA 17

  da Repubblica - 3 settembre 2004


Il sindaco di Roma critica l´amministrazione americana ed elogia la coesione francese sugli ostaggi: "Da noi divisioni ideologiche"

"A sinistra serve più coraggio
contro il terrore basta ambiguità"

Veltroni:"Bush sbaglia ma non è Bin Laden"
LUIGI CONTU

«A tre anni dall´11 settembre e due dall´inizio della guerra in Iraq il terrorismo è più forte di prima» e il mondo rischia di precipitare in uno scontro di civiltà che «deve essere evitato a tutti i costi». Per farlo è necessario che l´Occidente metta in campo una strategia politica «di ampio respiro, innovativa, che si affianchi all´opzione militare, unica desolante arma utilizzata con evidente insuccesso dall´amministrazione Bush. E la sinistra deve avere la forza e il coraggio di dare il suo contributo «senza se e senza ma» alla lotta al terrore evitando dubbi e ambiguità che la riporterebbero indietro di anni, dal momento che con tutta evidenza una guerra è in atto». Walter Veltroni, sindaco di Roma e ascoltato dirigente della sinistra italiana, è preoccupato per l´accanito dibattito innescatosi in Italia sul terrorismo e sul rapporto tra occidente e Islam dopo la vicenda Baldoni, il ricatto sul velo alla Francia e le riflessioni del presidente del Senato Marcello Pera le cui opinioni hanno provocato durissime reazioni a sinistra. Ma Pera ha posto un problema di cui si può non condividere la soluzione e tuttavia tocca un nervo scoperto: i valori di democrazia e tolleranza della società occidentale sono l´obiettivo del terrorismo fondamentalista.
Veltroni, è così o no?
« Viviamo in un momento di confusione e di grande disordine, in larga parte comprensibili dato che la storia del ?900 ci ha abituato alle guerre di confine, alle guerre ideologiche. Ora dobbiamo difenderci da un nemico misterioso, privo di stati maggiori con cui trattare, che ci affronta spinto da motivazioni identitarie e religiose. Non è un conflitto tra eserciti ma tra eserciti e terroristi. Ma che di una guerra si tratti è del tutto evidente. Dopo l´11 settembre a questo scenario radicalmente nuovo abbiamo dato risposte novecentesche, di vecchio tipo».
Quella americana e degli alleati degli Stati Uniti si è rivelata invece intempestiva, inadeguata.
«Esattamente, perché deviata da un difetto di visione. Il terrorismo non si combatte soltanto con l´opzione militare per di più usandola nel modo più sbagliato e scomposto: sono andati in Iraq in cerca di armi che non hanno trovato. Era inevitabile che, rivelandosi una balla, questa motivazione avrebbe finito per delegittimare l´intervento, facendolo apparire pretestuoso. Ma c´è stata anche, direi soprattutto, una grave carenza politica. Non c´è nulla di politico in quello che gli Stati Uniti hanno fatto in questi anni. Lo dimostra la situazione in Medio Oriente che continua ad essere un punto di snodo, il focolaio della crisi di quell´area. E poi c´è l´errore di aver cercato di attribuire una connotazione ideologica all´intervento».
La difesa dell´Occidente dall´assalto dei barbari?
«A questo mi riferisco quando parlo di errore di visione. Affermare che è in corso una guerra fra civiltà incompatibili, una buona l´altra cattiva, vuol dire creare i presupposti di una guerra totale, facendola divenire inevitabile. Dobbiamo neutralizzare questa pericolosa tentazione, come ha giustamente osservato ieri il presidente Ciampi. Non abbiamo alcun interesse a schiacciare tutti gli islamici su posizioni estremiste. Ma nello stesso tempo si deve essere chiari e fermi su un principio fondamentale: dopo centinaia di anni di guerre nazionalistiche, dopo i campi di concentramento e i lager staliniani, nulla può distoglierci dalla consapevolezza, senza se e senza ma che qualsiasi religione, qualsiasi identità, non può imporsi violando i diritti umani e negando quel sistema di libertà individuali e collettive che sono l´unica accettabile forma di vita per l´umanità. Democrazia e libertà sono valori irrinunciabili»
L´intolleranza, in altri termini, non può essere tollerata: pone un limite alla comprensione.
«Quando in nome della religione non solo si ammazzano esseri innocenti, ma si pretende che da comportamento individuale essa diventi una sorta di obbligo religioso collettivo allora le cose cambiano. In nome di nessuna religione si possono violare l´integrità della persona, la libertà d´opinione, il diritto all´informazione. È l´urgenza di questo imperativo a far apparire incomprensibile la scelta di soluzioni che per un fine astrattamente giusto ricorrano a mezzi deplorevoli. Qui c´è la novità e l´originalità della contraddizione insita nell´occupazione dell´Iraq decisa, è stato proclamato, per affermare questi diritti pur sapendo che essi non possono stare sulla punta di un carro armato: i cannoni non distinguono chi uccidono e tanto meno sanno persuadere. Non dico che la forza è di per sé condannabile, ma affermo che essa deve essere soltanto al servizio di un disegno politico, condivisibile»
Questa affermazione le verrà contestata da chi considera la guerra, sempre e comunque un male che produce soltanto errori ed orrori.
« Da anni sono giunto alla conclusione, come Alex Langer o Vittorio Foa, che ci sono anche oggi dei momenti in cui le circostanze rendono necessario l´uso della forza, come è stato per porre fine ai massacri in Bosnia e nel Kossovo. Quelli furono interventi autenticamente umanitari che produssero risultati positivi perché determinati e gestiti politicamente»
Invece in Iraq la situazione continua ad essere fuori controllo.
« In Iraq e altrove: dopo tre anni il terrorismo è più minaccioso di prima in tutto il mondo. A Bagdad la situazione è difficilmente controllabile anche se dobbiamo seguire con attenzione le mosse del governo iracheno e favorire lo svolgimento delle elezioni. Ma intanto il prezzo del petrolio è raddoppiato».
Che fare per tentare di uscire da questa situazione?
«Nessuno ha soluzioni pronte. È evidente a tutti però che per uscire da questa guerra e isolare i terroristi bisogna ridurre le differenze fra paesi privilegiati e quelli che vivono nella miseria. Perfino il medagliere olimpico si è rivelato indicatore delle diseguaglianze mondiali: l´India che ha piu´ abitanti dell´intera Europa ha conquistato soltanto una medaglia d´argento. L´Africa praticamente non esiste. Anche li si vede la differenza tra la bulimia dei paesi ricchi e la morte di fame del resto dell´umanità. Perciò dico che l´Occidente ha due grandi compiti: il riequilibrio nel rapporto tra possesso e disponibilità, la riduzione delle distanze fra le aree opulente e quelle povere. Negli Stati Uniti tre persone hanno il reddito di 49 stati. Il mondo è come lo vedi quando vai a Rio o a Città del Capo: un piccolo gruppo di ricchi che vive con il filo spinato intorno alla propria casa, da cui teme di uscire: possiede una ricchezza sterile, che non fa qualità di vita. Il mondo sta diventando così: un fortino assediato da poveri che usano linguaggi e strumenti talvolta aberranti, spesso disperati».
Torniamo al dibattito che si è aperto in Italia. C´è grande differenza tra come si è reagito da noi con polemiche e divisioni e quanto è accaduto in Francia di fronte al dramma degli ostaggi.
«In Italia purtroppo si sta progressivamente disperdendo quell´elemento di coesione nazionale che dovrebbe essere connaturata a un sistema bipolare. La contrapposizione fra maggioranza e opposizione non dovrebbe mai tradursi in un conflitto fra nemici. Il dissenso può essere politico, programmatico ma non ideologico. Il bipolarismo ha bisogno di un elemento coesivo forte: il riconoscimento dei valori essenziali della democrazia e di comune destino. Quello che si chiama lo spirito nazionale. Che in Italia, purtroppo, non c´è più. È stato annullato nel corso di questi anni, soprattutto - ma non soltanto - dalla destra. La crociata contro i «comunisti», fra l´altro definendo tali tutti coloro che stanno all´opposizione, è stata devastante. La sinistra può rivendicare con orgoglio di non aver replicato con pari grossolanità dando del fascista a chi è schierato a favore del governo. Ma il veleno sparso ha finito con il bruciare quel terreno di coesione che esiste altrove e di cui tutti i cittadini sentono la mancanza. In Francia non è così. La destra e la sinistra, soprattutto nei momenti di emergenza, di fronte alle grandi tragedie, sanno sempre esprimere un forte sentimento di appartenenza alla stessa comunità. Chirac non ha mai insultato i propri avversari. Questo tempo difficile della politica italiana richiederebbe meno battute, meno aggressioni verbali. Servirebbe quella intelligenza da architetti necessaria per costruire un edificio abitabile, intendo una casa di valori condivisi da chiunque vi debba vivere»
Interessi di parte, mancanza di senso civico, rifiuto del dialogo?
«Appunto, ma indicherei fra le cause anche il diffondersi di una barbarie argomentativa priva di freni. L´ho vista di recente in alcuni articoli pubblicati dopo l´assassinio di Baldoni. Per esempio quello di Libero, che considero una delle pagine più brutte del giornalismo italiano».
E la sinistra? Non ha alcuna responsabilità?
«Al ripristino di un dialogo più civile deve contribuire per la sua parte anche la cultura della sinistra, che su questi argomenti non può avere dubbi o esprimere ambiguità, né rincorrere a slogan rozzi e fantasticherie privi di senso. L´equazione Bush-Bin Laden è una fesseria. Se la sinistra dovesse assecondare con il proprio silenzio, e non ridicolizzare, la tesi che gli americani si sarebbero fatti da soli l´11 settembre oppure che Bush e Bin Laden siano soci d´affari andrebbe verso una regressione pluridecennale. Per criticare l´America si arriva a negare perfino quanto ha scritto Riccardo Barenghi sul Manifesto, cioè che è meglio un Iraq occupato dagli Stati Uniti che un Iraq liberato a colpi di teste sgozzate. Lo dice uno che è durissimo nei confronti della politica di questa amministrazione americana, e che non da oggi sostiene un´America diversa, liberale, quella dei grandi valori. Ma per contrastare seriamente Bush bisogna essere rigorosi e fermi nella condanna del terrorismo, che minaccia tutta l´umanità e non soltanto gli interessi di un governo americano di cui non approviamo gli errori. Nulla giustifica il terrorismo. Dobbiamo combatterlo senza riserve: ogni democrazia, per quanto distorta, è sempre meglio di qualsiasi sistema autoritario».