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Theo van Gogh, un omicidio multiculturale (e rituale) “Non lo fare, pietà”. Poi la scarica di colpi, infine la lama taglia la gola del regista “come una pagnotta” “L’autore del delitto ha agito per convinzione islamica radicale”. L’Olanda ha più paure


 Terrorismo, l'Olanda tira fuori le unghie contro i fondamentalisti Dopo l'assassinio del regista Theo Van Gogh è emersa l'esistenza di una rete di terroristi. Presentato pacchetto di misure d'urgenza: saranno chiuse le Moschee che predicano la guerra santa L’AJA-BRUXELLES - L’Olanda chiude l’era del «giardino delle culture» e apre quella del rigore: per far fronte alla situazione di emergenza e di tensione delle ultime settimane, il ministro degli interni, Johan Remkes, e quello della giustizia, Piet Hein Donner, hanno presentato oggi un pacchetto di misure d’urgenza per combattere i fondamentalisti e gli islamici radicali, che prevede, tra l’altro, la chiusura delle Moschee che predicano la guerra santa (la Jihad).
Dopo lo shock dell’assassinio del regista Theo Van Gogh, ucciso il 2 novembre da un islamico radicale per i suoi virulenti attacchi contro l’Islam, il paese segue con apprensione gli sviluppi delle indagini, che mettono in luce l’esistenza di reti di estremisti e terroristi, come i due arrestati ieri a l’ Aja al termine di un assedio durato più di undici ore, nel corso del quale sono rimasti gravemente feriti due poliziotti.
Per frenare la diffusione di idee fondamentaliste, il governo de l’Aja sta creando una rete di sorveglianza delle moschee radicali, ed è intenzionato a chiudere quelle nelle quali viene predicata la guerra santa islamica e vengono invitati i musulmani a prendervi parte. Le autorità olandesi stanno studiando anche meccanismi che incoraggino la formazione di imam - i leader spirituali delle comunità islamiche - direttamente nei Paesi Bassi, per evitare l’arrivo di imam dall’estero.
Questa misura sarà accompagnata da una legge che permetterà di ritirare la nazionalità olandese alle persone in possesso di doppia nazionalità «che minacciano gli interessi vitali del paese». Un esempio di doppia cittadinanza è offerto proprio dal presunto assassino di Van Gogh, Mohammed Bouyeri, in possesso dei passaporti marocchino e olandese.
L’iniziativa mira anche a «impedire l’ingresso nel paese di persone sospettate di voler abitare in Olanda per diffondere l’ ideologia islamica radicale «. A tale scopo verrà rafforzata la vigilanza dei servizi di intelligence per raccogliere informazioni anche all’estero e per sorvegliare in maniera più efficace le persone legate in qualsiasi modo al terrorismo, ai processi di radicalizzazione o ad attività che li favoriscano.
Sul fronte delle indagini, intanto, la pista si allarga ed emergono collegamenti tra il presunto killer di Van Gogh, i due terroristi arrestati all’Aja ieri e Abdeladim Akoudad, appartenente al gruppo terrorista al bando Salafia Jihadia, accusato di essere implicato nell’attentato che il 16 maggio 2003 ha fatto 45 morti a Casablanca.
Il ministero degli interni olandese ha rivelato che Mohammed Bouyeri è collegato ad un gruppo di radicali islamici - sotto osservazione dei servizi di polizia olandese dal 2002 - che ha inviato alcuni dei suoi membri in Pakistan, ad addestrarsi per la jihad, e che ha mantenuto contatti con Akoudad, attualmente in carcere a Barcellona (Spagna).
Secondo il ministero, Bouyeri ha avuto «compiti di appoggio per l’organizzazione» dei «Musulmani estremisti ortodossi», pur non appartenendo al nucleo principale di sospetti del gruppo. L’uomo non si è mai recato in Pakistan per essere addestrato, e in linea di massimo veniva utilizzato per fornire appoggio logistico ad altri membri del gruppo.
Il nome di Akoudad emerge anche dall’inchiesta che ha preso le mosse dai due giovani di 19 e 22 anni - entrambi di nazionalità olandese - arrestati ieri al termine di un blitz delle unità antiterrorismo a l’Aja. Fonti olandesi hanno infatti confermato quanto rivelato dalla polizia spagnola, secondo la quale il nome di uno dei due compare in un documento trovato in possesso di Akoudad, mentre l’altro arrestato si è recato nell’ottobre 2003 a Barcellona per incontrarlo.
Michele Cercone

11/11/2004

In Olanda assalto al terrorismo islamico

Brusco risveglio per l’Olanda che si è trovata improvvisamente a dover fare i conti col terrorismo islamico.
Un’operazione della polizia olandese. è in corso a Amsterdam. Alcune unità sono in azione nella capitale per l'arresto di alcuni sospetti. Nell'operazione, iniziata alle 2.40 di questa notte, tre agenti sono rimasti feriti e "sono ricoverati in ospedale in gravi condizioni", in seguito alla esplosione di una granata lanciata dalle persone ricercate.
Secondo l'agenzia stampa olandese, Anp, è stato chiuso lo spazio aereo sull'Aja, quindi le forze di polizia hanno evacuato gli abitanti degli appartamenti di almeno cinque strade che circondano il teatro delle operazioni, e numerose ambulanze sono in attesa nelle vicinanze. Alcuni sospetti, ha aggiunto il procuratore capo dell'Aja, sono ancora asserragliati in un covo all'interno di un edificio.
Da alcuni giorni la situazione in Olanda è diventata esplosiva. Dopo lassassinio del regista Theo Van Gogh da parte di un terrorista islamico, si sono verificati incidenti in varie città del Paese. Nelle ultime ore sono state incendiate scuole islamiche e moscheee e la tensione tra olandesi e musulmani è diventata palpabile. Oggi arriva la notizia del blitz antiterrorismo.



10 Nov 2004
 
Olanda, folla ai funerali del regista assassinato Van Gogh

 
Oltre settecento persone fuori dal crematorio di Nieuwe Oosten (Amsterdam) e quasi duecento all'interno, vicino alla bara, hanno reso ieri l'ultimo saluto a Theo Van Gogh, 47enne regista e provocatorio giornalista ucciso il 2 novembre ad Amsterdam da un killer mandato dagli estremisti islamici. Un omicidio, quello di Van Gogh, che ha profondamente inciso sullo scenario di un'Olanda che da terra di tradizionale tolleranza e apertura multiculturale si scopre ferita, sospettosa, rabbiosa di fronte al montare dell'intolleranza religiosa. Il modo in cui è stato assassinato Theo Van Gogh ha riempito di sdegno e timore il paese.
Dopo la prima coltellata che ha sbalzato il regista dalla bici su cui viaggiava, il suo assassino (l'olandese di origine marocchina Mohammed Bouyeri) gli ha puntato la pistola. A nulla è servita l'implorazione di Van Gogh, che a mani alzate urlava "non lo fare, per pietà". Il killer ha scaricato almeno otto colpi della sua pistola sull'infedele, poi ha tirato fuori il coltello e ha proceduto a sgozzarlo di fronte ai passanti, quindi ha completato l'opera appuntando sul corpo martoriato alcuni versi del Corano

 


Da Rushdie a Pim, a un foglio coi versetti infilzato sulla pancia
Amsterdam. Ormai non ci sono più dubbi. Theo van Gogh, il regista, giornalista e polemista olandese ammazzato martedì mattina, è rimasto vittima di un assassinio rituale di matrice islamica, di un omicidio multiculturale. Il governo ha aspettato un po’ prima di ammetterlo, soprattutto per evitare una caccia allo straniero (che non c’è stata, anche se la polizia di Amsterdam è dovuta intervenire in una serie di “discussioni animate”). Ma dopo i primi accertamenti, ieri mattina alle 3, il ministro della Giustizia olandese, Piet Hein Donner, ha dichiarato che “con ogni probabilità, l’autore del delitto ha agito per convinzione islamica radicale”. Il suo collega degli Affari interni, Johan Remkes, ha aggiunto che l’assassino, un ventiseienne con passaporti olandese e marocchino, era già noto al servizio segreto AIVD. Era amico di Samir A., un diciottenne marocchino arrestato nel giugno di quest’anno con l’accusa di progettare un attacco dinamitardo alla Stazione centrale di Amsterdam. Inoltre, frequentava la famigerata moschea El Tawheed, sempre di Amsterdam. Questo luogo di culto di tendenza salafita e wahabita (corrente fondamentalista originaria dell’Arabia Saudita), dove si vendono libri nei quali ai credenti viene consigliato di buttare gli omosessuali giù dai palazzi, ha la fama di essere un fulcro di estremismo politico-religioso. L’omicida di van Gogh non figurava però sulla lista di circa 150 estremisti islamici in Olanda, per lo più marocchini e spesso molto giovani, che sono tenuti sotto controllo dalla AIVD. Vari esponenti politici hanno colto questo fatto non soltanto come motivo per criticare il servizio, ma anche per l’amara constatazione che “l’Olanda ovviamente non è pronta per il terrorismo”, come ha detto il politologo Paul Cliteur, il più noto professore del liberalismo conservatore olandese.
Che il jihad islamico nella sua manifestazione peggiore sia entrato in Olanda lo dimostrano anche le modalità con le quali si è svolto l’omicidio di van Gogh. E vale la pena di raccontare la scena, svoltasi in una normale strada di Amsterdam, anche nei dettagli più raccapriccianti, per capire con chi abbiamo a che fare.

Pochi alla manifestazione di sdegno
Quando van Gogh, già ferito e caduto dalla sua bicicletta, tenta di fuggire, inciampa e cade a cavallo tra il marciapiede e la corsia per i ciclisti. Si avvicina il suo assassino, un uomo smilzo, alto circa un metro e settanta, vestito in un abito marocchino tradizionale. Il regista alza le mani in un gesto disperato e urla: “Non lo fare! Pietà!”. L’altro invece punta la pistola e spara otto, nove colpi. Poi tira fuori dal suo abito una specie di spada con la quale comincia a tagliare la gola della vittima agonizzante “come una pagnotta”, secondo un testimone terrorizzato. E’ il rituale dello sgozzamento, praticato dalla setta degli Assassini, dai guerriglieri islamici algerini, dai terroristi in Iraq, e ora anche dai loro seguaci in Europa. Dopo i primi tagli, lascia stare e tira fuori un coltello più piccolo con il quale, pungendo, sulla pancia di van Gogh fissa un foglio con scritto su qualcosa. Il contenuto non è ancora reso pubblico, ma probabilmente si tratta di versetti del Corano, come risposta alla “blasfemia” di van Gogh, che aveva osato dipingere corpi nudi di donne con testi presi dal libro sacro. Alla fine, l’omicida si mette in fuga con la pistola in mano, ma, avendo perso tempo, sarà presto catturato, anche se soltanto dopo uno scontro a fuoco con la polizia.
L’omicidio di van Gogh si presenta come una sorta d’incrocio tra il caso Rushdie e l’assassinio di Pim Fortuyn, nel maggio 2002. Non sappiamo se il regista olandese fosse oggetto di una formale fatwa di qualche imam, ma in fondo poco importa: è stato minacciato più volte da musulmani radicali e per un breve periodo ha anche avuto la scorta. Ma mentre Rushdie, rendendosi conto del pericolo e avendo i mezzi a disposizione per una fuga perenne, è riuscito a scappare ai suoi aguzzini, van Gogh tutto sommato non credeva di essere un bersaglio (“Mi considerano più un matto di paese che un obiettivo serio”, disse con grande, e purtroppo sbagliato, senso di autoironia). In più non aveva né la possibilità né la voglia di limitare la sua libertà, girando con guardie armate. E così è finito come Fortuyn, che era anche lui senza scorta perché in fondo non se lo aspettava di essere freddato come un cane all’uscita di uno studio radiofonico.
Due attentati in 911 giorni (e c’è chi dice cabbalisticamente che quel 9/11 non è un caso) hanno cambiato profondamente il clima politico-sociale in Olanda. Nelle analisi di questo nuovo delitto si parla spesso di un inaccettabile indurimento sociale, polarizzazione politica-religiosa e perdita delle garanzie civili. “Pensavo che in questo paese ognuno potesse liberamente dire il suo. Purtroppo è stata un’illusione”, commentava ieri lo scrittore Ronald Giphart, amico di van Gogh. Rob Oudkerk, leader socialdemocratico di Amsterdam, diceva triste, usando il vecchio nome ebraico della sua città: “Questa Mokum non è più la mia Mokum”. Il mito dell’Olanda, e in particolare di Amsterdam, come luogo di tolleranza e pacifica convivenza di idee, culture ed etnie diverse, sembra definitivamente infranto. Al posto della tradizionale tranquillità, ora regna l’incertezza. “Certo che ho paura. Non c’è due senza tre!”, si sfoga Geert Wilders, parlamentare indipendente di destra, che ha criticato l’“invasione musulmana” in termini non meno forti di van Gogh. Wilders è uno dei pochissimi personaggi pubblici olandesi che gira con la scorta, ma non è convinto che sia sufficiente: “Se vogliono, ti beccano lo stesso. O (beccano) la tua famiglia”. Per quel motivo, il politologo Cliteur da qualche tempo si astiene dal fare commenti forti sull’islam.
Tra gli attentati a Fortuyn e a van Gogh c’è comunque una differenza essenziale, sostiene il parlamentare Mat Herben, il principale erede politico di Fortuyn: “L’omicidio di Pim fu un affare interno olandese, qui invece si tratta di un problema non tipicamente nazionale, ma di ampiezza mondiale: il terrorismo islamico ha trovato l’Olanda”. Con il suo pensiero, Herben interpreta grosso modo l’opinione pubblica, come si è visto dalle reazioni completamente diverse ai due omicidi politici. Nel caso di Pim, la rabbia popolare si scagliò in primo luogo contro i rappresentanti della politica tradizionale, ma ora il bersaglio è il terrorismo internazionale e, anche se ancora in misura contenuta, la comunità marocchina in Olanda, ritenuta più o meno complice. E mentre gran parte dei marocchini è perfettamente integrata, bisogna dire che altri non hanno fatto di tutto per togliersi di dosso il sospetto di connivenza. Pochi di loro hanno partecipato alla grande manifestazione di sdegno e protesta, martedì sera a Piazza Dam. E quella stessa sera, alla televisione olandese, un giovane musulmano ha sostenuto che van Gogh stesso è stato il responsabile della sua morte e che “bisogna combattere il fuoco col fuoco”. Un insegnante di un istituto tecnico di Amsterdam, frequentato per lo più da allievi marocchini, ha invece raccontato che la maggior parte di loro ha esultato alla notizia della morte di van Gogh. Ha evitato comunque di descrivere la scena in televisione per ovvi motivi di sicurezza.

“Maledettamente politically correct”
There’s something rotten in the State of Holland, quindi. Ma come reagire? Gli olandesi, che amano le soluzioni pratiche, hanno subito pensato a una serie di misure concrete: più scorte, e non soltanto a uomini politici, come è la prassi attuale; controlli e intelligence più accurati nel mondo del radicalismo musulmano; ed eventualmente un cambio dello Statuto che renda più facile la chiusura di moschee malfamate. Ma allo stesso tempo sopportano sempre meno gli ospiti che pensano di poter fare come pare a loro. E così sta finendo l’era dell’ideale multiculturale e dell’“integrazione conservando la propria identità”, che dagli anni Settanta in poi sono state alla base della politica olandese nei confronti delle minoranze etniche, culturali o religiose. Di questa tendenza si rende perfettamente interprete Hugo Borst, columnist del quotidiano nazionale Algemeen Dagblad, commentando furiosamente un episodio successo sul luogo del delitto: “Quanto siamo maledettamente politically correct in questo paese è illustrato da una testimone che ha assistito alla trasformazione di Theo da porco infedele in bacheca coranica. A un giornalista che le chiedeva l’identikit del boia, ha detto soltanto che portava un cappello e occhiali, ma non ha voluto dire che aveva anche un vestito tradizionale arabo. Non che avesse paura, no, questa sostenitrice fanatica della società multietnica non voleva stigmatizzare, nemmeno davanti al cadavere ancora tiepido di Theo…”.

 

(04/11/2004)