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Questo è troppo di VITTORIO FELTRI

LE BELVE ISLAMICHE FANNO STRAGE DI SCOLARI: CENTINAIA DI MORTI E FERITI FINISCE IN MASSACRO L'ATTACCO DEI TERRORISTI CECENI ALLA SCUOLA IN OSSEZIA. NEL COMMANDO ANCHE DIECI ARABI. I bambini. Ci mancavano i bambini. Eliminati come cose dopo essere stati trattati come cose per giorni. Il lettore sa già come è andata e non vogliamo ammorbarlo con la retorica, in questi casi utile a chi scrive per sfuggire alla sofferenza Permettete una immedesimazione nei ragazzini. Era il primo giorno di scuola. Ce lo ricordiamo tutti il primo giorno di scuola. Un giorno speciale. Da una parte ti scocciava rientrare in aula, i banchi, i maestri, l'odore dei quaderni e dell'inchiostro; quelle ore interminabili di lezioni noiose, il sollievo portato dalla campanella che segnalava la fine del tormento. Poi giù dalle scale di corsa, gomitate ai compagni per raggiungere in fretta la libertà. Dall'altra c'era il desiderio di ricominciare a celebrare il rito quotidiano dello studio. Parlare sottovoce col vicino di banco, ridacchiare per ogni stupidaggine. La riderella era contagiosa e irrefrenabile. Veniva scatenata da una qualsiasi frase cretina pronunciata da uno qualunque e non riuscivi più a trattenerla. A una certa età si ride a crepapelle per nulla e nulla ti frena. Udivi il tonfo di un libro sul pavimento e bastava: a farti morire dal ridere. Invece gli alunni della scuola russa non hanno avuto il tempo di guardarsi in faccia; altro che sbellicarsi. Si sono trovati subito dinanzi alla brutalità del mondo nuovo, il bel mondo di Al Qaeda, gli eroi del terrorismo. I quali, su commissione del dio misericordioso chiamato Allah, avevano da mesi progettato di irrompere in un istituto, di sequestrare centinaia di bambini, ucciderne un tot e segnalarsi all'opinione pubblica quali esecutori di un nobile piano mirato a riscattare l'Islam non si sa da quali umiliazioni inflittegli dall'Occidente infedele. La tribolata vicenda cecena non c'entra con questo eccidio. Tutta roba irachena o comunque araba, come risulta da messaggi intercettati dai servizi segreti in cui si annunciava l'accaduto. Annunciato per filo e per segno: faremo questo e quello, massacreremo dieci venti cento o duecento scolari, e i nemici dei musulmani capiranno chi siamo, gente che non scherza, gente dura capace di tutto. Come sempre, i campioni dell'Islam buono e giusto sono stati di parola. Hanno rispettato gli impegni e il primo giorno di scuola hanno risposto all'appello. Eccoli qua. Armi in pugno, imbottiti di esplosivo, determinati e spietati hanno preso in ostaggio una intera scolaresca. «Tutti in palestra», hanno ordinato. La palestra di norma è il sito dello svago, del gioco. Ma stavolta è il sito della tortura e della fine. I ragazzi non comprendono. Vedono uomini invasati, nervosi e bruschi cheminacciano: avanti, svelti, fuori da qui, tutti giù. Spintoni. Smanacciate. Urla. I più piccoli, e anche i più grandi, hanno occhi spalancati e tremano. Però ubbidiscono. Provare a non ubbidire. Si ammassano lungo le scale. Una fiumana di scolari e di insegnanti che cercano di tranquillizzarli, si fa per dire. Gli uni e gli altri si riversano in palestra. Mille. Mille sono tanti. Lo so il numero non conta, ma mille sono davvero tanti. Me li immagino uno accanto all'altro uniti da una paura vaga e pungente, dallo smarrimento e dalla rassegnazione. Gli ordini dei grandi vanno eseguiti. E loro, i bambini, eseguono. Trascorrono le ore, ore e ore. Il sonno, la sete, la fame, la necessità di fare pipì e quella struggente nostalgia di casa, la mamma, il babbo, la tavola apparecchiata, il lettino, i rumori familiari: la tivù, le auto che passano, un colpo di tosse, un tizio che canta. Poveri bambini strapazzati. Usati. Cenci al vento di religioni insensate e in balia di fiere incapaci di placarsi anche davanti a scolaretti ignari e senza colpe. Per quanto mi sforzi, non riesco a capire come si possa calpestare con scarponi coranici (o evangelici) i corpi esili di una terza B o di una seconda A. Come si possa sostenere lo sguardo di una bambina immobilizzata dalla bocca di un fucile. È difficile restare calmi e non tradire la civiltà in cui siamo cresciuti e diventati uomini pensando a quanto è successo in quella scuola, e tutte le scuole e tutte le palestre sono uguali e ci rammentano l'infanzia lontana e avvolta dal calore delle nostre famiglie magari miser, eppure premurose. Due giorni sono lunghi da trascorrere anche alla nostra età adulta. Figuriamoci a sette otto dieci anni, quando la vita vissuta è breve e quella da vivere appare infinita e densa di promesse eccitanti. Due giorni sono un'eternità. Qualcuno avrà rivisitato con la memoria i luoghi più cari, altri avranno ceduto alla pesantezza delle palpebre e forse sognato la libertà di correre a casa, salire le scale a due gradini ogni passo, altri avranno pianto. Quando sei piccolo, e qualche volta anche dopo, ti manca la mamma e aspetti che il babbo ti salvi. Il babbo ti toglie sempre dai guai. Ma gli alunni della scuola russa, no: soli fino agli ultimi spari, il tetto dell'edificio che crollava, le grida dei compagni, i maestri sfiniti e ammazzati. Soli con la loro paura. Si può provocare tanto dolore ai bambini? Le notizie sono contraddittorie. Si dice che a un dato momento i terroristi arabi (forse coadiuvati da alcuni ceceni, basisti e comunque bastardi, perdio che bastardi) abbiano premuto il grilletto e stecchito una decina di innocenti, buttandone all'esterno i cadaverini. I soccorritori che stazionavano dinanzi all'istituto si sono precipitati. Presi a schioppettate. Un paio crepa. Nel trambusto un gruppo di ostaggi tenta la sortita. Raffiche. C'è chi cade e chi guadagna la libertà. I bastardi allora fanno esplodere due o tre ordigni e il tetto salta. Polvere, detriti,muri che crollano. Morti. Sangue. Le vittime non si contano: 150 o 200, boh. Documenti televisivi e fotografici mostrano corpi straziati. Bambini e bambine in braccio a uomini e donne che corrono a l'impazzata. Peggio che sotto i bombardamenti. Bambini e bambine mezzi nudi, solo con le mutandine, graffiati, svenuti, mutilati, bruciati, morti, tanti morti portati in braccio da madri padri nonni e nonne disperati che corrono qua e là alla ricerca di un medico, di una lettiga, di un appiglio cui aggrapparsi per ridare la vita a chi non l'ha più. Scene mai viste nemmeno al cinema, scene che impietriscono. Sul mio tavolo sono sparpagliate dieci o dodici foto di corpicini rattrappiti. Questo è troppo. Non dovevano farlo. Non c'è ragione o torto che lo giustifichi né che lo spieghi. Si può essere incazzati con l'America, con Gesù Cristo e la Madonna, con la Coca Cola e con Bush, con tutto il mondo ma un'infamia simile non merita un ragionamento che non sia di vendetta. Ne abbiamo sopportate tante: le Torri gemelle, Nassiriya, Madrid, i decapitati, i Quattrocchi, i Baldoni, i sequestri, le bombe. Ne abbiamo digerite tante. Abbiamo digerito i pacifisti, quelli che ammirano la resistenza, quelli che aiutano i guerriglieri, quelli che pretendono il dialogo con chi ci ammazza, quelli che non è una civiltà inferiore, quelli che la democrazia non è esportabile, quelli che bisogna pregare insieme, cristiani e islamici, quelli che ci sono musulmani e musulmani, e i moderati sono di più, quelli che espongono la bandiera della pace, quelli che vanno in Iraq per approfondire il concetto. Abbiamo digerito tutto, anche gli insulti contro di noi. Adesso però è troppo. Chi ammazza i bambini al primo giorno di scuola non lo digeriamo. Dite quel che volete. Eurabia no. Non la vogliamo. Se andiamo avanti così sarà un massacro qui, lungo le strade delle nostre città, sotto le nostre finestre. Si aprirà la caccia all'arabo, all'islamico. Lo diciamo da anni e ci accusano di razzismo. Ciampi e milioni come lui sostengono: dialogare, dialogare. Dialogate, dialogate. Quando sarà una nostra scuola, di Milano o di Roma, a essere presa d'assalto, a essere uccisi saranno i nostri bambini, comincerà la caccia al musulmano. È a questo che si vuole arrivare?