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LA GESTIONE DEI SERVIZI SOCIALI: LE POLITICHE AMMINISTRATIVE DEI COMUNI

 

PAOLO FERRARIO Dirigente area case di riposo del Comune di Milano

 intervento al Convegno: Per una città solidale, Comune di Trieste 1995

 

 

Intervento n. 1: sabato 10 giugno, pomeriggio - Tavola rotonda

 

Vorrei innanzi tutto presentarmi, perché la mia posizione in questa tavola rotonda è abbastanza particolare. Innanzitutto non posso parlare come un amministratore politico, ma come una persona che ricopre una posizione amministrativa all'interno del sistema dei servizi. Attualmente sono dirigente del comune di Milano, ma  fino a tre mesi fa ero docente di politica sociale.

Sono dunque una persona che è passata dalla formazione all' amministrazione sociale e vi assicuro che il peso del passaggio da un ruolo di chi studia questi problemi a quello di chi deve poi fare quotidianamente i conti con le risorse finanziarie in questa fase di sviluppo dei servizi è davvero durissimo.

Detto questo vorrei innanzi tutto in evidenza alcuni punti che mi sembrano nodali per quanto riguarda le politiche dei Comuni. Il dato amministrativo fondamentale da cui partire, a mio avviso, consiste nel ricordare che in Italia attorno alla metà degli anni  Settanta i comuni hanno mutato la loro posizione all' interno del sistema amministrativo. Si sono trasformati da enti il cui lavoro consiste nel produrre atti amministrativi ad “enti produttori di attività di servizio”. Sono cioè diventati sistemi amministrativi il cui compito è anche quello di produrre particolarissimi prodotti, cioè i servizi sociali. E non ci si deve mai dimenticare che  i processi di lavoro necessari a produrre servizi sociali sono particolarissimi, in quanto devono garantire sia l’ imprenditorialità del servizio, sia l’equità rispetto ai destinatari.

Detto in altro modo le organizzazioni che producono servizi sono, in un certo senso, anomale all’interno del sistema della pubblica amministrazione che tradizionalmente produce “atti amministrativi” (certificati, autorizzazioni, ecc.). Un conto è produrre atti burocratici, un’altro conto è produrre invece attività di servizio.

 Il fattore più dinamico e, per certi versi sconvolgente, è dovuto al fatto che  nelle attività di servizio entrano fortemente in gioco la professionalità tecniche che si accompagnano tradizionali professionalità amministrative. I sistemi di servizio per i minori, gli anziani, gli handicappati ecc. sono sistemi ad elevato contenuto professionale. Cioè chi vi lavora non svolge solo attività a contenuto burocratico amministrativo.

I professionisti dei servizi sono persone che caratterizzano il proprio ruolo, la propria posizione all'interno del sistema organizzativo sulla base di compiti ad elevato contenuto tecnico - professionale. In questo senso nella pubbica amministrazione italiana vi è stato un processo di estensione dei compiti che ha investito in particolar modo i comuni ed i servizi sociali.

 

 e naturalmente questo processo di estensione che c'è stato di compiti e di servizi sociali dopo gli anni Settanta ha prodotto anche una grandissima diversificazione delle figure professionali. Mi riferisco, ad esempio, al consolidamento della figura dello psicologo, alla diversa collocazione professionale della figura dell'assistente sociale, alla ridefinizione dei ruoli degli infermieri professionali, alla ridefinizione dei ruoli di figure cardine, in taluni servizi, come sono gli ausiliari socioassistenziali per i servizi domiciliari, cioè figure con contenuto professionale. Questo a mio avviso è un elemento che incide tantissimo all'interno dei sistemi organizzativi di servizio perché c'è stata, e detta in altro modo, un processo di ampliamento dei compiti di produzione di servizi che si è accompagnato ad un incremento dei bisogni, ad una diversa strutturazione della fascia dei bisogni - poi su questo dirò anche qualcosa, che effetti hanno sui sistemi di servizio - e contemporaneamente c'è stata una fortissima immissione di professionisti all'interno di queste organizzazioni. Questo fa sì che le organizzazioni di servizio qualunque esse siano sono caratterizzate da una quantità di relazioni di natura professionale intrinseca alla produzione, al prodotto sanitario a elevatissima complessità e talvolta non governabili con strumenti meramente di tipo amministrativo, perché il contenuto professionale va oltre il vincolo, diciamo così, del compito che è invece l'elemento che caratterizza l'attività amministrativa. Cosa voglio dire, voglio dire che la collocazione di sistemi di servizio all'interno della pubblica amministrazione fa sì che dentro nella pubblica amministrazione ci sono poi organizzazioni un po' particolari e faccio alcuni esempi. Io coordino, ho questo lavoro di coordinamento di quattro case di riposo, il comune di Milano gestisce direttamente quattro case di riposo; meglio quattro residenze sanitarie assistenziali, cioè riconosciute come tali. La tipologia residenza sanitaria assistenziale a prevalenza utenza di persone anziane in situazione di non autosufficienza. Quindi strutture all'interno delle quali occorre prevedere nel corpo professionale appunto anche figure di tipo sanitario. Ebbene, qual è la differenza ... faccio solo un ragionamento di funzionamento, tra una casa di riposo - Rsa appunto a Milano sono quattro - e ad esempio un Centro diurno? La differenza è questa: una casa di riposo deve funzionare 24 ore al giorno, sette giorni su sette e 365 giorni all'anno. La composizione organizzativa di questo sistema di risposta è necessariamente una tipologia organizzativa diversissima da importantissimi centri che invece hanno, come dire, un processo lavorativo che si sviluppa nell'arco della mattinata e del pomeriggio, diciamo, 9.00-16.30, 9.00-17.00. Questa è una brevissima caratteristica che produce quella che io chiamo una differenziazione dell'unità organizzativa; questo è il punto vero secondo me. Anche qui voglio entrare nel merito mettendo in evidenza il versante che adesso, come dire, riconosco ma legandolo ad altri. Nelle Rsa del comune di Milano noi abbiamo, attenzione bene all'elenco: personale dipendente, cioè personale in ruolo nel comune di Milano e quindi inquadrato con un rapporto di lavoro dipendente; liberi professionisti ad incarico professionale; medici con una convenzione sanitaria che viene applicata alla casa di riposo; e convenzioni mediante il sistema di affidamento di un rilevantissimo numero di ore per ausiliari socioassistenziali, infermieri professionali, riabilitatori fatti dalle cooperative. L'organizzazione di queste unità organizzative è fatta di quattro pezzi di lavoro sociale che corrispondono a logiche diversissime sotto il profilo delle appartenenze. Quindi cosa vuole dire questo, vuole dire che c'è una specificità dei sistemi di servizio che fa fatica a ricollocarsi all'interno di questi sistemi, di questi apparati organizzativi. La rete di servizi del comune di Milano, due cose, è una rete piuttosto estesa nel senso che esiste una rete di 25 servizi di assistenza domiciliare per anziani; una rete di 30 centri socioeducativi diurni per portatori di handicap di cui 20 a gestione diretta e 10 dati in un sistema, appunto, di affidamento; una rete di 20 servizi sociali materno-infantili come terminali nelle zone del bisogno sociale dei minori, e così via. Una rete quindi molto estesa strutturata come? In che modo? Lo esemplifico moltissimo. C'è un nucleo centrale che è il sistema comunale che ha la funzione, diciamo così, amministrativa; poi ci sono quelli che chiamo i terminali di funzionamento, le unità operative esterne che sono altamente periferizzate. L'analisi organizzativa ha spiegato molto bene, ormai è un dato assodato, che le organizzazioni di servizio sono organizzazioni a legame debole, cioè a dire che hanno un'ampia autonomia di auto-organizzazione. Qualsiasi sistema organizzato, anche all'interno di un sistema comune, come è quello del Comune, ha ampia autonomia auto-organizzativa e questo vuol dire che ciascuno di questi centri socioeducativi, di queste quattro case di riposo, di questi 25 CAD, hanno un riferimento organizzativo di autoriproduzione all'interno stesso, appunto a legame debole. In cui il legame con l'Amministrazione è un legame debole in cui prevale cioè il compito, il rapporto con il centro e solo un rapporto di ricerca di risorse economiche, cioè nuove risorse economiche, nuovo personale ed eventualmente nuove ore di cooperazione. Questo è, credo, una delle fatiche rilevantissime, delle tensioni che si hanno nel far funzionare queste unità organizzative. Un dato che credo possa essere utile proprio per seguire anche uno schema che questa mattina è stato fornito, credo in riferimento al comune di Trieste, è quello che io chiamo il «rapporto uno a molti», cioè ogni unità organizzativa con quanti altri sistemi organizzativi deve interagire per produrre una sua unità di prodotto. Nell'area anziani, solamente riferendo a questa, e l'area anziani, tra l'altro poi c'è anche il dato economico evidentemente, l'area anziani determina una situazione di fabbisogno tale per cui il 78% delle risorse spese sono riferite all'area anziani, il resto per le altre problematiche: area handicap, area minori. Cioè l'area anziani ha questo, come dire, gli è stata attribuita questa rilevanza quantitativa all'interno del sistema amministrativo proprio a causa di questa, come dire, problematica legata agli eventi di tipo demografico. Bene, l'area anziani, il comune di Milano, l'Amministrazione comunale e tralascio per semplificare quelli che sono i rapporti con le sei USSL o Aziende Usl che attualmente ci sono a Milano, perché poi le cose sarebbero ancora più complicate, perché la situazione è questa: un comune e sei Usl e poi un comune con questi terminali. Solo con rapporti con unità organizzative esterne del privato sociale molto differenziate, non necessariamente cooperative sociali, società a responsabilità limitata, associazioni, fondazioni, solo nell'area anziani sono 289. Quindi le unità organizzative esterne con cui il comune intrattiene rapporti nell'area anziani sono 289; 127 nell'area minori; 25 nell'area handicap per un totale di 441 unità organizzative di varia tipologia - cooperative sociali, fondazioni, e così via - con cui l'Amministrazione comunale intrattiene rapporti di tipo contrattuale di vario tipo e legame, in alcuni casi regolato da convenzioni, e questo secondo me è un nodo molto forte su cui riflettere, la qualità del rapporto, l'interazione del rapporto in che modo viene effettuato in altri casi semplicemente fatto mediante un meccanismo amministrativo di acquisto di beni specifici di ore cooperative in cui viene lasciato, come dire, il contenuto lavorativo al soggetto che vende e che naturalmente ha un rapporto di interscambio tra cliente e fornitore, sostanzialmente, all'interno di questo sistema. Quindi questo discutere in questa situazione ad elevatissima complessità organizzativa. C'erano, ci sono delle soluzioni possibili; una soluzione possibile e tutti al conoscono è stata irrisolta sul piano amministrativo ed è quella di definire qual è assetto dei servizi nelle grandi città. Ridefinizione dei servizi delle aree metropolitane, ridefinizione dei comuni metropolitani aree metropolitane che è un problema irrisolto e non definito all'interno proprio delle scelte amministrative che sono state fatte, per lo meno nella città di Milano, ma non mi sembra anche in altre città salvo Venezia, che comunque ho visto la legge regionale, ma non l'ho approfondita. Una soluzione è quella ed è irrisolta, cioè il modo in cui viene, come dire, stabilito il governo amministrativo in queste unità, in queste aree territoriali. La seconda, invece, volevo questa qui sì citarla, ed è la possibilità da parte dell'amministrazione e difficile guardare questa prima informazione di utilizzare uno strumento che è previsto nella legislazione comunale che è la creazione di gestione indiretta di queste unità organizzative. L'art. 22, credo, della legge 142 prevede la forma «gestione a mezzo di istituzioni per l'esercizio di servizi sociali» in cui, sostanzialmente, con atto previsto dallo statuto del comune e con atto del Consiglio comunale e relativo regolamento è possibile, in qualche modo, fare una separazione interna di un'area problematica e adesso dare, come dire, organizzazione e significato organizzativo. Questa è una delle possibilità, quindi l'informazione che posso dare è questa, il comune di Milano ha elaborato e approvato un regolamento delle istituzioni, cioè, a dire, proprio un atto amministrativo del Consiglio comunale che regolamenta la possibilità di creare queste distribuzioni che potrebbe concretamente voler dire definire singole - sono scelte poi tutte da fare - definire all'interno del comparto generale dell'Amministrazione comunale l'area problematica anziani, handicap, minori e a questa dare una strutturazione organizzata con una relativa autonomia favorendo questo processo di funzionamento che ha già questo tipo di caratteristiche di gestione, in qualche modo autonoma, di queste unità. Questa è una possibilità, la seconda scelta che le amministrazioni hanno e che sono possibili all'interno del quadro istituzionale è lo strumento invece della concessione a terzi. Una delle scelte su cui il comune di Milano intende fare una riflessione è la possibilità nella strutturazione di nuove residenze sanitarie assistenziali - per l'esattezza ne sono programmate tre - è quella di utilizzare lo strumento della concessione per quanto riguarda la costruzione fisica delle strutture residenziali e sperimentare la possibilità, invece, mediante il meccanismo contrattuale dell'appalto concorso di affidare totalmente la costruzione e anche la gestione a terzi soggetti  per quanto riguarda questi tipi di prodotti. Questo io credo che sia un grandissimo spazio, appunto, come suggeriva il dottor Tranquilli di progettualità, perché il meccanismo contrattuale dell'appalto concorso è un meccanismo, in qualche modo, che favorisce la pubblica amministrazione perché lascia al soggetto che fa il progetto il compito di usare l'intelligenza per costruire la progettazione. In qualche modo è un utile, come dire, è una cosa che può ... fornire un reciproco vantaggio e tuttavia pone, secondo me, un problema rilevantissimo che va tenuto conto e va governato, ma un elemento di questo tipo crea un conflitto. Ed è conflitto con le professionalità che sono interne ai sistemi amministrativi, perché non è facile ... regolare un sistema in cui esistono i quadri professionali del sistema pubblico che hanno creato propri sistemi organizzativi e proprie attività e metterli in contatto, in relazione con altri tipi di soggetti, perché il problema in questo caso ... nasce inevitabilmente una situazione di natura conflittuale. Quindi va chiarito, cioè questo è un problema che va comunque previsto anche se quella può essere la strada che può essere utilizzata. Quella cioè di una stipulazione di rapporti di interconnessione con altri soggetti sulla base di questa divisione sostanzialmente del lavoro. Io volevo fermarmi qui nel senso che mi sembravano punti che avevo un po' selezionato rispetto al dibattito di oggi. Vi ringrazio per l'ascolto.

 

 

 


 

Intervento n. 2: sabato 10 giugno, pomeriggio - Dibattito

 

Io volevo ... fornire una piccola riflessione finale su come vedo io dal mio piccolissimo osservatorio qual è un po' la domanda che poneva inizialmente il dottor Tranquilli, lo sviluppo delle politiche sociali. Lo sintetizzo in alcuni punti chiave. Secondo me nello sviluppo dei servizi alla persona ci sono state tre fasi. Una prima fase è stata una fase di estensione di allargamento delle attività e che ha coinciso sostanzialmente con i grandi fatti di mutamento della pubblica amministrazione degli anni Settanta. Questo è stato un primissimo momento di costruzione dell'impalcatura pubblica del sistema; questo ha generato quello che dicevo poco fa la creazione di unità d'offerta ad elevato contenuto professionale, che sono un elemento ... non in sintonia con il normale funzionamento della pubblica amministrazione, perché chi lavora da professionista all'interno del sistema della pubblica amministrazione ci sono dei problemi di collocazione, di ricollocazione e ciascuna professione ha le sue strategie. C'è stata poi una seconda fase che io chiamo di «regolazione» cioè in cui - gli anni Ottanta sostanzialmente - attraverso tutta una serie di norme legislative c'è stato un tentativo di mettere ordine a questa fase, diciamo così, iniziale di allargamento e mi riferisco in particolare a tutti quei momenti di natura programmatoria. In Lombardia, ad esempio, faccio un solo esempio, una riflessione aperta, la Lombardia ha un piano socioassistenziale che standardizza le unità d'offerta, cioè definisce delle caratteristiche strutturali e di gestione di ciascuna unità organizzativa, che consente di utilizzare il medesimo linguaggio anche nella denotazione delle singole unità organizzative. Oggi, e mi si è confermato in questo interessantissimo convegno cui io sono stato contentissimo di aver potuto partecipare perché ho appreso molte cose, io credo che oggi siamo in una fase di costruzione delle connessioni, cioè dei legami, di costruzione dei legami. Voglio precisare questo tipo di ragionamento e aggiungere un elemento che è stato, secondo me, messo in ombra. Mi spiace che nessuno abbia messo in evidenza qual è l'effetto dirompente che ha la nuova legislazione sulle Usl per quanto riguarda le politiche dei comuni, le politiche delle regioni. C'è un elemento di frammentazione su cui non si riflette a sufficienza in base al quale una fase storica in cui le Usl agivano come sistemi, in qualche modo, legati alle politiche comunali attualmente sono dei sistemi organizzativi a elevatissima autonomia istituzionale ed organizzativa, molto identificati sul compito, molto caratterizzati dalla definizione del bisogno secondo una particolare angolazione, per le caratteristiche organizzative che questi sistemi hanno, e come questo tipo di problema genererà ancora più difficoltà di tipo, diciamo così, comunicativo tra amministrazioni comunali, comuni e anche privato sociale. Allora in una situazione come questa, appunto, di fortissima frammentazione dei sistemi, proprio di produzione delle attività e di servizio, in questo caso qui il dialogo da sviluppare è appunto quello tra chi agisce all'interno del sistema pubblico e chi agisce con strategie proprie in connessione col sistema pubblico, è quello che io chiamo un ruolo appunto di connessione. In queste fasi, a mio avviso, i ruoli che vanno costruiti sono i ruoli di «registri», cioè di regia, perché i progetti sono caratterizzati dalla confluenza di più soggetti su obiettivi e quindi la professione da costruire è quella di chi sa, in qualche modo, agire all'interno di sistemi altamente frammentati, molto identificati ciascuno su se stesso, sul proprio compito, sul proprio pezzo di produzione e fare quella difficilissima operazione di far convergere su obiettivi comuni sistemi che hanno logiche, come si dice, autoreferenziali, molto identificati su se stessi. E' un problema di grandissima difficoltà, ma è credo il problema delle politiche sociali future quello di muoversi in un sistema altamente frammentato, perché non dimentichiamo che le Usl avranno strategie caratterizzate dagli stili direzionali di chi assume ruolo di direttore generale. La lettura dei bisogni, l'articolazione e le subarticolazioni delle Usl - mettiamo i distretti ad esempio - seguiranno logiche che corrisponderanno alle logiche di chi assume questo tipo di direzione. L'ordine del giorno, cioè la sequenza degli atti da fare, le cose che vanno fatte prima, secondo posto e dopo saranno caratterizzate da chi assume questo tipo di direzione. Questo è un problema secondo me a elevatissima complessità e che deve essere in qualche modo trattato e assunto come un problema di gestione. E' uno dei problemi che io vedo tra i più rilevanti dei prossimi anni.