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ALAN FRIEDMAN, 2002

Il paradosso continua: i fondi pensione, cioè gli
strumenti su cui lo Stato punta per raddrizzare una 
 spesa previdenziale fuori controllo, ancora non
piacciono quasi a nessuno.
La Covip (cioè l'organismo che vigila sul settore
della previdenza integrativa) ha diffuso negli
ultimi tempi dati che invitano davvero a riflettere.
Il primo riguarda la 'moria' dei fondi negoziali,
cioè quei piani pensionistici rivolti a una certa
categoria di lavoratori. Alcuni di questi, ad
esempio quello destinato ai consulenti del lavoro, 
sono stati cancellati (o meglio non autorizzati) a
causa del numero di iscritti bassissimo.
Il secondo riguarda invece i rendimenti nell'anno
passato, e conferma un dato che, seppure negativo,
non deve essere interpretato in modo fuorviante: i
fondi pensione nel 2001 hanno perso soldi, facendo
in media peggio del TFR.
Ricordo infatti che la liquidazione dei lavoratori
si rivaluta per legge più o meno in linea con
l'inflazione: gli accantonamenti del TFR hanno messo
a segno nel 2001 un rialzo del 3,2%.
I fondi pensione, invece, hanno perso: quelli di
categoria lo 0,5%, quelli aperti (cioè sottoscrivibili
da tutti) il 5,6%.
Che morale trarre da tutto ciò? E' giusto dire che il
vecchio meccanismo della liquidazione è meglio dei
fondi?
Andiamoci piano.
Cominciamo col dire che il rendimento medio dei fondi
pensione è, per l'appunto, una media. Ci sono fondi
più rischiosi (azionari) e meno rischiosi
(obbligazionari), e questi ultimi nel 2001 hanno
guadagnato. Sta al singolo lavoratore scegliere il
prodotto che più gli si adatta a livello di rischio.
Ma il punto è un altro: non si possono giudicare i
fondi pensione sulla base del rendimento in un anno
o in un biennio. Quando si parla di investimenti
pluridecennali, il confronto deve guardare più in là.
Chi affida la propria vecchiaia a un fondo azionario
non fa un salto nel buio, ma sceglie un prodotto che
ha solidissime possibilità di crescita nel lungo
periodo. E' vero che guardando il passato non si
ottiene nessuna certezza sul futuro, ma se nell'ultimo
secolo le azioni hanno sempre battuto il reddito fisso
sulle lunghe distanze qualcosa vorrà pur dire.
II punto dolente non riguarda i rendimenti, perchè
quando si investe in Borsa si accetta la legge degli
alti e bassi, ma il fatto che con fondi pensione così
striminziti e con così pochi iscritti il problema
previdenziale non si risolve. Senza contare il fatto
che i grandi fondi pensione sono attori fondamentali
per garantire la trasparenza e la democrazia dei
mercati.
Ecco perchè  bisogna schiacciare l'acceleratore sulle
riforme e convincere i lavoratori che questi strumenti
sono convenienti (non che oggi non lo siano, ma i
vantaggi fiscali sono ancora poco appariscenti e i
vincoli per chi li sottoscrive eccessivi).
Il famoso secondo pilastro, per ora, è ancora un
puntello malfermo.