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La Repubblica
31-07-05

 

Un segno per trattenere l' ultimo istante di vita
 
 

UMBERTO GALIMBERTI

 
La morte è unica e irripetibile. Per questo forse vuole un segno unico e irripetibile. Quasi un riscatto dalla vita anonima e collettiva a cui il nostro modo di vivere ogni giorno ci costringe. Anche nella sepoltura, a giudicare dalla forma che i nostri cimiteri vanno assumendo. Condomini di bare. Una a fianco all' altra e sopra l' altra, che solo la successione dei numeri riesce a individuare. Sarà per sfuggire a questo anonimato che così di frequente, sul ciglio delle strade, ci capita di vedere segni di memoria, dove fiori, ora appassiti ora rinnovati, accolgono preghiere scritte su pezzi di carta che il tempo spezza, scolora e ingiallisce, insieme a tutte quelle parole d' amore che in vita non sono mai state pronunciate per la paura di doversele un giorno rimangiare. La morte ci libera da quel giorno e rende il nostro cuore finalmente sincero. Libero anche dal cordoglio collettivo, dove non tutte le presenze sono vere, perché accanto al dolore che getta nella più insulsa insignificanza la sopravvivenza di chi resta, ci sono presenze di convenienza, condoglianze preformate nelle parole e nei gesti, abbracci muti che non sanno che dire, riti religiosi che ripetono se stessi cambiando solo il «nome proprio» in preghiere consumate che alcuni recitano perché anche in quelle circostanze qualcosa bisogna dire. Finché la sepoltura non pone fine alla recitazione collettiva, per lasciare il dolore alla sua solitudine e alla sua ideazione. E tra le ideazioni del dolore c' è quel riandare della memoria a quell' ultimo istante di vita dove l' incidente, la casualità, la sorte, hanno interrotto un' esistenza lasciando il suo senso incompiuto. E se il tempo più non ritorna, lo spazio permane, anzi il luogo, «quel» luogo, dove il ritornarvi per un fiore o per un messaggio dà l' idea della continuità di una vita resa possibile dalla ripetizione di un gesto di fedeltà. Non in un cimitero dove il corpo è sepolto e dove la morte sembra definitiva nell' anonima successione delle sepolture, ma sul ciglio di quella via, quasi per trattenere l' ultimo istante di vita, fissarlo in un cippo, riempirlo di fiori e di messaggi, perché solo la vita raccolta in quel luogo, dove per l' ultima volta c' era, sa contaminare il dolore con la consolazione, l' assurdità con l' accettazione, il gesto fugace di chi porta un fiore col senso della vita che è gesto fugace. Moriamo tutti in un letto, di casa o di ospedale, stanchi e i più fortunati sazi della vita, ma chi muore per strada interrompendo la vita raccoglie troppa simbolica e troppa verità intorno a sé. Dice a tutti che la vita è un breve cammino che casualmente incomincia e casualmente si interrompe. E in mezzo a queste due casualità c' è quella ricerca di senso senza la quale la vita è invivibile, anche se vive in vista della morte che è l' implosione di ogni senso. Qui gli antichi greci avevano colto l' essenza del tragico come condizione ineludibile dell' esistenza che le vite spezzate ben rappresentano nell' insensatezza della loro fine, senza neppure il supporto della consunzione biologica. Ed è per significare quest' essenza del tragico che le vite spezzate non possono essere sepolte in luoghi collettivi, onorati non dalla memoria, ma dalla sua ritualità. Esse chiedono una riflessione più forte che non è tanto un invito alla prudenza, quanto una presa di coscienza della precarietà dell' esistenza, quel suo esserci oggi e il non esserci più domani che, guadagnata in vita, eviterebbe quei gesti di tracotanza e sopraffazione che gli antichi greci temevano più del dolore perché, se il dolore affligge, la tracotanza e la sopraffazione mortificano e uccidono. Onoriamo allora ogni cippo di vita spezzata che incontriamo ai bordi delle nostre strade. A differenza delle tombe allineate nei cimiteri, essi non dicono solo che dobbiamo morire, ma che la vita, al di là della nostra costruzione di senso, è sempre un cammino inconcluso, un filo interrotto in quella trama innocente e crudele tessuta dall' insensatezza, che ogni vita a volte fiancheggia e nei momenti di verità conosce e assapora. Migliaia Di Croci In queste pagine, le foto di alcuni degli "altarini" incontrati dal nostro inviato lungo i 700 chilometri di strada percorsi per l' inchiesta. In Italia ogni anno sono più di seimila, circa 17 al giorno, le persone che perdono la vita in incidenti stradali La maggior parte delle vittime ha un' età compresa fra i 21 ed i 29 anni