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IL CASO
La voglia d´ordine nella città rossa
EDMONDO BERSELLI
 

  da Repubblica - 25 ottobre 2005


bologna - Ieri a Bologna è avvenuta una rottura politica seria, dentro una città che in linea di tendenza, con tutte le prudenze possibili a sinistra, sembra approvare la politica di Sergio Cofferati di repressione dell´illegalità. Rifondazione comunista, collettivi no global, spezzoni dell´area del Settantasette hanno fatto ciò che avevano minacciato.
SEGUE A PAGINA 9


IL CASO
Il "rigorismo civico" di matrice Pci si rispecchia in Cofferati, il mondo cattolico manifesta disagio
La nemesi di un giacobino che punta sulla voglia d´ordine

La borghesia rossa col sindaco. Dubbi dei prodiani
Il sociologo: insicurezza urbana in crescita. E la tolleranza zero fa breccia anche nei ceti popolari
L´ex leader Cgil: "La destra vota il mio odg? Voglio vedere... Non sanno ancora cosa ci sarà scritto dentro"
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
edmondo berselli

alzando il tiro sul sindaco, fino a giungere allo scontro fisico con la polizia sotto il palazzo comunale. Malumori e dissensi serpeggiano anche dentro i Ds. I cattolici della Margherita obiettano. Può darsi davvero che lo scontro bolognese seguito agli sgomberi dei clandestini romeni sul Reno rappresenti la prova generale dei problemi che il prossimo ed eventuale governo dell´Unione sperimenterà nei rapporti fra riformisti e oltranzisti.
Nemesi amara, intanto, per il leader che aveva in pugno l´Italia dei movimenti, i tre milioni in piazza. Adesso il sindaco della "reconquista" rimane ancorato ostinatamente al principio della legalità, mentre l´estrema sinistra invoca la tolleranza. Solo che Cofferati non è Prodi, conosce ma non pratica la carità democristiana: è radicale, puntiglioso, convinto. Se l´illegalità è un problema, il problema va risolto. Tanto più che a dispetto di Rifondazione e dei movimenti, a Bologna si respira voglia di ordine. Abbinata semmai alla parola più citata in questi giorni, «l´inclusione». E dunque, nel suo ufficio in comune, del tutto ignaro che nel pomeriggio il cortile del municipio diventerà un campo di battaglia, il Cinese distingue, precisa, corregge.
Non è vero, dice, che lui è il braccio violento della legalità. Ogni caso è un caso a sé: qualche mese fa, gli sgomberi nella periferia di via Roveretolo, eseguiti dopo un´ordinanza della magistratura, intendevano colpire l´abusivismo intrecciato con la delinquenza, contrabbando d´oro e traffico di droga. Le iniziative contro i lavavetri sono state sollecitate da un intervento dell´opposizione, «a cui ho risposto tenendo un profilo bassissimo, dicendo che avrei invitato i vigili a controllare: ma è evidente che il problema non sono i lavavetri, sono il racket che li sfrutta». Quanto agli squatter che occupano le case popolari, è vero o non è vero che negano l´abitazione a gente bisognosa, che ne ha diritto?
E le cento baracche abbattute con la ruspa nel Lungo Reno, l´operazione che ha fatto esplodere la vicenda bolognese? Sono arrivate le proteste di Bertinotti, che ha definito «sconcertanti» le iniziative del sindaco, mentre il vicesindaco Adriana Scaramuzzino, delega ai servizi sociali, «all´oscuro di tutto», ha parlato a denti stretti di scarsa collegialità della giunta. Cofferati sostiene che si è voluta colpire una situazione pericolosa per i residenti (dato che le baracche erano costruite sul greto del fiume), ma anche una realtà permeata dal lavoro nero, con la presenza di un caporalato nel settore edile che sfrutta la manodopera in nero.
E tuttavia il mondo cattolico si contorce nella sofferenza. Lo storico Alberto Melloni, una delle colonne della Domus dossettiana, l´Istituto per le Scienze religiose, sospira: «Fare il sindaco è un mestiere difficile e il noviziato non dura né un giorno né un anno. Bisogna anche imparare a unire legalità e umanità». La città avverte i sintomi di un degrado che genera insicurezza diffusa, con l´illegalità che fa da detonatore del disagio. Il sociologo Fausto Anderlini, direttore del Centro demoscopico metropolitano (che realizza 30 mila interviste l´anno sui temi di rilievo civico), parla di una condizione urbana in cui l´insicurezza è intensificata dall´incertezza economica, un circolo vizioso che spiegherebbe il sostanziale favore che l´azione di Cofferati riscuote anche nei ceti popolari.
In ogni caso, la tolleranza zero del sindaco non ottiene soltanto il conforto di uno specialista della criminalità diffusa come Marzio Barbagli, ma anche il plauso più generico della buona borghesia, il "generone" bolognese: «La Bologna moderata guarda con favore all´azione del sindaco», dice il libraio Romano Montroni, reduce da un fast walking sulla collina: «Imprenditori, borghesia professionale, ceti commerciali sono tutti favorevoli. Se si votasse adesso Cofferati pescherebbe anche nell´area del centro casiniano». E a sua volta Gabriella Berardi, amica del giro prodiano, una delle "dominae" delle serate bolognesi, rare feste esclusive nella sua casa sui viali, non esita a esprimere soddisfazione: «Finalmente. Cofferati è un uomo intelligente, ha individuato un problema sentito dalla città. Adesso vediamo se è capace di gestire queste situazioni con capacità manageriali. Prima si giudicava un´intenzione, o un´ideologia; adesso giudichiamo i fatti».
Non tutti sono così convinti: «C´era bisogno di andare a cercare consenso a destra?», si chiede Piergiorgio Corbetta, uno studioso dell´Istituto Cattaneo, e la risposta è no. «Il sindaco è stato eletto con una quota di voti molto ampia, non si vede la necessità di allargarla fuori dall´alveo naturale del centrosinistra».
Ma la realtà è che la Bologna profonda, di cui fa parte anche quella collettività modellata dal rigorismo del Pci, dove «se gettavi a terra un pezzo di carta c´era subito un ex partigiano che ti rimproverava, "ragazzo, questa è casa nostra"», vede con implicita soddisfazione la severità operativa di Cofferati. Magari ha da obiettare sul metodo, perché la "ruspa democratica" che abbatte le baracche, con gli adulti che fuggono, le madri che urlano e i bambini che piangono, fa una certa impressione. Ma anche figure molto esposte a sinistra, come Annamaria Tagliavini, direttore della Biblioteca delle donne, «parlando a titolo personale, perché nel mondo femminile le posizioni sono molto articolate», giungono alla conclusione che «non possiamo non dirci cofferatiani: a sinistra la legalità deve essere un valore».
Appena però si torna nell´area della politica professionale, il tasso analitico aumenta. Dal circuito prodiano affiora il monito di Arturo Parisi: «Assieme a Cofferati dobbiamo trovare la sintesi tra la solidarietà e la legalità. Nella consapevolezza che la legalità è un mezzo, e la solidarietà è un fine». Traduce Giulio Santagata, l´uomo del Tir giallo del Professore: «La Bologna profonda in realtà è convinta che basti la risposta tradizionale, buona amministrazione e servizi. Ma non è più così, e Cofferati lo dimostra con i suoi interventi. Ci vuole qualcosa in più e di diverso. Ma nemmeno il law & order da solo funziona, perché gli esclusi sono troppi. Ci vuole una ridefinizione del welfare, cioè una politica complessiva».
«Certo, legalità e solidarietà devono andare insieme», riconosce Cofferati. «In campagna elettorale avevo parlato di una città "solidale e affettuosa", e mi hanno preso in giro. Ma senza la legalità sono tutte parole vuote». Intanto però "l´altra Bologna", la Bologna di destra, che in consiglio comunale significa An e Forza Italia, ha annunciato che dopo il 2 novembre, quando il sindaco presenterà alla giunta il suo ordine del giorno sulla sicurezza, voterà a favore. Si rimescolano le parti? Cofferati sogghigna: «Hanno annunciato il voto favorevole senza sapere il contenuto».
Passano poche ore, e il precario armistizio in vigore da qualche mese fra il sindaco e la sinistra antagonista, che per l´esasperazione verso «il monarca» aveva sbottato «meglio Guazzaloca», si trasforma in scontro aperto. A occhio e croce, non è un episodio. E neppure una somma di malintesi. Nella confusione di un pomeriggio incattivito, sembra esaurirsi il tentativo di far convivere il riformismo e la sinistra alternativa. E adesso bisognerà vedere se Cofferati avrà voglia di identificarsi, e di essere identificato, con quella Bologna democratica e antifascista, ma anche mugugnona e conservatrice, che lo applaude non per le sue doti di giacobino, ma perché pensa che assomigli a un Guazzaloca di sinistra.