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GIOVEDÌ, 27 OTTOBRE 2005
 
Pagina 33 - Cronaca
 
Pietro De Negri scarcerato con due anni di anticipo: nell´88 massacrò Giancarlo Ricci. Disse: mi insultava, non sono pentito
 
LA LEGGE
 
Torturò e uccise, libero il "canaro"
 
Roma, la rabbia del padre della vittima: "Sono furioso"
 
 
 
Il difensore: "Non gli è stato regalato niente, ha pagato per quello che ha fatto"
 
MARINO BISSO

MASSIMO LUGLI
ROMA - Era un detenuto modello, lo scrivano del braccio C14, quello che aiutava, con le istanze e la burocrazia, i malati di Aids e gli extracomunitari. Quasi diciassette anni di galera senza un problema, sempre puntuale a rientrare dai permessi premio passati con la moglie e la figlia. Eppure Pietro De Negri, 48 anni, è stato il protagonista di una delle storie più truci degli annuari della cronaca nera, un racconto dell´orrore intitolato col soprannome che gli avevano affibbiato alla Magliana: "er Canaro".
Torna libero con due anni di anticipo l´assassino di Giancarlo Ricci, 27 anni, ex pugile dilettante e piccolo boss di quartiere seviziato, mutilato, evirato, torturato con le tronchesi e col fuoco per oltre sette ore in un negozio di toilette per cani di via della Magliana 253. Un fattaccio di cronaca degno della penna di Thomas Harris. La scarcerazione definitiva è stata decisa il 4 ottobre scorso dal tribunale di sorveglianza presieduto da Pietro Canevelli Negri, sulla base di una relazione del giudice a latere, Cappelli. «Non gli è stato regalato niente, ha pagato per quello che ha fatto» commenta il difensore che chiede l´anonimato. De Negri è tornato dalla moglie Paola Mannino e dalla figlia che oggi ha 24 anni, è stato affidato ai servizi sociali e lavorerà come inserviente in uno studio legale. La vigilanza speciale gli impone orari e norme severe: a casa dalle 21 alle 7 del mattino, nessuna frequentazione con pregiudicati o "osterie" (la legge dice ancora così) e il divieto di lasciare Roma senza autorizzazione, pena un immediato ritorno dietro le sbarre. De Negri non è più neanche l´ombra dell´uomo che fece avere ai giudici della corte d´Assise un memoriale di questo tono: «Non sono pentito, se rinasco lo faccio un´altra volta». «Siamo furenti, non abbiamo mai ottenuto giustizia» sbotta Alessandro Ricci, il papà della vittima.
Era il 18 febbraio del 1988 quando, in una discarica di via Cruciani Alibrandi, al Portuense, un allevatore di cavalli scoprì qualcosa che assomigliava a un cadavere e che finiva lentamente di bruciare. La vittima fu identificata per Giancarlo Ricci, un tipo violento, un prepotente che spesso risolveva le questioni a cazzotti e che si era fatto parecchi nemici. Accecato, evirato, le orecchie tagliate, il cranio sfondato a martellate: «Questo ha fatto uno sgarro a una gang di spacciatori e glie l´hanno fatta pagare» ipotizzarono gli investigatori.
Sbagliavano. Due giorni dopo fu arrestato un tizio mingherlino, il tosacani di via della Magliana 253, che aveva confessato una rapina a uno spacciatore di coca assieme alla vittima. Una notte in questura, il racconto non regge e De Negri crolla: «Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell´infame». Vittima e carnefice, l´ex pugile e il tosacani, fino a quando i ruoli si invertono nel modo più atroce. «Mi insultava, mi sfotteva, m´aveva rubato la radio della macchina e per ridarmela m´aveva scucito 200 sacchi. Ma la cosa che m´ha fatto uscire di testa è stata quando ha preso a calci il mio cane, che c´entrava lui?». La trappola è organizzata con cura: una rapina a uno spacciatore di coca. De Negri convince Ricci a nascondersi in una gabbia di cani in attesa del pusher, poi lo ammanetta con due guinzagli. Comincia il massacro: "er Canaro" imbottito di cocaina sfregia l´ex pugile, gli amputa le dita e i genitali, lo fa rinvenire, cauterizza le ferite con la benzina. Si interrompe per andare a prendere la figlia a scuola poi si precipita al negozio e ricomincia. Fino alla fine.
Arrestato il 21 febbraio 88, De Negri tornò in libertà per un breve periodo il 12 maggio dell´anno successivo: infermo di mente e non pericoloso socialmente, almeno secondo i giudici. Poi il nuovo arresto e la sentenza definitiva: 24 anni. Tra sconti e permessi sarebbe uscito nel 2008, ma il tribunale ha anticipato la data. Prima di andarsene, "er Canaro" ha salutato i compagni di cella: «Buona fortuna, ci vediamo fuori».