Torna a Politiche/articoli

Torna a Governo Berlusconi


LA FAMIGLIA MARONI È RIMASTA SOLA

Livia Turco, in l'Unità 4 gennaio 2002

Bossi sta preparando la legge della svolta. La famiglia deve tornare ad essere al centro della società. Nel 2002 ci sarà massima attenzione per il sociale». È questo il solenne annuncio che il ministro Maroni lancia sulle pagine della Padania. Anticipando che questa legge per la famiglia dovrebbe incentivare le nascite e prevedere sostegni solo alle coppie sposate.

Non è possibile prendere sul serio questo annuncio. Intanto perché esso proviene da ministri di un governo che con la Finanziaria 2002 ha sottratto risorse alle famiglie italiane: attraverso le politiche fiscali, i vincoli imposti agli enti locali, la riduzione degli interventi previsti dal Fondo nazionale per le politiche sociali. Ma, soprattutto perché il ministro del welfare on. Maroni in questi mesi ha cancellato le politiche sociali e familiari dall'agenda del governo.

Lo ha fatto attraverso il silenzio ed il nulla, abbandonando leggi cruciali per le famiglie che erano state varate dal centrosinistra come quella che aiu­ta le mamme e i papa che lavorano (legge sui congedi parentali 53/2000) e la legge quadro «disposizioni per un sistema integrato di interventi e servi­zi sociali», la legge 328/2000. Quest'ul­tima, conquistata dopo 20 anni di lot­te, è stata tenacemente voluta dal vo­lontariato, dai sindacati, dai pensiona­ti, dagli operatori sociali, dalle associa­zioni delle persone disabili, dagli enti locali. Essa sostituisce la legge Crispi del 1890. La legge quadro sulle politi­che sociali - che mette al centro i dirit­ti della persona e delle famiglie - segna il passaggio dall'assistenza ai diritti so­ciali, prevedendo la realizzazione su tutto il territorio nazionale di uno standard essenziale omogeneo di servi­zi e prestazioni sociali. Concretamen­te questo significa che in ogni comune di ogni angolo d'Italia deve essere ga­rantito un determinato livello di servi­zi: per le famiglie, per i bambini, per gli anziani, per le persone disabili, per chi è in condizioni di povertà. Una rivoluzione se si pensa che in tante parti d'Italia mancano i servizi mini­mi e gli assistenti sociali mentre gli interventi contro la povertà, a soste­gno delle persone disabili erano affida­ti al buon cuore (e alle risorse) dei sindaci e degli amministratori locali. La legge 328/2000, inoltre, riconosce il ruolo peculiare che la famiglia ricopre nella formazione e nella crescita delle persone e prevede un'ampia gamma di interventi a sostegno delle responsa­bilità familiari. L'Ulivo, insieme a que­sta legge, lasciò in eredità ben 3.500 miliardi nel Fondo nazionale per le politiche sociali. Il ministro Maroni si era impegnato, al momento del suo insediamento, a proseguirne l'applica­zione. Così non è stato. Vediamo ciò che doveva fare e ciò che ha fatto, punto per punto. A) Risorse: non solo non sono aumentate ma sono stati de­curtati 200 miliardi nella Finanziaria 2002 a favore delle Fondazioni banca­rie; b) Politiche per le famiglie: nulla;

e) Politiche per l'infanzia: nulla; d) Politiche per le persone disabili: nulla;

e) Politiche per le persone anziane non autosufficienti: nulla; f) Carta dei servizi sociali: nulla; g) Riordino delle professioni sociali: nulla. Il segnale più allarmante riguarda gli interventi contro la povertà. La legge 328/2000 prevede che dopo una fase di speri­mentazione sia istituito il Reddito Mi­nimo di inserimento che è una misura di assistenza «attiva» rivolta alle perso­ne in condizioni di povertà. Ebbene, non solo sono stati erogati in ritardo ai Comuni le risorse stanziate dalle finanziarie dell'Ulivo, non solo sono stati respinti gli emendamenti presen­tati dal centrosinistra durante il dibat­tito sulla legge finanziaria che ne am­pliavano la sperimentazione ma la Commissione nazionale contro la po­vertà, che ha fornito indicazioni pre­ziose nel corso di tanti anni, è stata costretta a dimettersi e tutto lascia pre­vedere che, nonostante i risultati posi­tivi conseguiti, il RMI verrà abbandona­to. Questo mentre abbonda la retorica sui nuovi poveri. Se il ministro Maroni avesse letto l'ultimo Rapporto della commissione povertà avrebbe tratto un'indicazione molto utile per gli in­tenti che si prefigge a favore delle fami­glie: l'Italia, dopo l'Inghilterra, è il paese in cui c'è il più elevato tasso di povertà minorile. Non a caso l'Ulivo aveva investito molto sui diritti dell'in­fanzia (legge 285/97) e sul sostegno alla maternità e paternità a partire dal­la conciliazione tra il tempo di lavoro ed il tempo della cura delle persone. Altroché il lavoro individualizzato cioè precario proposto nella Legge de­lega sulla riforma del mercato del lavo­ro. Denunciamo dunque in modo pre­occupato il vuoto e il nulla del gover­no Berlusconi in merito alle politiche sociali e familiari. Ci impegniamo a colmarlo: rilanciando nel paese la mo­bilitazione per l'applicazione di leggi importanti; presentando nei prossimi mesi una proposta coerente per con­trastare la povertà, sostenere le perso­ne non autosufficienti, aiutare le fami­glie nella cura e nella crescita dei figli. Consapevoli che non si può sostenere le famiglie con lo Stato sociale mini­mo e residuale. Così si tornerebbe al vecchio «familismo amorale». Sfidia­mo il centrodestra ad avere il coraggio di dire a tutte le donne e agli uomini di questo paese che per loro assegni di maternità e di asili nido valgono solo per i figli di coppie sposate.