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LEGGE REGIONALE N. 41 DEL 24-02-2005
REGIONE TOSCANA

Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale.

Fonte: BOLLETTINO UFFICIALE DELLA REGIONE TOSCANA
N. 19
del 7 marzo 2005

Il Consiglio regionale ha approvato


Il Presidente della Giunta promulga

la seguente legge:
 

 

 


 

TITOLO I
Disposizioni generali

CAPO I
Principi generali del sistema integrato di interventi e servizi sociali

 

ARTICOLO 1

Oggetto e finalità

1.	La Regione Toscana, con la presente legge, disciplina il sistema integrato 
di interventi e servizi sociali, di seguito denominato sistema integrato, volto a 
promuovere e garantire i diritti di cittadinanza sociale, la qualità della vita, 
l’autonomia individuale, le pari opportunità, la non discriminazione, la 
coesione sociale, l’eliminazione e la riduzione delle condizioni di disagio e 
di esclusione.
2.	Per interventi e servizi sociali si intendono tutte le attività relative alla 
predisposizione ed alla erogazione di servizi, gratuiti e parzialmente o 
completamente a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a 
rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona 
incontra nel corso della vita, escluse quelle assicurate dal sistema 
previdenziale e da quello sanitario, nonché le funzioni assicurate in sede di 
amministrazione della giustizia.
 

ARTICOLO 2

Il sistema integrato di interventi e servizi sociali

1.	Il sistema integrato:
a)	ha carattere di universalità;
b)	promuove l’attuazione dei diritti di cittadinanza sociale e delle 
responsabilità dei soggetti istituzionali e sociali per la costruzione di una 
comunità solidale;
c)	promuove l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà sociale, 
favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli o associati;
d)	valorizza l’autonomia delle comunità locali, tutelando i comuni minori, i 
territori montani ed insulari.
2.	La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato, in 
conformità con i livelli essenziali delle prestazioni sociali definiti dallo Stato, 
compete alla Regione ed agli enti locali.
3.	La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, 
riconoscono e agevolano il ruolo che il volontariato, gli organismi della 
cooperazione sociale, le associazioni e gli altri soggetti privati senza scopo 
di lucro, operanti nel settore, svolgono nella organizzazione e nella gestione 
del sistema integrato.
4.	Al perseguimento delle finalità del sistema integrato concorrono anche 
altri soggetti pubblici o privati.

 

ARTICOLO 3

Principi del sistema integrato

1.	Il sistema integrato si realizza secondo i seguenti principi:
a)	rispetto della libertà e dignità della persona;
b)	garanzia dell'uguaglianza, delle pari opportunità rispetto a condizioni 
sociali e stati di bisogno differenti, valorizzazione della differenza di genere;
c)	valorizzazione delle capacità e delle risorse della persona;
d)	perseguimento della possibilità di scelta tra le prestazioni erogabili;
e)	adeguatezza, appropriatezza e personalizzazione degli interventi;
f)	prevenzione e rimozione delle condizioni di disagio sociale;
g)	sostegno all’autonomia delle persone disabili e non autosufficienti;
h)	valorizzazione e sostegno del ruolo peculiare delle famiglie quali luoghi 
privilegiati per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;
i)	partecipazione attiva dei cittadini singoli o associati, nell’ambito dei 
principi di solidarietà e di auto-organizzazione;
j)	sviluppo e qualificazione degli interventi e dei servizi e valorizzazione 
delle professioni sociali.
2.	Il sistema integrato si realizza attraverso i seguenti metodi:
a)	coordinamento ed integrazione tra i servizi sociali ed i servizi sanitari al 
fine di assicurare una risposta unitaria alle esigenze di salute della persona, 
indipendentemente dal soggetto gestore;
b)	integrazione con le politiche abitative, dei trasporti, dell’educazione, 
dell’istruzione, della formazione professionale e del lavoro, culturali, 
ambientali ed urbanistiche, dello sport e del tempo libero, della ricerca, 
nonché con tutti gli altri interventi finalizzati al benessere della persona ed 
alla prevenzione delle condizioni di disagio sociale;
c)	cooperazione tra i diversi livelli istituzionali ed i soggetti pubblici e privati, 
inclusi quelli del terzo settore di cui all’articolo 17;
d)	concertazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi e le organizzazioni 
sindacali, le categorie economiche, le associazioni degli utenti e dei 
consumatori.
3.	La Regione e gli enti locali attivano specifiche procedure di concertazione 
finalizzate alla ricerca di convergenze per la individuazione e la 
determinazione degli obiettivi e dei contenuti degli atti attuativi previsti dalla 
presente legge.

 

ARTICOLO 4

Livelli essenziali delle prestazioni sociali

1.	Il sistema integrato assicura l’erogazione dei livelli essenziali delle 
prestazioni sociali previsti dallo Stato ai sensi dell’articolo 117, comma 
secondo, lettera m) della Costituzione, così come definiti dall’articolo 22 
della legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del 
sistema integrato di interventi e servizi sociali).
2.	Il piano integrato sociale regionale di cui all’articolo 27 definisce, sulla 
base del fabbisogno rilevato:
a)	le caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi e degli interventi che 
costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni sociali definiti dallo Stato, 
nell’ambito delle risorse trasferite, di cui all’articolo 45, comma 1;
b)	le eventuali prestazioni aggiuntive da assicurare in modo omogeneo sul 
territorio toscano, nell’ambito delle risorse regionali.
3.	L’attuazione in ambito zonale del piano integrato sociale regionale 
avviene sulla base delle caratteristiche sociali, economiche, 
epidemiologiche e morfologiche del territorio, nel rispetto dei criteri di equità, 
efficacia ed appropriatezza, tenuto conto delle risorse finanziarie messe a 
disposizione dallo Stato, dalla Regione e dagli enti locali, nonché della 
compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni, ed é definita negli 
atti di programmazione locale di cui all’articolo 29.

 

CAPO II
Diritti di cittadinanza sociale
 

ARTICOLO 5

Diritto agli interventi e ai servizi del sistema integrato

1.	Hanno diritto ad accedere agli interventi e ai servizi del sistema integrato 
tutte le persone residenti in Toscana.
2.	Gli interventi e i servizi di cui al comma 1 sono estesi anche alle seguenti 
persone, comunque presenti nel territorio della Regione Toscana:
a)	donne straniere in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi al parto;
b)	stranieri con permesso umanitario di cui all’articolo 18 del decreto 
legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti 
la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) e 
stranieri con permesso di soggiorno di cui all’articolo 41 dello stesso decreto 
legislativo;
c)	richiedenti asilo e rifugiati, di cui al decreto legge 30 dicembre 1989, n. 
416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei 
cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed 
apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, 
dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, da ultimo modificato dalla legge 30 
luglio 2002, n. 189.
3.	I minori di qualsiasi nazionalità e comunque presenti nel territorio della 
Regione Toscana hanno diritto agli interventi e ai servizi del sistema 
integrato.
4.	Tutte le persone dimoranti nel territorio della Regione Toscana hanno 
diritto agli interventi di prima assistenza alle condizioni e con i limiti previsti 
dalle normative vigenti e secondo le procedure definite dalla 
programmazione regionale e locale.

ARTICOLO 6

Soggetti istituzionali tenuti alla erogazione delle prestazioni

1.	Per i soggetti di cui all’articolo 5, comma 1 il comune di residenza 
assicura la definizione del percorso assistenziale personalizzato di cui 
all’articolo 7, comma 2, l’erogazione delle prestazioni e sostiene gli oneri 
per l’assistenza prestata.
2.	Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso 
strutture residenziali di cui all’articolo 20, il comune nel quale essi hanno la 
residenza prima del ricovero assume gli oneri per le prestazioni erogate.
3.	Per i minori è competente il comune nel quale risiede il minore. Se il 
minore non è residente in Toscana, è competente il comune nel cui territorio 
si è manifestata la necessità d’intervento.
4.	Per le prestazioni e i servizi rivolti ai soggetti di cui all’articolo 5, commi 2 
e 4, è competente il comune nel cui territorio si è manifestata la necessità 
d’intervento.
5.	Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 47 sulla 
compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni.

 

 

ARTICOLO 7

Modalità per l’accesso al sistema integrato

1.	I comuni, singoli o associati, in raccordo con i servizi territoriali della 
zona-distretto, di cui all’articolo 64 della legge regionale 15 febbraio 2005, 
n. 15 (atti Consiglio) (Disciplina del servizio sanitario regionale), attuano 
forme di accesso unitarie ai servizi del sistema integrato, al fine di 
assicurare:
a) la presa in carico delle persone;
b)	la proposta di progetti integrati di intervento;
c)	l’erogazione delle prestazioni.
2.	I soggetti di cui all’articolo 5 accedono alle prestazioni e ai servizi sociali 
sulla base della valutazione professionale del bisogno e della conseguente 
definizione di un percorso assistenziale personalizzato.
3.	Per percorso assistenziale personalizzato si intende il complesso degli 
adempimenti finalizzati ad assicurare, in forma coordinata, integrata e 
programmata, l'accesso informato e la fruizione appropriata e condivisa 
delle prestazioni e dei servizi, in relazione ai bisogni accertati.
4.	L’assistente sociale, individuato quale responsabile del caso:
a)	effettua la valutazione professionale del bisogno;
b)	definisce il percorso assistenziale personalizzato e ne cura l’attuazione in 
termini di appropriatezza ed efficacia;
c)	assicura la gestione ed il controllo delle prestazioni erogate in relazione 
agli obiettivi.
5.	In caso di bisogni, per la cui soddisfazione sia richiesto l’apporto di più 
competenze professionali, la valutazione degli stessi e la definizione del 
percorso assistenziale personalizzato sono effettuate con il concorso di tutte 
le professionalità interessate.
6.	Accedono prioritariamente agli interventi e ai servizi erogati dal sistema 
integrato i soggetti:
a)	in condizione di povertà o con reddito limitato o situazione economica 
disagiata;
b)	con incapacità fisica o psichica, totale o parziale, di provvedere alle 
proprie esigenze;
c)	con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del 
lavoro;
d)	sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendano necessari 
interventi assistenziali.
7.	La programmazione zonale di cui all’articolo 29 indica i criteri con i quali i 
comuni disciplinano le condizioni per l’accesso agli interventi e servizi, 
anche con riferimento ai soggetti di cui al comma 6.

 

 

 

ARTICOLO 8

Diritto all’informazione e principi di comunicazione sociale

1.	I destinatari degli interventi e dei servizi del sistema integrato sono 
informati sui diritti di cittadinanza sociale, sulla disponibilità delle prestazioni 
sociali e socio-sanitarie, sui requisiti per accedervi e sulle relative 
procedure, sulle modalità di erogazione delle prestazioni nonché sulle 
possibilità di scelta tra le prestazioni stesse.
2.	In particolare, i destinatari degli interventi del sistema integrato hanno 
diritto:
a)	ad essere informati sui propri diritti in rapporto ai servizi di assistenza 
sociale;
b)	ad esprimere il consenso sul tipo di prestazione, salvo i casi previsti dalla 
legge;
c)	a partecipare alla scelta delle prestazioni, compatibilmente con le 
disponibilità esistenti nell'ambito territoriale determinato per ciascun servizio 
sociale;
d)	ad essere garantiti nella riservatezza e nella facoltà di presentare 
osservazioni ed opposizioni nei confronti dei responsabili dei servizi e dei 
procedimenti nonché ad ottenere le debite risposte motivate.
3.	Per i soggetti che presentino deficit psico-fisici e sensoriali, culturali, 
sociali, tali da ostacolare l'acquisizione di informazione sui diritti di cui ai 
commi 1 e 2, nonché sulle modalità di accesso al sistema integrato, sono 
previste forme specifiche di informazione, orientamento ed 
accompagnamento, finalizzate a rimuovere gli ostacoli alla normale 
fruizione dei servizi e degli interventi sociali ed a garantirne la piena 
accessibilità.
4.	La Regione promuove l’attivazione di punti informativi unitari da parte dei 
comuni singoli o associati in raccordo con i servizi territoriali della 
zona-distretto, aventi la finalità di fornire informazioni e orientamento ai 
cittadini sui diritti e le opportunità sociali, sui percorsi assistenziali, sui servizi 
e gli interventi del sistema integrato. Tali punti informativi svolgono la loro 
attività in raccordo con le strutture di accesso unitario ai servizi di cui 
all’articolo 7, comma 1.

 

ARTICOLO 9

Carta dei servizi sociali

1.	I soggetti pubblici e privati, che erogano prestazioni sociali e 
socio-sanitarie adottano la carta dei servizi sociali, al fine di tutelare gli utenti 
e garantire la trasparenza nell’erogazione dei servizi.
2.	La carta dei servizi sociali, esposta nei luoghi in cui avviene l’erogazione 
delle prestazioni in modo da consentirne la visione da parte degli utenti, 
contiene almeno i seguenti elementi:
a)	caratteristiche delle prestazioni, modalità di accesso, orari e tempi di 
erogazione;
b)	tariffe delle prestazioni;
c)	assetto organizzativo interno;
d)	procedure amministrative per la presa in carico e la diffusione delle 
informazioni;
e)	modalità e procedure per la presentazione di reclami da parte degli utenti 
nei confronti dei responsabili dei servizi;
f)	riferimento alle clausole contrattuali e al rispetto della normativa di cui 
all’articolo19, comma 2.
3.	Entro duecentosettanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, 
la Giunta regionale adotta uno schema generale di riferimento per la 
redazione e l’aggiornamento della carta dei servizi sociali.

 

ARTICOLO 10

Pubblica tutela

1.	La Regione sostiene i comuni e le province che mediante accordi, 
convenzioni o altri atti di collaborazione istituzionale, attivano servizi e 
interventi di supporto in favore delle persone prive in tutto o in parte di 
autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, di cui al 
libro I, titolo XII del codice civile, nonché dei soggetti ai quali sono conferite 
dall’autorità giudiziaria le funzioni di tutore, curatore o di amministratore di 
sostegno, anche in raccordo con altri enti e autorità interessate alla pubblica 
tutela.
2.	I servizi e gli interventi di cui al comma 1 attengono:
a)	alla realizzazione di azioni specifiche di prevenzione e sensibilizzazione 
sui temi dell’assistenza alle persone incapaci e alla promozione 
dell’assunzione di responsabilità tutoriali;
b)	alla verifica della appropriatezza e qualità delle prestazioni erogate alle 
persone incapaci;
c)	al supporto alle attività dei tutori, dei curatori e degli amministratori di 
sostegno, anche mediante lo svolgimento di specifiche attività formative.
3.	Nel piano integrato sociale regionale, di cui all’articolo 27, sono definiti gli 
indirizzi per la realizzazione dei servizi e degli interventi relativi alla pubblica 
tutela, al fine di garantirne l’omogeneità sul territorio regionale, e sono 
individuate le forme di sostegno della Regione a tali servizi e interventi. E’ 
data priorità alle iniziative che consentono la diffusione dei servizi e degli 
interventi sull’intero territorio della provincia.

 

TITOLO II
Il sistema integrato

CAPO I

Soggetti istituzionali
 

 

 

ARTICOLO 11

Il comune

1. I comuni esercitano le funzioni di programmazione locale del 
sistema integrato attraverso l’approvazione dei piani di ambito 
zonale di cui all’articolo 29 da parte dell’articolazione zonale 
della conferenza dei sindaci, di cui all’articolo 12, comma 4 della 
l.r.  40/2005   e concorrono alla programmazione regionale 
secondo le modalità previste dall’articolo 26.
2. I comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative 
concernenti la realizzazione della rete locale degli interventi e 
servizi sociali, nonché della gestione e dell’erogazione dei 
medesimi. Sono fatte salve le funzioni diversamente attribuite dalla 
normativa vigente.
3. In particolare i comuni sono competenti per:
a) il rilascio dell’autorizzazione e la vigilanza sulle strutture 
residenziali e semiresidenziali;
b) la definizione delle condizioni per l’accesso alle prestazioni 
erogate dal sistema integrato;
c) la determinazione eventuale di livelli di assistenza ulteriori ed 
integrativi rispetto a quelli determinati dallo Stato e dalla 
Regione.

 

ARTICOLO 12

La comunità montana

1.	La comunità montana approva il piano di zona di cui all’articolo 29 nel 
caso in cui coesistano le seguenti condizioni:
a)	vi sia totale coincidenza tra l’ambito territoriale della comunità montana e 
quello della zona-distretto;
b)	vi sia delega alla comunità montana da parte dei comuni delle funzioni 
amministrative di cui sono titolari.
2.	Al di fuori dei casi previsti dal comma 1, la comunità montana è sentita 
dall’articolazione zonale della conferenza dei sindaci prima della adozione 
del piano di zona.
3.	La Regione favorisce il coordinamento tra il piano integrato sociale 
regionale di cui all’articolo 27 e il piano di indirizzo per le montagne toscane 
approvato ai sensi della legge regionale 19 dicembre 1996, n. 95 (Disciplina 
degli interventi per lo sviluppo della montagna), da ultimo modificata dalla 
legge regionale 28 dicembre 2000, n. 82, e promuove intese ed accordi di 
ambito interregionale per le zone di confine.

 

ARTICOLO 13

La provincia

 1. Le province concorrono alla programmazione regionale e alla 
programmazione di ambito zonale e curano il coordinamento con le 
politiche settoriali di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b) e con i programmi 
locali di sviluppo di cui all’articolo 12 della legge regionale 11 agosto 1999, 
n. 49 (Norme in materia di programmazione regionale), modificata dalla 
legge regionale 15 novembre 2004, n. 61.
 2. Le province promuovono e sostengono gli interventi di preformazione, di 
formazione e di integrazione lavorativa dei soggetti disabili e delle categorie 
svantaggiate ai sensi delle disposizioni di cui alla legge regionale 26 luglio 
2002, n. 32 (Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia 
di educazione, istruzione, orientamento, formazione, professionale e lavoro) 
come modificata dalla legge regionale 1 febbraio 2005, n. 20.
 3. Le province curano la tenuta degli albi e dei registri regionali previsti 
dalla legislazione regionale in materia di volontariato, cooperazione sociale, 
associazionismo di promozione sociale, e promuovono la partecipazione 
dei soggetti interessati alla costruzione delle reti di solidarietà sociale.
 4. Le province esercitano funzioni finalizzate alla realizzazione del sistema 
regionale di osservazione, monitoraggio, analisi e previsione dei fenomeni 
sociali, nonché di diffusione delle conoscenze, sulla base di intese, accordi 
o altri atti di collaborazione istituzionale stipulati con la Regione.
 5. Le province partecipano all'articolazione zonale della conferenza dei 
sindaci per le finalità di cui al presente articolo e per garantire l'integrazione 
con la programmazione zonale anche mediante la presentazione di progetti 
nel settore sociale per problematiche interzonali.

 

ARTICOLO 14

La Regione

1.	La Regione promuove su tutto il territorio regionale l’attuazione dei diritti 
di cittadinanza sociale mediante l’esercizio delle funzioni previste dalla 
presente legge.
2.	In particolare, alla Regione competono le seguenti funzioni:
a)	approvazione del piano integrato sociale regionale;
b)	approvazione del regolamento di attuazione della presente legge;
c)	definizione delle politiche di integrazione tra gli interventi e i servizi sociali 
e quelli di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) e b);
d)	ripartizione delle risorse del fondo sociale regionale di cui all’articolo 45;
e)	promozione della realizzazione dei progetti speciali di interesse 
regionale, con caratteristiche di sperimentazione innovativa;
f)	organizzazione e coordinamento del sistema informativo sociale 
regionale,  nonché delle funzioni di cui all’articolo 40.
 3. Nell’esercizio delle proprie funzioni, la Regione adotta strumenti di 
concertazione e confronto, anche permanenti, con gli enti locali e con le 
parti sociali, nonché forme di consultazione con le associazioni degli utenti e 
consumatori e con i soggetti di cui all’articolo 17.
4.	La Regione può attivare sperimentazioni per l’erogazione di trattamenti 
economici finalizzati alla rimozione delle limitazioni personali, familiari e 
sociali di soggetti disabili, non autosufficienti e quale misura di contrasto 
della povertà, ivi compreso il reddito di cittadinanza sociale di cui all’articolo 
58, comma 3.
5.	La Regione col piano integrato sociale regionale può prevedere 
sperimentazioni relative a tipologie di strutture residenziali e 
semiresidenziali di cui al capo III, comprese quelle di ambito delle comunità 
di tipo familiare, definendone i requisiti necessari al funzionamento ulteriori 
a quelli previsti dall’articolo 62.


 

CAPO II
Soggetti sociali
 

 

ARTICOLO 15

Le famiglie

1.	In attuazione dei principi e delle finalità di cui agli articoli 3 e 4 dello 
Statuto della Regione, il sistema integrato, attraverso le politiche, gli 
interventi e i servizi di cui all’articolo 52:
a)	valorizza e sostiene il ruolo essenziale delle famiglie nella formazione e 
cura della persona durante tutto l’arco della vita, nella promozione del 
benessere e nel perseguimento della coesione sociale;
b)	sostiene le famiglie nei momenti di difficoltà e disagio connessi 
all’assunzione di specifici compiti di cura nei confronti di minori, disabili o 
anziani;
c)	sostiene la cooperazione e il mutuo aiuto delle famiglie;
d)	valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella elaborazione di proposte e di 
progetti per l’offerta dei servizi.
2.	Le persone e le famiglie sono direttamente coinvolte nell’ambito 
dell’organizzazione dei servizi e degli interventi, al fine di migliorarne la 
qualità e l’efficienza.

 

 

ARTICOLO 16

Le associazioni familiari

1.	Le finalità di cui all’articolo 15 sono perseguite anche tramite il 
riconoscimento ed il sostegno ad associazioni familiari, comunque 
denominate, nelle quali i nuclei familiari realizzano attività di cura e di 
assistenza alla persona loro affidata, secondo i percorsi disciplinati 
dall’articolo 7.
2.	L’ente pubblico competente disciplina i rapporti con le associazioni 
familiari attraverso apposite convenzioni.
3.	A favore delle famiglie e delle persone sono sostenute esperienze di 
solidarietà e di auto-aiuto, anche attraverso la realizzazione di servizi di 
prossimità e di reciprocità.

 

ARTICOLO 17

Il terzo settore

1.	Nel rispetto del principio della sussidiarietà, la Regione e gli enti locali 
riconoscono la rilevanza sociale dell’attività svolta dai soggetti del terzo 
settore e, nell’ambito delle risorse disponibili, promuovono azioni per il loro 
sostegno e qualificazione.
2.	Ai fini della presente legge si considerano soggetti del terzo settore:
a)	le organizzazioni di volontariato;
b)	le associazioni e gli enti di promozione sociale;
c)	le cooperative sociali;
d)	le fondazioni;
e)	gli enti di patronato;
f)	gli enti ausiliari di cui alla legge regionale 11 agosto 1993, n. 54 
(Istituzione dell’albo regionale degli enti ausiliari che gestiscono sedi 
operative per la riabilitazione e il reinserimento dei soggetti 
tossicodipendenti. Criteri e procedure per l’iscrizione);
g)	gli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha 
stipulato patti, accordi o intese;
h)	gli altri soggetti privati non a scopo di lucro.
3.	I soggetti di cui al comma 2 concorrono, secondo quanto previsto dagli 
articoli 28 e 30, ai processi di programmazione regionale e locale. Tali 
soggetti, ciascuno secondo le proprie specificità, partecipano altresì alla 
progettazione, attuazione ed erogazione degli interventi e dei servizi del 
sistema integrato ai sensi di quanto previsto dalla normativa vigente.
4.	La Regione e gli enti locali sostengono le attività del volontariato anche 
attraverso la collaborazione con i centri di servizio costituiti ai sensi 
dell’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul 
volontariato).

 

ARTICOLO 18

Relazioni sindacali

1.	La Giunta regionale, gli enti locali e gli altri soggetti interessati, in 
relazione alle proprie competenze, assicurano l'attuazione della presente 
legge nel rispetto dei diritti di informazione, consultazione, concertazione e 
contrattazione sindacale previsti dalle vigenti norme statali e regionali, dai 
contratti nazionali e dagli accordi decentrati.
2.	I soggetti, di cui al comma 1, assicurano la concertazione anche con le 
organizzazioni sindacali in merito agli atti di natura programmatoria e 
regolamentare derivanti dalla presente legge.

 

ARTICOLO 19

Affidamento dei servizi

1.	Per l’affidamento dei servizi del sistema integrato, l’ente pubblico, fatto 
salvo quanto previsto dalla legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 (Riordino e 
trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza 
“IPAB”. Norme sulle aziende pubbliche di servizi alla persona. Disposizioni 
particolari per la IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”) procede secondo 
modalità tali da permettere il confronto tra più soggetti e più offerte e 
comunque tenendo conto dei diversi elementi di qualità dell’offerta, 
escludendo l’utilizzo del massimo ribasso e prevedendo specifici standard 
per la valutazione dell’efficacia e dell’appropriatezza delle prestazioni.
2.	L’affidamento dei servizi avviene altresì nel rispetto delle clausole dei 
contratti collettivi nazionali e degli accordi decentrati, poste a garanzia del 
mantenimento del trattamento giuridico ed economico dei lavoratori 
interessati, nonché nel rispetto della normativa vigente in materia di 
sicurezza sui luoghi di lavoro.
3. Per l’affidamento dei servizi alla persona ai soggetti del terzo settore si 
applicano le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio 
dei ministri 30 marzo 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di 
affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell’art. 5 della legge 8 
novembre 2000, n. 328) e le disposizioni regionali di attuazione.
4.	La direzione generale competente della Regione predispone schemi-tipo 
utili ai fini della stipula delle convenzioni tra i soggetti titolari di competenza 
in materia ed i soggetti gestori delle strutture e/o erogatori dei servizi.
5.	I soggetti affidatari dei servizi alla persona adottano la carta dei servizi 
sociali di cui all’articolo 9.

 

CAPO III
Strutture residenziali e semiresidenziali
 

ARTICOLO 20

Strutture residenziali e semiresidenziali

1.	La realizzazione di strutture residenziali e semiresidenziali, pubbliche e 
private, che erogano interventi e servizi sociali e ad integrazione 
socio-sanitaria, non disciplinate dalla legge regionale 23 febbraio 1999, n. 8 
(Norme in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi delle 
strutture sanitarie: autorizzazione e procedura di accreditamento), da ultimo 
modificata dalla legge regionale 8 luglio 2003, n. 34, nonché la modifica di 
quelle esistenti, che comporti un aumento di posti letto, sono subordinate 
alla verifica della compatibilità del progetto con gli strumenti e gli atti di 
governo del territorio di cui alla legge regionale 3 gennaio 2005, n.1 (Norme 
per il governo del territorio).
2.	Il funzionamento delle strutture di cui al comma 1 è subordinato al rilascio 
di autorizzazione da parte del comune ovvero alla comunicazione al 
comune nei termini e con le modalità indicate dal comune stesso con propri 
atti, al fine di garantire la necessaria funzionalità e qualità dei servizi, la 
sicurezza degli utenti e dei lavoratori in esse impiegati.
3.	Per l’esercizio della funzione di autorizzazione di cui al comma 2, il 
comune si avvale di apposita commissione multidisciplinare, costituita 
dall’azienda unità sanitaria locale in ambito zonale, composta da operatori 
con professionalità sanitarie, sociali e tecniche.

 

ARTICOLO 21

Strutture soggette ad autorizzazione

1.	Sono soggette ad autorizzazione del comune le seguenti strutture:
a)	strutture residenziali, che erogano prestazioni socio-assistenziali e ad 
integrazione socio-sanitaria, per l’accoglienza di soggetti disabili e non 
autosufficienti, caratterizzate da media ed alta intensità assistenziale, media 
ed alta complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di 
ottanta posti letto organizzati in nuclei fino a quaranta ospiti;
b)	strutture a prevalente accoglienza alberghiera, per soggetti parzialmente 
non autosufficienti o disabili non gravi, caratterizzate da bassa intensità 
assistenziale, media ed alta complessità organizzativa, con una capacità 
ricettiva massima di ottanta posti letto organizzati in nuclei fino a quaranta 
ospiti;
c)	strutture a carattere comunitario, per l’accoglienza di soggetti che 
necessitano di una collocazione abitativa protetta o con limitata autonomia 
personale, privi temporaneamente o permanentemente del necessario 
supporto familiare, caratterizzate da bassa intensità assistenziale, bassa o 
media complessità organizzativa, con una capacità ricettiva massima di 
venti posti letto, compresi posti di pronta accoglienza per le emergenze, 
organizzati in nuclei fino ad otto ospiti;
d)	strutture che erogano servizi di accoglienza e di trattamento per soggetti 
dipendenti da sostanze da abuso;
e)	centri di pronto accoglienza per minori, per l’accoglienza di soggetti privi 
o carenti del sostegno familiare, caratterizzate da media intensità 
assistenziale, media ed alta complessità organizzativa, con una capacità 
ricettiva massima di dieci posti letto;
f)	case di accoglienza per minori con il proprio genitore, anche organizzate 
con la modalità di gruppo appartamento per cinque nuclei;
g)	servizi residenziali socio-educativi per minori di tipo familiare 
caratterizzati da media intensità assistenziale, media complessità 
organizzativa così articolati:
1)	comunità familiari,  con una capacità ricettiva massima di sei minori;
2)	comunità a dimensione familiare con una capacità ricettiva massima di 
dieci minori e di due posti riservati alla pronta accoglienza;
h)	gruppi appartamento per minori di età non inferiore a sedici anni e con 
una capacità ricettiva massima di quattro posti letto;
i)	strutture semiresidenziali, sociali e socio-sanitarie, caratterizzate da 
diverso grado di intensità assistenziale in relazione ai bisogni dell'utenza 
ospitata, anche collocate o in collegamento con una delle tipologie di cui 
alle lettere a), b), c) e d) e delle comunità a dimensione familiare di cui alla 
lettera g).
2.	Con il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, sono definiti i requisiti, 
criteri ed i termini necessari ai fini dell’autorizzazione.
3.	Costituisce requisito per i soggetti responsabili delle strutture il non aver 
riportato condanna definitiva per i delitti non colposi di cui al libro II, titoli II, 
IX, XI, XII e XIII del codice penale, per la quale non sia intervenuta la 
riabilitazione.

 

ARTICOLO 22

Strutture soggette ad obbligo di comunicazione di avvio di attività

1.	Sono soggette al solo obbligo di comunicazione al comune di avvio di 
attività le seguenti strutture:
a)	comunità di tipo familiare, compresi i gruppi appartamento e le 
aggregazioni di comunità, con funzioni di accoglienza a bassa intensità 
assistenziale, in cui sono ospitati fino ad un massimo di otto soggetti 
maggiori di età, per i quali la permanenza nel nucleo familiare sia 
temporaneamente o permanentemente impossibile o contrastante con il 
percorso individuale;
b)	qualora il piano integrato sociale regionale ne preveda la 
sperimentazione, le comunità di tipo familiare per le funzioni di assistenza a 
bassa intensità per soggetti di diverse fasce di età per un numero non 
superiore a sei soggetti, in possesso dei requisiti indicati nello stesso piano 
integrato sociale regionale;
c)	strutture di accoglienza diurna o notturna, tese a soddisfare bisogni 
primari di vita delle persone che versano in gravi condizioni di disagio 
economico, familiare e sociale in stretto collegamento con i servizi territoriali.
2.	La comunicazione di avvio di attività è presentata al comune nel cui 
territorio è ubicata la struttura.
3.	 Le strutture devono possedere i requisiti strutturali previsti per gli alloggi 
destinati a civile abitazione. Il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, 
definisce gli ulteriori requisiti relativi alle varie tipologie di strutture nonché le 
modalità di integrazione delle persone ospitate all’interno delle strutture e 
nella rete dei servizi sociali e sanitari.
4.	La comunicazione di avvio di attività è finalizzata all’esercizio della 
vigilanza da parte dei comuni sulla sussistenza dei requisiti di cui al comma 
3.

 

ARTICOLO 23

Vigilanza sulle strutture autorizzate

1.	Il comune esercita la vigilanza sulle strutture autorizzate avvalendosi della 
commissione di cui all’articolo 20, comma 3.
2.	Il comune disciplina le modalità di svolgimento delle attività di vigilanza, 
che si effettuano con cadenza almeno annuale, anche mediante richiesta di 
informazioni, richiesta di autocertificazioni relative alla permanenza dei 
requisiti, attività di ispezione e controllo sulle strutture.

 

ARTICOLO 24

Sanzioni amministrative

1.	Il funzionamento di strutture residenziali o semiresidenziali, per le quali 
non sia stata rilasciata l’autorizzazione, determina la chiusura dell’attività da 
parte del comune competente e l’applicazione della sanzione 
amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 a euro 15.000,00.
2.	Il comune dichiara altresì la decadenza dell’autorizzazione, disponendo 
la chiusura dell’attività, nel caso in cui siano state commesse gravi o 
reiterate inadempienze comportanti anche situazioni di pericolo per la salute 
degli ospiti, ovvero nel caso di perdita dei requisiti di cui all’articolo 21, 
comma 1, ovvero dei requisiti previsti dal regolamento regionale di cui 
all’articolo 62, a pena di decadenza dall’autorizzazione. In tutti i casi si 
applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 a 
euro 15.000,00.
3.	Qualora il comune riscontri la mancata adozione della carta dei servizi 
sociali, la perdita di altri requisiti, diversi da quelli di cui al comma 2, previsti 
dal regolamento regionale, ovvero non sia stata data comunicazione 
dell’avvio dell’attività ai sensi dell’articolo 22, si applica la sanzione 
amministrativa pecuniaria da euro 3.000,00 a euro 10.000,00. Il comune 
assegna altresì un congruo termine per la regolarizzazione delle 
inadempienze e delle irregolarità riscontrate.
4.	In caso di mancato adeguamento entro il termine previsto al comma 3, gli 
importi della sanzione applicata sono aumentati della metà e il comune può 
disporre la sospensione delle attività della struttura.

 

ARTICOLO 25

Accreditamento

1.	Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, la 
Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una proposta di legge 
avente ad oggetto la disciplina dei casi e delle modalità di accreditamento 
dei servizi alla persona e delle strutture residenziali e semiresidenziali 
pubbliche e private, ivi inclusi quelli che operano nelle aree 
dell’integrazione socio-sanitaria anche al fine di erogare prestazioni per 
conto degli enti pubblici competenti.

 

TITOLO III
Programmazione e organizzazione delle funzioni

CAPO I

Programmazione
 

ARTICOLO 26

Principi generali

1. Per la realizzazione del sistema integrato è adottato il metodo 
della programmazione degli interventi e delle risorse, sulla base 
della rilevazione dei bisogni negli ambiti territoriali, della 
verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di 
efficacia, in coerenza con quanto previsto dalla l.r. 49/1999.
2. La programmazione regionale e zonale del sistema integrato è 
attuata secondo i principi dell’integrazione con gli atti di 
programmazione sanitaria e del coordinamento con quelli delle altre 
materie di cui all’articolo 3, comma 2, lettera b).
3. I comuni concorrono alla definizione ed alla valutazione delle 
politiche regionali in materia sociale e socio-sanitaria attraverso 
la conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria di 
cui all’articolo 11 della l.r.  40/2005.  

 

ARTICOLO 27

Programmazione regionale

1. Il Consiglio regionale approva il piano integrato sociale 
regionale, in raccordo con il piano sanitario regionale, di cui 
all’articolo 18 della l.r.  40/2005,  promuovendo la 
realizzazione di una programmazione regionale integrata in ambito 
socio-sanitario.
2. Sulla proposta di piano integrato sociale regionale la Giunta 
regionale acquisisce il parere della conferenza permanente per la 
programmazione socio-sanitaria di cui all’articolo 11 della l.r.  
40/2005.  
3. La Giunta regionale, attuate le procedure di concertazione 
previste ai sensi della l.r. 49/1999, adotta il piano integrato 
sociale regionale che è presentato al Consiglio regionale per la sua 
approvazione, entro sei mesi dalla approvazione del programma 
regionale di sviluppo.
4. Il piano integrato sociale regionale ha durata corrispondente a 
quella del programma regionale di sviluppo, è approvato nell’anno di 
inizio del quinquennio al quale si riferisce la programmazione, ed è 
aggiornato annualmente in coerenza con gli atti regionali di 
indirizzo economico e finanziario, anche con proiezione pluriennale.
5. Il piano integrato sociale regionale definisce:
a) gli obiettivi di benessere sociale da perseguire, con riferimento 
alle politiche sociali integrate di cui al titolo V ed i fattori di 
rischio sociale da contrastare;
b) le caratteristiche quantitative e qualitative dei servizi e degli 
interventi e le eventuali prestazioni aggiuntive atte ad assicurare 
i livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 4, ivi 
compreso il servizio sociale professionale, il segretariato sociale 
per informazione e consulenza e il servizio di pronto intervento 
sociale per le situazioni di emergenza;
c) le priorità di intervento relative ai soggetti di cui 
all’articolo 7, comma 6, nonché le sperimentazioni e gli interventi 
di cui all’articolo 14;
d) gli indirizzi generali da utilizzare per determinare il concorso 
degli utenti al costo delle prestazioni anche al fine di favorire 
l’adozione di criteri comuni di accesso alle prestazioni sociali;
e) le modalità di ripartizione agli enti locali, anche in ambito 
zonale, delle risorse destinate dal bilancio regionale al 
finanziamento della rete locale dei servizi, sulla base di parametri 
oggettivi rilevati in relazione ai seguenti elementi:
1)	livelli essenziali delle prestazioni sociali;
2)	dimensione degli interventi e dei servizi in atto;
3)	bisogni di assistenza;
4)	situazione demografica e territoriale delle diverse zone;
f)	le misure e le azioni prioritarie da prevedere in favore dei 
comuni in maggiore situazione di disagio, ai sensi dell’articolo 3 
della legge regionale 27 luglio 2004, n. 39 (Norme a favore dei 
comuni montani e dei piccoli comuni in situazione di disagio. 
Modifiche alla legge regionale 7 maggio 1985, n. 57 “Finanziamenti 
per la redazione e l'attuazione di piani di recupero del patrimonio 
edilizio esistente”. Modifiche alla legge regionale 2 novembre 1999, 
n. 58 “Norme sulla tutela dell'artigianato artistico e tradizionale 
toscano e disposizioni in materia di oneri contributivi per gli 
apprendisti artigiani”);
g)	i criteri di accesso al fondo sociale regionale di 
solidarietà interistituzionale di cui all’articolo 46;
h)	gli indicatori per la verifica di efficacia e di efficienza 
degli interventi;
i)	gli interventi innovativi, di ricerca e di sperimentazione, 
di interesse regionale, nonché l’ambito territoriale di attuazione 
ritenuto appropriato;
j)	le iniziative di comunicazione sociale e di 
sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione del disagio e della 
esclusione sociale;
k)	i benefici aggiuntivi, per tutto il territorio regionale, a 
favore degli invalidi civili, di cui all’articolo 130, comma 2, del 
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni 
e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti 
locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 
59).
6.	Il piano integrato sociale regionale contiene elementi di 
valutazione della programmazione costituiti da:
a)	la valutazione di impatto, comprensiva dell’analisi del 
fabbisogno sociale del territorio, delle risorse disponibili, dello 
studio di fattibilità degli interventi e della individuazione di 
indicatori;
b)	il monitoraggio “in itinere” dello stato di attuazione dei 
piani di zona, sulla base di indicatori e parametri;
c)	la valutazione consuntiva di periodo, relativa agli 
obiettivi perseguiti, alla qualità degli interventi e alla 
sostenibilità economica degli stessi, sulla base di indicatori 
prestabiliti come previsto dal comma 5, lettera h).

 

ARTICOLO 28

Commissione regionale per le politiche sociali

1.	E’ costituita presso la Giunta regionale la commissione regionale per le 
politiche sociali, composta da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, 
delle categorie economiche, delle associazioni di rappresentanza e tutela 
degli utenti, delle organizzazioni del terzo settore, degli iscritti agli ordini e 
alle associazioni professionali.
2.	La commissione regionale per le politiche sociali svolge funzioni 
consultive e propositive per la Regione nelle materie di cui alla presente 
legge e promuove iniziative di conoscenza dei fenomeni sociali di interesse 
regionale.
3.	La commissione regionale per le politiche sociali è presieduta 
dall’assessore regionale competente in materia sociale o suo delegato.
4.	La composizione e la procedura per la nomina della commissione 
regionale per le politiche sociali sono definite con regolamento regionale di 
cui all’articolo 62.
5.	La commissione regionale per le politiche sociali dura in carica per il 
periodo della legislatura regionale.
6.	Alle sedute della commissione regionale per le politiche sociali 
partecipano i componenti della Giunta regionale competenti per le materie 
in discussione. Possono essere invitati a partecipare, in relazione agli 
argomenti trattati, il difensore civico regionale, i rappresentanti del 
dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e componenti della 
magistratura.
7.	Le modalità di funzionamento della commissione regionale per le 
politiche sociali, ivi inclusa la possibilità di articolazione in sottocommissioni, 
sono disciplinate con regolamento interno, approvato dalla commissione 
stessa.
8.	Ai componenti della commissione regionale per le politiche sociali è 
corrisposto il rimborso delle spese sostenute, secondo le modalità stabilite 
con deliberazione della Giunta regionale.

 

 

 

ARTICOLO 29

Programmazione zonale

1.	Il piano di zona è lo strumento della programmazione locale 
del sistema integrato ed é elaborato tenendo conto delle indicazioni 
e degli obiettivi contenuti nel piano integrato sociale regionale.
2.	Nel piano di zona sono indicati:
a)	la rete dei servizi e degli interventi attivati e promossi 
dai comuni nel territorio e le modalità di coordinamento e 
integrazione di tali servizi e interventi;
b)	gli obiettivi di politica sociale da perseguire;
c)	i servizi e gli interventi volti a garantire i livelli 
essenziali di assistenza definiti dallo Stato e le prestazioni 
aggiuntive di cui all’articolo 4;
d)	la determinazione eventuale di livelli di assistenza 
ulteriori ed integrativi e le risorse messe a disposizione a tale 
scopo dagli enti locali;
e)	 la previsione delle risorse necessarie alla realizzazione, 
in ambito zonale, degli interventi e servizi integrati e di progetti 
innovativi;
f)	l’individuazione degli enti titolari dei servizi e degli 
interventi per i quali è disposto il finanziamento regionale del 
piano di zona;
g)	l’entità delle risorse regionali destinate a progetti 
innovativi proposti dai soggetti del terzo settore;
h)	la valutazione di impatto della programmazione, effettuata a 
livello zonale;
i)	gli strumenti per il monitoraggio “in itinere” del piano 
stesso;
j)	la valutazione consuntiva di periodo, effettuata a livello 
zonale.
3.	Il piano integrato di salute, di cui all’articolo 21 della 
l.r.  40/2005,  è lo strumento con il quale sono integrate le 
politiche sociali di ambito zonale con le politiche sanitarie a 
livello di zona-distretto.
4.	Nel caso di sperimentazione delle Società della salute, di 
cui all’articolo 65 della l.r.  40/2005,  ovvero in caso di 
intesa tra l’articolazione zonale della conferenza dei sindaci e 
l’azienda unità sanitaria locale di riferimento, il piano integrato 
di salute costituisce lo strumento unico di programmazione locale 
della zona-distretto.
5.	Il piano di zona costituisce atto rilevante per la 
programmazione ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera e) della 
l.r. 49/1999.

 

 

 

ARTICOLO 30

Procedimento per l’approvazione del piano di zona

1.	La proposta di piano di zona è oggetto di una conferenza istruttoria 
pubblica, indetta dall’articolazione zonale della conferenza dei sindaci.
2.	Alla conferenza istruttoria sono invitati a partecipare le aziende sanitarie, 
le aziende di servizi alla persona di cui alla l.r. 43/2004, gli altri soggetti 
pubblici interessati, i soggetti del terzo settore, le organizzazioni sindacali e 
le parti sociali, nonché le associazioni di tutela degli utenti e dei consumatori 
presenti sul territorio.
3.	L’articolazione zonale della conferenza dei sindaci, sulla base delle 
risultanze della conferenza istruttoria, approva il piano di zona.
4.	I soggetti del terzo settore possono presentare progetti innovativi per la 
gestione degli interventi, ai sensi dell’articolo 29, comma 2, lettera g), che 
sono oggetto di selezione da parte dei soggetti competenti. 

 

ARTICOLO 31

Carta dei diritti di cittadinanza sociale

1.	L’articolazione zonale della conferenza dei sindaci adotta la carta di 
cittadinanza sociale, con il coinvolgimento dei soggetti del terzo settore, 
delle organizzazioni sindacali e delle parti sociali, delle associazioni degli 
utenti e consumatori, dei soggetti pubblici e privati gestori dei servizi.
2.	La carta contiene:
a)	la mappa dei percorsi e la tipologia dei servizi e degli interventi sociali, le 
opportunità sociali presenti nel territorio;
b)	i riferimenti ai livelli essenziali delle prestazioni disciplinati nella 
programmazione zonale;
c)	gli obiettivi ed i programmi di miglioramento della qualità della vita;
d)	lo sviluppo di forme di tutela e di partecipazione attiva dei cittadini per il 
miglioramento dei servizi alla persona.

 

 

 

 ARTICOLO 32

Patti per la costruzione di reti di solidarietà sociale

1.	Gli enti locali promuovono e valorizzano attività organizzate da singoli o 
gruppi e dai soggetti di cui al titolo II, capo II, anche mediante la definizione, 
con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, di patti per la 
costruzione di reti di solidarietà sociale, anche attraverso l’attivazione di 
procedure di contrattazione negoziata.
2.	Gli enti locali, con il concorso dei soggetti del terzo settore, delle 
organizzazioni sindacali, delle categorie economiche e di altri soggetti 
pubblici, promuovono patti che hanno ad oggetto lo sviluppo locale e la 
coesione sociale mediante l’impiego di risorse umane, tecnologiche, 
finanziarie e patrimoniali.

 

 

 

CAPO II
Organizzazione territoriale e funzioni gestionali
 

 

 

ARTICOLO 33

Ambiti territoriali per la gestione associata del sistema locale di 
interventi e servizi sociali

1.	Le zone-distretto, come individuate nell’allegato A alla 
l.r.  40/2005,  costituiscono l’ambito territoriale di 
riferimento per la gestione associata delle funzioni, dei servizi e 
degli interventi di competenza dei comuni.
2.	I comuni possono altresì gestire in forma associata le 
funzioni, i servizi e gli interventi nei livelli ottimali ndividuati 
ai sensi della legge regionale 16 agosto 2001, n. 40 (Disposizioni 
in materia di riordino territoriale e di incentivazione delle forme 
associative di comuni), da ultimo modificata dalla legge regionale 
22 dicembre 2003, n. 60, a condizione che tale gestione sia svolta 
in coerenza con la programmazione di ambito zonale.
3.	Per le attività che hanno rilevanza per due o più zone-
distretto e per le azioni innovative d’interesse regionale, la 
Regione individua, di concerto con gli enti locali coinvolti, gli 
ambiti territoriali più appropriati per la loro efficace attuazione.

 

 

 

ARTICOLO 34

Gestione associata dei servizi e degli interventi

1.	La gestione associata delle funzioni, dei servizi e degli interventi di 
competenza dei comuni avviene nelle forme previste dalla legislazione 
vigente.
2.	La Regione incentiva le gestioni associate volontarie della zona-distretto, 
attivate in coerenza con la l.r. 40/2001 e con i provvedimenti attuativi, ovvero 
attivate nei livelli ottimali di cui all’articolo 33, comma 2.
3.	Le forme associative prescelte dai comuni sono indicate nel piano di zona 
o nel piano integrato di salute.
4.	Il piano integrato sociale regionale può prevedere l’obbligo di gestire in 
forma associata gli interventi a carattere innovativo e sperimentale di 
interesse regionale.
5. L’ente cui è attribuita la responsabilità della gestione associata esercita le 
funzioni su tutto il territorio dei comuni partecipanti, salvo quanto previsto 
dall’atto associativo in caso di costituzione di ufficio comune. L’atto 
associativo può stabilire il regolamento unitario per lo svolgimento delle 
funzioni associate.
6.	Il piano integrato sociale regionale determina una quota di risorse del 
fondo sociale regionale da riservare alle incentivazioni delle forme di 
gestione associata, di cui al comma 2; il piano determina altresì una quota 
da riservare allo svolgimento dei compiti di supporto all’attività di 
programmazione.

 

 

 

ARTICOLO 35

Aziende unità sanitarie locali

1.	Il comune può delegare la gestione di interventi o servizi 
sociali all’azienda unità sanitaria locale, in coerenza con quanto 
previsto dall'articolo 32, comma 2, lettera c) della l.r.  
40/2005.  
2.	Per la gestione degli interventi e dei servizi sociali 
delegati, l'azienda unità sanitaria locale ed il comune stipulano 
apposita convenzione nella quale sono definiti:
a)	la struttura organizzativa locale cui compete la gestione 
dei compiti e degli interventi connessi alle attività ed ai servizi 
delegati;
b)	le caratteristiche ed i volumi di attività e di prestazioni;
c)	i criteri per la quantificazione delle risorse finanziarie 
necessarie per la gestione delle attività e dei servizi delegati, la 
loro entità, nonché le modalità per il loro trasferimento 
all'azienda unità sanitaria locale;
d)	la periodicità ed i contenuti delle informazioni da fornire 
ai comuni, con particolare riguardo alle attività svolte, alle 
prestazioni erogate ed alle risorse utilizzate.
3.	Il direttore dei servizi sociali dell’azienda unità 
sanitaria locale coadiuva il direttore generale dell’azienda stessa 
nella direzione degli interventi e dei servizi sociali delegati.

 

ARTICOLO 36

Forme innovative di gestione unitaria ed integrata dei servizi tra 
comuni e aziende unità sanitarie locali – Società della salute

1.	La Regione sostiene ed incentiva forme innovative di 
gestione unitaria dei servizi sociali e sanitari denominate, ai 
sensi dell’articolo 65 della l.r.  40/2005,  Società della 
salute, basate su modalità organizzative e di governo integrate tra 
comuni e aziende unità sanitarie locali, promuovendo la 
partecipazione attiva dei comuni e delle aziende unità sanitarie 
locali per quanto riguarda la conoscenza dei bisogni, la messa a 
disposizione delle risorse e l’assolvimento degli impegni. La 
Regione e i comuni valutano i risultati conseguiti dalle Società 
della salute. 
2.	Nella zona-distretto in cui è costituita la Società della 
salute l’organo di governo della stessa assume, con l’esclusione 
della rappresentanza aziendale, le funzioni e le competenze 
attribuite dalla presente legge all’articolazione zonale della 
conferenza dei sindaci.
3.	I comuni possono conferire alla Società della salute 
funzioni e compiti di coordinamento, direzione, organizzazione di 
servizi e interventi sociali ed, eventualmente, di gestione, in 
relazione allo sviluppo del processo di integrazione.
4.	Le Società della salute organizzano le funzioni proprie del 
livello di zona-distretto sulla base degli indirizzi dettati dagli 
atti di programmazione regionale. Le disposizioni di cui agli 
articoli 35, 37, 38, 43, comma 2, 49 e 51, non vincolano le Società 
della salute.

 

ARTICOLO 37

Responsabile del coordinamento sociale

1.	L’articolazione zonale della conferenza dei sindaci, 
d’intesa con l’azienda unità sanitaria locale, individua un 
coordinatore sociale di zona-distretto per lo svolgimento dei 
compiti di cui all’articolo 7, commi 1 e 4, tenendo conto 
delle gestioni associate eventualmente attivate. Il coordinatore 
sociale:
a) è responsabile dell’attuazione e della verifica delle prestazioni 
sociali previste negli atti di programmazione zonale;
b) coordina gli interventi previsti nella rete locale dei servizi;
c) partecipa alle attività dell’ufficio di coordinamento, di cui 
all’articolo 64, comma 5 della l.r.  40/2005.  

 

ARTICOLO 38

Segreteria tecnica

1.	La segreteria tecnica dell’articolazione zonale della 
conferenza dei sindaci, costituita ai sensi dell’articolo 12, comma 
10 della l.r.  40/2005,  svolge le seguenti funzioni:
a)	supporta tecnicamente l’organo di governo della zona-
distretto;
b)	collabora alla predisposizione degli atti di programmazione 
locale;
c)	sostiene la partecipazione in ambito zonale dei soggetti del 
terzo settore;
d)	sviluppa ed applica gli strumenti propositivi, progettuali, 
valutativi e di monitoraggio in ogni fase operativa della 
programmazione zonale;
e)	predispone la relazione consuntiva di zona-distretto, di cui 
all’articolo 43, e collabora alla raccolta dei dati e delle 
informazioni necessarie al sistema informativo sociale regionale di 
cui all’articolo 41.
2.	La segreteria tecnica può essere costituita quale ufficio 
comune tra tutte le amministrazioni locali e la azienda unità 
sanitaria locale della zona-distretto, così come indicate 
all’articolo 12, comma 10 della l.r.  40/2005,  con le 
modalità e per gli effetti di cui all’articolo 30, commi 2 e 4 del 
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi 
sull'ordinamento degli enti locali), anche per lo svolgimento di 
attività di coordinamento, connesse alla realizzazione del piano di 
zona. In tale ipotesi la segreteria tecnica compie gli atti 
attuativi della programmazione relativi ai progetti 
innovativi presentati dai soggetti del terzo settore, nei casi 
individuati dal piano di zona.

 

ARTICOLO 39

Formazione degli operatori dei servizi sociali

1.	 Il regolamento regionale, di cui all’articolo 62, individua i livelli di 
formazione scolastica e professionale per gli operatori sociali del sistema 
integrato, tenuto conto delle funzioni e delle competenze necessarie a 
garantire l’adeguatezza e l’appropriatezza delle prestazioni.
2.	La Regione e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e 
delle procedure previste dalla normativa regionale:
a)	valorizzano lo sviluppo della formazione e sostengono le professionalità 
degli operatori sociali degli enti locali;
b)	promuovono la partecipazione degli operatori sociali ai processi 
organizzativi per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla presente 
legge;
c)	sostengono la formazione continua degli operatori sociali;
d)	coordinano e indirizzano le attività di aggiornamento, tenendo conto dei 
criteri di integrazione socio-sanitaria ed educativa, favorendo la 
multidisciplinarità fra i soggetti e le istituzioni che concorrono alla 
realizzazione degli interventi e dei servizi;
e)	assicurano le iniziative a sostegno della qualificazione e della formazione 
dei soggetti del terzo settore e di quelli senza scopo di lucro.
3.	I soggetti pubblici e privati, erogatori degli interventi e dei servizi sociali, 
promuovono ed agevolano la partecipazione degli operatori sociali alle 
iniziative di formazione, qualificazione, aggiornamento e supervisione 
professionale.

 

 

 

CAPO III
Valutazione e monitoraggio del sistema integrato
 

 

 

ARTICOLO 40

Osservatorio sociale

1.	Le funzioni regionali finalizzate alla realizzazione di un sistema di 
osservazione, monitoraggio, analisi e previsione dei fenomeni sociali del 
sistema integrato, nonché di diffusione delle conoscenze, sono realizzate 
tramite una struttura organizzativa denominata osservatorio sociale 
regionale.
2.	L'osservatorio sociale regionale svolge i propri compiti anche in 
collaborazione con istituti pubblici e privati al fine di realizzare studi ed 
analisi mirate dei fenomeni sociali su base regionale.
3.	Alle funzioni di cui al presente articolo concorrono anche le province, con 
le modalità di cui all’articolo 13, comma 4, assicurando il funzionamento di 
strutture di osservatorio in ambito provinciale. Per l’attuazione di tali funzioni 
le province possono dotarsi di strumenti e competenze anche mediante 
l’attivazione di collaborazioni con agenzie regionali, istituti di ricerca, 
università.
4.	Per l’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo la Regione e le 
province favoriscono il raccordo con i comuni, le aziende unità sanitarie 
locali e gli altri soggetti pubblici e promuovono la partecipazione, anche 
tramite la costituzione di apposito comitato, delle organizzazioni sindacali, 
delle parti sociali e dei soggetti del terzo settore, per lo scambio e la 
condivisione dei dati e delle conoscenze utili per la valutazione e la 
programmazione zonale e regionale.

 

ARTICOLO 41

Sistema informativo sociale regionale

1.	La Regione, le province ed i comuni contribuiscono, in relazione alle 
rispettive competenze, alla realizzazione ed alla gestione del sistema 
informativo sociale regionale per assicurare tempestivamente la 
conoscenza dei dati e delle informazioni necessarie alla programmazione, 
alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali.
2.	I soggetti gestori di strutture e erogatori di servizi sono tenuti a fornire 
annualmente le informazioni richieste affinché confluiscano e siano 
organizzate nel sistema informativo sociale regionale.

 

 

ARTICOLO 42

Relazione sociale regionale

1.	La Giunta regionale presenta al Consiglio regionale, almeno ogni tre 
anni, la relazione sociale al fine di valutare i risultati raggiunti in rapporto 
agli obiettivi definiti nel piano integrato sociale regionale, conoscere 
l’evoluzione dei fenomeni sociali e lo stato dei servizi, nonché disporre di 
elementi per la programmazione di settore.

 

ARTICOLO 43

Relazione consuntiva di zona-distretto

1.	In ambito zonale la relazione consuntiva di zona-distretto è lo strumento 
annuale di verifica dei risultati raggiunti in rapporto agli obiettivi definiti dal 
piano di zona.
2.	La relazione consuntiva di zona-distretto è predisposta a cura della 
segreteria tecnica di cui all’articolo 38 in collaborazione con gli osservatori 
provinciali territorialmente competenti, ed è adottata dall’articolazione 
zonale della conferenza dei sindaci contestualmente all’approvazione del 
piano di zona. Nei quindici giorni successivi alla sua approvazione, la 
relazione è trasmessa alla Giunta regionale.

 

CAPO IV
Finanziamento
 

ARTICOLO 44

Finanziamento del sistema integrato

1.	Il sistema integrato è finanziato con le risorse stanziate dagli enti locali, 
dalla Regione, dagli altri enti pubblici, dallo Stato e dall’Unione Europea, 
nonché da risorse private.

 

ARTICOLO 45

Fondo sociale regionale

1.	Fino all’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, nel fondo sociale 
regionale confluiscono le risorse regionali determinate annualmente con 
legge di bilancio, nonché le risorse, trasferite dallo Stato o provenienti 
dall’Unione europea, in qualsiasi modo destinate alla realizzazione di 
interventi e servizi sociali.
2.	L’intervento finanziario della Regione ha carattere contributivo e 
perequativo rispetto all’impegno finanziario dei comuni e degli altri enti 
locali, ed è finalizzato a sostenere lo sviluppo omogeneo in ambito 
regionale del sistema integrato e dell’erogazione delle prestazioni 
aggiuntive di cui all’articolo 4, comma 2, lettera b).
3.	Il fondo sociale regionale è destinato:
a)	alla Regione per una quota individuata in sede di aggiornamento 
annuale del piano integrato sociale regionale e riservata al finanziamento 
delle seguenti attività:
1)	promozione e realizzazione di progetti o programmi innovativi e 
sperimentali di interesse regionale;
2)	adesione a progetti in relazione ai quali è previsto il cofinanziamento;
3)	realizzazione delle attività dell’osservatorio sociale e implementazione 
del sistema informativo dei servizi sociali;
4)	promozione di campagne di comunicazione sociale di rilievo regionale;
b)	agli enti locali per:
1)	il sostegno delle funzioni loro attribuite dalla presente legge;
2)	il sostegno per gli interventi, servizi e progetti innovativi determinati in 
sede di programmazione zonale;
3)	la promozione della solidarietà interistituzionale ai sensi dell’articolo 46;
4)	il sostegno delle gestioni associate di cui all’articolo 34, comma 2, come 
incentivo cumulabile alle risorse stanziate ai sensi della l.r. 40/2001 e della 
l.r. 39/2004.

 

 

 

ARTICOLO 46

Fondo sociale regionale di solidarietà interistituzionale

1. Il piano integrato sociale regionale determina la quota di fondo regionale 
destinata alle spese per le prestazioni sociali sostenute in ambito zonale per 
interventi relativi alle prestazioni per i soggetti di cui all’articolo 5, commi 2, 3 
e 4 nonché la quota destinata al sostegno di :
a)	interventi non quantificabili preventivamente in sede programmatoria in 
quanto derivanti da eventi eccezionali o da fenomeni nuovi per il territorio;
b)	interventi il cui costo sia suscettibile di creare gravi squilibri nelle finanze 
degli enti locali tenuti all’erogazione delle prestazioni.
2.	Nel piano integrato sociale regionale sono specificate le modalità di 
accesso al fondo secondo le quote determinate ai fini del comma 1, le 
procedure di richiesta, l’assegnazione e liquidazione dei contributi, nonché i 
criteri di priorità per il finanziamento.

 

ARTICOLO 47

Compartecipazione degli utenti al costo delle prestazioni

1.	Il concorso degli utenti ai costi del sistema integrato è stabilito a seguito 
della valutazione della situazione economica del richiedente, effettuata con 
lo strumento dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), 
disciplinato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 (Definizioni di 
criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che 
richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell’articolo 59, comma 51 
della L. 27 dicembre 1997, n. 449), da ultimo modificato dal decreto 
legislativo 3 maggio 2000, n. 130.
2.	Il piano integrato sociale regionale individua ulteriori criteri rispetto a 
quelli previsti dalla disciplina dell’ISEE con particolare riferimento alle 
situazioni di disabilità grave riconosciute ai sensi dell’articolo 3, comma 3, 
della legge 5 febbraio 1992, n.104  (Legge quadro per l’assistenza, 
l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate).
3.	I comuni, con riferimento alla programmazione regionale e zonale, 
definiscono l’entità della compartecipazione ai costi da parte degli utenti, 
articolata per prestazioni, tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili.

 

TITOLO IV
Integrazione socio-sanitaria

CAPO I
Integrazione socio-sanitaria
 

ARTICOLO 48

Integrazione socio-sanitaria

1.	Le attività ad integrazione socio-sanitaria sono volte a 
soddisfare le esigenze di tutela della salute, di recupero e 
mantenimento delle autonomie personali, d'inserimento sociale e 
miglioramento delle condizioni di vita, anche mediante prestazioni a 
carattere prolungato.
2.	Secondo quanto disposto dall'articolo 3-septies del decreto 
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in 
materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, 
n. 421), e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 
febbraio 2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di 
prestazioni socio-sanitarie), le prestazioni socio-sanitarie sono 
assicurate, mediante il concorso delle aziende unità sanitarie 
locali e dei comuni, dall’erogazione integrata delle 
prestazioni sanitarie e sociali necessarie a garantire una risposta 
unitaria e globale ai bisogni di salute, che richiedono interventi 
sanitari e azioni di protezione sociale.
3. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, 
sentita la conferenza permanente per la programmazione socio-
sanitaria di cui all’articolo 11 della l.r.  40/2005,  
individua i servizi inerenti alle aree di integrazione socio-
sanitaria, di cui al comma 2, e definisce i criteri per il 
concorso delle risorse sanitarie e sociali in attuazione del d.p.c.m 
14 febbraio 2001.
4.  L’autorizzazione all’esercizio delle strutture residenziali e 
semiresidenziali, non disciplinata dalla l.r. 8/1999, che erogano 
prestazioni inerenti alle aree di integrazione socio-sanitaria, è 
disciplinata dal regolamento di cui all’articolo 62.

 

 

ARTICOLO 49

Criteri per la gestione delle attività di integrazione socio-sanitaria

1. I comuni e le aziende unità sanitarie locali, in base alle determinazioni di 
cui all’articolo 48, comma 3, individuano modalità organizzative di raccordo 
per la gestione dei servizi, fondate sull'integrazione professionale delle 
rispettive competenze, e disciplinano i relativi rapporti finanziari, mediante 
accordi o convenzioni ai sensi della normativa vigente.
2. Il coordinamento e l’integrazione degli interventi socio-sanitari si attua, ai 
fini dell’appropriatezza e dell’efficacia delle prestazioni, in coerenza con le 
indicazioni di cui all’articolo 7, sulla base della valutazione 
multiprofessionale del bisogno, della definizione del percorso assistenziale 
personalizzato e della verifica periodica degli esiti.
3. Gli accordi e le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le modalità di 
coordinamento fra le attività di integrazione socio-sanitaria ed il complesso 
degli interventi sanitari.
4.	La Giunta regionale adotta uno schema generale di riferimento per gli 
accordi e le convenzioni di cui al comma 1.

 

 

ARTICOLO 50

Consultori familiari

1. I consultori familiari, nell’ambito delle funzioni previste dalla 
normativa vigente statale e regionale nonché dagli atti di 
programmazione sanitaria e sociale, svolgono funzioni di 
prevenzione, educazione e promozione del benessere psico-fisico-
relazionale del singolo, della coppia e della famiglia.
2. Nei consultori familiari, organizzati in ambito della zona-
distretto di cui all’articolo 64 della l.r.  40/2005,  è 
assicurata l’integrazione delle attività socio-sanitarie con quelle 
sociali gestite dai comuni, singoli o associati, al fine di 
sostenere e valorizzare:
a) il principio della maternità e paternità, basato su scelte 
consapevoli  e responsabili, anche tramite azioni di informazione 
sulle problematiche incidenti sulla vita sessuale; 
b)	la corresponsabilità dei genitori nei confronti dei figli, 
nel rispetto 
dell’ordinamento vigente;
c)	la tutela della donna in gravidanza e gli interventi a 
sostegno della maternità.
3. La Regione assicura anche tramite i consultori familiari, nel 
rispetto del principio di sussidiarietà, il riconoscimento del ruolo 
che le organizzazioni del volontariato e l’associazionismo di 
settore, comprese le esperienze di autorganizzazione e di mutuo 
aiuto, hanno nella attuazione degli interventi.
4. La Regione assicura, attraverso l’azione dei consultori 
familiari, l’informazione su:
a)	i diritti delle donne in gravidanza compresa la facoltà di 
partorire in anonimato;
b)	i servizi presenti sul territorio per la tutela della 
gravidanza e della maternità e le modalità del loro utilizzo;
c)	le associazioni e le organizzazioni che operano in  ambito 
socio sanitario.
5.	La Regione valorizza con azioni mirate, indicate nel piano 
integrato sociale regionale, l’apporto multiprofessionale degli 
operatori dei consultori familiari.

 

ARTICOLO 51

Ufficio di coordinamento distrettuale 

1.	L’articolazione zonale della conferenza dei sindaci 
individua i responsabili delle attività ad integrazione socio-
sanitaria gestite dai comuni in forma singola o associata. Tali 
responsabili integrano l’ufficio di coordinamento della zona-
distretto di cui agli articoli 64, commi 5 e 6, e 66 comma 4 della 
l.r.  40/2005.  


 

TITOLO V
Politiche sociali integrate


CAPO I

Politiche sociali integrate
 

ARTICOLO 52

Politiche per le famiglie

1.	Le politiche per le famiglie consistono nell’insieme degli interventi e dei 
servizi volti a favorire l’assolvimento delle responsabilità familiari, a 
sostenere la genitorialità, la maternità e la nascita, ad individuare 
precocemente ed affrontare le situazioni di disagio sociale ed economico 
dei nuclei familiari, a creare reti di solidarietà locali.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per le famiglie:
a)	i contributi economici, di carattere continuativo, straordinario o urgente, 
compresa l’erogazione di agevolazioni per l’affitto a persone o nuclei 
familiari in stato di bisogno e l’erogazione di contributi per interventi di 
adeguamento delle abitazioni, finalizzati a sostenere la permanenza nel 
domicilio familiare di soggetti non autosufficienti;
b)	gli interventi di carattere abitativo di emergenza, anche a beneficio delle 
giovani coppie o di famiglie monoparentali;
c)	gli interventi di sollievo, aiuto e sostegno alle famiglie impegnate in attività 
di cura e assistenza di persone disabili, di persone con problemi di salute 
mentale, di anziani e di minori in affidamento;
d)	i servizi e le attività di sostegno alla genitorialità ed alla nascita, di 
consulenza e di mediazione familiare, di sostegno alle persone nei casi di 
abuso e di maltrattamento;
e)	le iniziative dirette a consentire la conciliazione delle responsabilità 
lavorative e di quelle familiari, anche nel quadro dell’armonizzazione dei 
tempi e spazi delle città.
3.	 I comuni, in alternativa a contributi assistenziali in denaro, possono 
concedere prestiti sull’onore, consistenti in finanziamenti a tasso zero o 
agevolato secondo piani di restituzione concordati con il destinatario del 
prestito, per sostenere le responsabilità individuali e familiari e agevolare 
l’autonomia finanziaria di nuclei monoparentali, di coppie giovani con figli, di 
gestanti in difficoltà, di famiglie con a carico soggetti non autosufficienti e 
con problemi di grave e temporanea difficoltà economica, di famiglie di 
recente immigrazione con gravi difficoltà di inserimento sociale.

ARTICOLO 53

Politiche per i minori

1.	Le politiche per i minori consistono nell’insieme degli interventi e dei 
servizi volti a garantire al minore la protezione e le cure necessarie per il 
suo benessere, e a promuoverne il pieno e armonico sviluppo psicofisico, 
l’educazione e la crescita in un idoneo ambiente familiare e sociale.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per i minori:
a)	l’ascolto, l’accompagnamento ed il sostegno per promuovere l’esercizio 
dei diritti di cittadinanza sociale e prevenire forme di esclusione e di 
devianza, privilegiando la crescita del minore nel proprio ambiente familiare;
b)	il pronto intervento, l’accoglienza, la protezione, l’assistenza e il supporto 
ai minori italiani e stranieri che si trovano in stato di abbandono o privi di 
assistenza familiare o che risultano non accompagnati ai sensi dell’articolo 
33 del d.lgs. 286/1998;
c) la tempestiva segnalazione da parte dei servizi di assistenza, quando a 
conoscenza dello stato di abbandono di un minore, all’autorità giudiziaria 
competente al fine dell’adozione dei provvedimenti previsti dal titolo X del 
codice civile;
d)	le azioni conseguenti ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli 
interventi di collaborazione con l’autorità giudiziaria e con i servizi minorili 
del Ministero della Giustizia in attuazione del decreto del Presidente della 
Repubblica 22 settembre 1998, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul 
processo penale a carico di imputati minorenni), da ultimo modificato dal 
decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313;
e)	l’affidamento temporaneo a famiglia, a servizi residenziali socio-educativi 
e le altre tipologie di affidamento, secondo gli indirizzi della Giunta regionale 
da emanarsi entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente 
legge;
f)	le attività necessarie ed i compiti correlati all’adozione nazionale ed 
internazionale.
3.	In tutti gli atti relativi agli interventi e ai servizi rivolti ai minori l’interesse 
del minore è considerato superiore.

 

ARTICOLO 54

Politiche per gli anziani

1.	Le politiche per gli anziani consistono nell’insieme degli interventi e dei 
servizi volti a:
a)	promuovere la partecipazione degli anziani alla comunità locale in 
un’ottica di solidarietà fra generazioni;
b)	prevenire i processi invalidanti fisici e psicologici, nonché i fenomeni di 
esclusione sociale, salvaguardando l’autosufficienza e l’autonomia 
dell’anziano e favorendo la sua permanenza nel contesto familiare di 
origine ed il mantenimento di una vita di relazione attiva;
c) prevenire e limitare l’ospedalizzazione e l’inserimento in strutture 
residenziali;
d) verificare il raggiungimento degli obiettivi e delle finalità previste dalla 
programmazione regionale e zonale.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per gli anziani:
a)	la creazione di una rete locale di servizi ricreativi e luoghi aggregativi, in 
cui promuovere forme di associazionismo e di inserimento sociale, anche di 
diretta iniziativa della popolazione anziana, con il coinvolgimento della 
comunità locale e dei soggetti del terzo settore presenti sul territorio;
b)	le forme di agevolazione per l’accesso a trasporti, servizi culturali, 
ricreativi e sportivi, in relazione a situazioni di reddito inadeguate;
c)	i servizi di assistenza domiciliare integrata per anziani non autosufficienti 
e affetti da patologie degenerative;
d)	le strutture semiresidenziali e residenziali per anziani non autosufficienti;
e)	servizi di sostegno e sollievo per i familiari conviventi di persone anziane 
non autosufficienti;
f)	i servizi di telesoccorso e pronto intervento per persone anziane a rischio 
sociosanitario che vivono in condizioni di solitudine o con altri familiari a loro 
volta inabili o anziani.
3.	La condizione di persona anziana non autosufficiente è accertata, 
relativamente ai soggetti ultrasessantacinquenni, mediante valutazione che 
tiene conto dell’analisi globale della persona con riferimento a:
a)	stato di salute funzionale organico;
b)	condizioni cognitive e comportamentali;
c)	situazione socio-ambientale e familiare.
4.	Gli atti regionali di programmazione promuovono la realizzazione di 
sistemi di valutazione contestuale e globale della persona anziana 
portatrice di minorazioni, al fine dell’accertamento delle diverse condizioni ai 
sensi della normativa vigente.
5.	I servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari rivolti agli anziani non 
autosufficienti si ispirano ad una logica organizzativa di tipo modulare, 
basata su percorsi di graduale intensità assistenziale.

 

ARTICOLO 55

Politiche per le persone disabili

1.	Le politiche per le persone disabili consistono nell’insieme degli interventi 
e dei servizi volti a promuoverne l’integrazione nella famiglia, nella scuola, 
nel lavoro e nella società.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per le persone disabili:
a)	il potenziamento dei servizi domiciliari, da attivare in forma diretta o 
indiretta, secondo progetti individualizzati di intervento finalizzati 
all’assistenza, al sostegno e allo sviluppo di forme di autonomia, nonché al 
recupero delle diverse abilità;
b)	il potenziamento e l’adeguamento di servizi diurni e semiresidenziali 
esistenti sul territorio;
c)	la realizzazione di progetti innovativi e servizi finalizzati alla realizzazione 
di modalità di vita indipendente, di soluzioni abitative autonome e 
parafamiliari, di comunità alloggio protette per le persone disabili gravi privi 
di sostegno familiare;
d)	i servizi di informazione, sollievo e sostegno ai familiari delle persone 
disabili;
e)	le forme di coordinamento stabile con soggetti istituzionali e soggetti del 
terzo settore coinvolti nelle attività di istruzione scolastica, formazione 
professionale, inserimento lavorativo delle persone disabili;
f)	le forme di agevolazione per l’accesso a trasporti, servizi culturali, ricreativi 
e sportivi;
g)	le forme di agevolazione per la diffusione di strumenti tecnologici atti a 
facilitare la vita indipendente, l’inserimento sociale e professionale;
h)	il sostegno per il superamento delle barriere e favorire l’accessibilità.
3.	L’accertamento della condizione di disabilità e della situazione di gravità 
avviene con le modalità previste dagli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 
1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti 
delle persone handicappate).
4.	Nell’ambito della programmazione regionale e zonale sono individuati gli 
elementi atti a prevenire forme di esclusione sociale.

 

ARTICOLO 56

Politiche per gli immigrati

1. Le politiche per gli immigrati consistono nell’insieme degli interventi e dei 
servizi volti a favorirne l’accoglienza, prevenire e contrastare fenomeni di 
esclusione sociale e di emarginazione. 
2. In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per gli immigrati:
a)	l’attivazione di percorsi integrati di inserimento sociale, scolastico e 
lavorativo, favorendo la comunicazione interculturale e l’associazionismo;
b)	la promozione della partecipazione degli immigrati alle attività culturali, 
educative e ricreative della comunità locale;
c)	l’accesso ai servizi territoriali, mediante l’attivazione di specifiche 
campagne di informazione e interventi di mediazione culturale;
d)	la predisposizione di progetti mirati a favore di cittadini stranieri in 
situazioni di particolare fragilità, quali profughi, rifugiati, richiedenti asilo, 
vittime di tratta;
e)	la gestione di interventi di sostegno abitativo.

 

 

ARTICOLO 57

Politiche per i nomadi 

1.	Il piano integrato sociale regionale individua le politiche e le priorità di 
intervento a favore dei nomadi, anche in attuazione della legge regionale 12 
gennaio 2000, n. 2 (Interventi per i popoli Rom e Sinti) e determina gli 
indirizzi per la programmazione zonale.

 

ARTICOLO 58

Politiche per le persone a rischio di esclusione sociale

1.	Le politiche per le persone a rischio di esclusione sociale consistono 
nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a prevenire e ridurre tutte le 
forme di emarginazione, comprese le forme di povertà estrema.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per le persone a rischio di esclusione sociale:
a)	gli interventi di promozione delle reti di solidarietà sociale, i servizi di 
informazione, accoglienza ed orientamento;
b)	gli interventi di sostegno, anche economico, finalizzati alla realizzazione 
di progetti individuali di inserimento sociale, lavorativo e formativo;
c)	i servizi di pronto intervento e di prima assistenza per far fronte alle 
esigenze primarie di accoglienza, cura e assistenza;
d) i progetti innovativi di prevenzione delle nuove povertà e di contrasto dei 
fenomeni emergenti di esclusione sociale.
3.	Nell’ambito delle politiche del presente articolo, sono promosse le 
sperimentazioni di cui all’articolo 14, comma 4, in armonia con le politiche di 
inclusione e coesione sociale promosse dalla Unione europea.

 

ARTICOLO 59

Politiche per il contrasto della violenza contro le donne, i minori e in ambito 
familiare

1.	La Regione favorisce la realizzazione di interventi di rete per offrire le 
risposte necessarie, in termini di adeguatezza ed appropriatezza, alle varie 
tipologie di violenza, allo scopo di limitare i danni e di superare gli effetti da 
questa procurati alla singola donna o minore.
2.	In particolare, oltre alle prestazioni erogate ai sensi dell’articolo 117, 
comma secondo, lettera m) della Costituzione, sono compresi tra gli 
interventi e i servizi per il contrasto della violenza contro le donne, i minori 
ed in ambito familiare:
a)	interventi multidisciplinari integrati di tutela e di cura, azioni di contrasto 
contro lo sfruttamento, la violenza e il maltrattamento dei minori e delle 
donne;
b)	il sostegno materiale, psicologico, legale ed abitativo di emergenza, 
nonché l’organizzazione di case e centri antiviolenza, da realizzarsi 
attraverso la programmazione locale dei servizi a favore delle vittime e delle 
funzioni genitoriali;
c)	il sostegno a percorsi di uscita dal disagio e dalla violenza quanto più 
personalizzati, basati sull'analisi delle specifiche situazioni di violenza e 
tendenti a rafforzare la fiducia della donna nelle proprie capacità e risorse 
ed a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia;
d)	le attività formative nella scuola e per chi opera nel settore socio-sanitario, 
dell’ordine pubblico e giudiziario al fine di potenziarne le capacità di 
rilevazione, accertamento, protezione e cura e per contrastare l’impiego di 
lavoro minorile;
e)	la valorizzazione delle reti territoriali di servizi e di modelli di intervento 
caratterizzati da un lavoro di équipe nella presa in carico dei casi;
f)	l’organizzazione di campagne di prevenzione e di informazione sull’entità 
del fenomeno e sul danno che ne deriva nonché iniziative di censimento ed 
informazione circa le risorse di protezione, aiuto e sostegno disponibili sul 
territorio per un percorso di uscita dalla violenza.

 

ARTICOLO 60

Politiche per la tutela della salute mentale

1.	Le politiche per la tutela della salute mentale consistono nell’insieme 
degli interventi e dei servizi volti a:
a) individuare precocemente il disagio psichico in un’ottica di prevenzione e 
promozione della salute e benessere della popolazione;
b) prevenire qualsiasi forma di emarginazione e di esclusione sociale delle 
persone con problemi di salute mentale; 
c) promuovere l’integrazione e l’inserimento nel contesto sociale delle 
persone con disturbi mentali, favorendo la loro autonomia ed 
emancipazione anche attraverso la risoluzione dei problemi abitativi e di 
lavoro.
2.	Alle politiche della salute mentale concorrono le attività ad integrazione 
socio-sanitaria come richiamate agli articoli 48 e seguenti del capo I del 
titolo IV.

 

ARTICOLO 61

Politiche per la prevenzione e il trattamento delle dipendenze

1.	Le politiche per la prevenzione e il trattamento dei comportamenti di 
abuso e delle dipendenze da sostanze stupefacenti e psicotrope consistono 
nell’insieme degli interventi e dei servizi volti a:
a) riduzione generalizzata dell’uso delle sostanze e/o riduzione dei danni 
correlati all’uso, attraverso la promozione di stili di vita sani per l’intera 
popolazione ed in particolare per le fasce a maggior rischio di 
emarginazione sociale;
b) realizzazione di servizi e progetti di accoglienza a bassa soglia e di unità 
di strada orientati alla prevenzione primaria e secondaria ed alla riduzione 
del danno;
c) promozione e sostegno della rete dei soggetti pubblici e del privato 
sociale, che operano nel settore;
d) promozione di interventi di prevenzione e contrasto del consumo di 
sostanze, rivolti alle fasce di età giovanili e  nei luoghi di aggregazione 
giovanile;
e) sviluppo di azioni sociali di sostegno ai programmi di riabilitazione dei 
soggetti tossicodipendenti ed alcoldipendenti attraverso la risoluzione delle 
problematiche legate agli inserimenti lavorativi ed abitativi.
2. Alle politiche per la prevenzione ed il trattamento delle dipendenze 
concorrono le attività ad integrazione socio-sanitaria come richiamate agli 
articoli 48 e seguenti del capo I del titolo IV.

TITOLO VI
Disposizioni finali e transitorie

CAPO I
Disposizioni finali e transitorie
 

ARTICOLO 62

Regolamento 

1.	Con regolamento regionale, da approvarsi entro duecentosettanta giorni 
dall’entrata in vigore della presente legge, sono definiti:
a)	relativamente alle tipologie di strutture residenziali e semiresidenziali 
soggette ad autorizzazione, ivi comprese quelle che erogano prestazioni 
inerenti alle aree d’integrazione socio-sanitaria:
1)	i requisiti minimi strutturali e organizzativi;
2)	le figure professionali di profilo sociale preposte alla direzione delle 
strutture;
3)	i requisiti professionali per il personale addetto;
4)	i termini per l’adeguamento delle strutture, autorizzate alla data di entrata 
in vigore del regolamento regionale, ai requisiti di cui ai numeri 1), 2) e 3);
5)	i criteri per la composizione ed il funzionamento della commissione 
multidisciplinare, di cui all’articolo 20, comma 3;
6)	i requisiti previsti a pena di decadenza dell’autorizzazione, ai sensi 
dell’articolo 24, comma 2;
b)	relativamente alle strutture soggette all’obbligo di comunicazione di avvio 
di attività:
1)	i requisiti organizzativi e di qualità per la gestione dei servizi e per 
l’erogazione delle prestazioni;
2)	i requisiti organizzativi specifici;
3)	le modalità di integrazione delle persone ospitate nelle strutture e nella 
rete dei servizi sociali e sanitari;
c)	la composizione e la procedura per la nomina della commissione 
regionale per le politiche sociali;
d)	i livelli di formazione scolastica e professionale per gli operatori sociali 
impiegati nelle attività del sistema integrato.

 

ARTICOLO 63

Norme transitorie

1.	I procedimenti per l’autorizzazione di strutture residenziali e 
semiresidenziali in corso alla data di entrata in vigore del regolamento, di 
cui all’articolo 62, sono conclusi sulla base delle leggi regionali abrogate 
dalla presente legge.
2.	Fino all’approvazione del piano integrato sociale regionale ai sensi 
dell’articolo 27, mantiene la propria validità il piano integrato sociale 
regionale di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 24 luglio 2002, n. 
122 (Piano integrato sociale regionale 2002-2004) e successivi 
aggiornamenti.
3.	Gli atti amministrativi regionali, anche a carattere transitorio, approvati 
entro la data di entrata in vigore della presente legge mantengono la propria 
validità.

 

ARTICOLO 64

Modifiche all’articolo 35 della l.r. 43/2004 

1.	Il comma 1 dell’articolo 35 della legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 
(Riordino e trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e 
beneficenza “IPAB”. Norme sulle aziende pubbliche di servizi alla persona. 
Disposizioni particolari per la IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”) è 
abrogato.

 

ARTICOLO 65

Abrogazioni

1.	Sono abrogate le seguenti leggi e disposizioni:
a)	legge regionale 27 marzo 1980, n. 20 (Interventi a favore delle persone 
non autosufficienti);
b)	legge regionale 16 aprile 1980, n. 28 (Idoneità delle strutture di ospitalità 
e dei nuclei affidatari o ospitanti);
c)	legge regionale 3 ottobre 1997, n. 72 (Organizzazione e promozione di un 
sistema di diritti di cittadinanza e di pari opportunità: riordino dei servizi 
socio-assistenziali e socio-sanitari integrati), ad esclusione dell’articolo 21, 
le cui disposizioni continuano ad applicarsi nei confronti di ciascuna IPAB 
fino alla conclusione del relativo procedimento di trasformazione previsto 
dalla legge regionale 3 agosto 2004, n. 43 (Riordino e trasformazione delle 
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza “IPAB”. Norme sulle 
aziende pubbliche di servizi alla persona. Disposizioni particolari per la 
IPAB “Istituto degli Innocenti di Firenze”);
d)	articolo 13 della legge regionale 12 gennaio 2000, n. 2 (Interventi per i 
popoli Rom e Sinti).

Formula Finale:

La presente legge è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione. E’ fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della
Regione Toscana.

Firenze, 24 febbraio 2005

La presente legge è stata approvata dal Consiglio Regionale nella seduta
del 17.02.2005.