Cinema e handicap
filmografia a cura di Paolo Ferrario - www.segnalo.it
A PRIMA VISTA
di Winkler, Irwin, USA 1999, 129
Cieco dall'età di tre anni, Virgil Adamson (V. Kilmer) riacquista la vista dopo un intervento chirurgico
sperimentale e la riperde. Amy Benic (M. Sorvino), la donna che l'ama, lascia l'architettura e diventa scultrice.
L'accorta sceneggiatura dell'ex attore Steve Levitt è tratta dal racconto To See and Not See (nel volume Un
antropologo su Marte) del neurologo e scrittore Oliver Sacks. Pur con qualche ingorgo melodrammatico nella
seconda parte, riscattato dalla quieta sobrietà della conclusione, l'analisi psicologica del rapporto amoroso tra
i due protagonisti è condotta con sommessa sapienza, non senza risvolti erotici all'inizio e la bella sequenza
della pioggia
A PROPOSITO DI HENRY
di NICHOLS MIKE, USA 1991, 103'
Per una ferita alla testa, avvocato di successo e senza scrupoli perde la memoria e cambia la sua vita dandole
un nuovo indirizzo e un altro senso.
UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA
di CAMPION JANE, AUSTRALIA 1990, 158'
Biografia in 3 parti per la TV (ridotta di 50' per il grande schermo) di Janet Frame (1924), la maggiore scrittrice
neozelandese vivente, che, per una diagnosi sbagliata di schizofrenia, patì nove anni di manicomio e 200
elettroshock e si salvò dalla lobotomia grazie a un premio letterario. Basata sull'autobiografia (1983-85) in 3
parti (Nella tua terra, Un angelo alla mia tavola, L'inviato di Mirror City), nell'adattamento di Laura Jones, è
un'opera che, dopo Sweetie (1988) e prima dell'acclamato Lezioni di piano (1993), fa di J. Campion uno dei
cineasti emergenti degli anni '90. Film sulla letteratura, ma non letterario, notevole per la forte fisicità della
scrittura, l'acume psicologico senza concessioni allo psicologismo, l'arte del suggerire soltanto i passaggi
esplicativi, la capacità di mostrare i grandi spazi, il rifiuto del binomio romantico di genio e follia. Leone
d'argento a Venezia 1990 dove, secondo molti, avrebbe meritato l'oro.
Cattiva
di Lizzani Carlo, ITA 1991, 90'
Ai primi del Novecento, ricca signora della borghesia zurighese viene ricoverata in una clinica psichiatrica dopo
la morte della figlia. Il professor Brockner inclina a una diagnosi di schizofrenia, ma un giovane assistente,
attento alle ricerche viennesi del dottor Freud, propende per una nevrosi e riesce a guarirla. Ispirata a un passo
di un libro dello svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961), la storia è stata scritta da Francesca Archibugi con
l'aiuto di Furio Scarpelli su misura per la De Sio che offre una bella prova di attrice. Consigliabile ai curiosi di
psicoanalisi e agli amanti del Lario.
DANCER IN THE DARK
di VON TRIER LARS, DAN 2000, 137'
Operaia cecoslovacca, immigrata nell'Est degli USA con il figlioletto Gene, Selma sta diventando cieca, ma
lavora a tutto spiano per accumulare la somma necessaria a far operare il figlio, affetto dalla sua stessa
malattia. Evade dalla dura realtà, trasformandola in termini di musical. Ucciso un poliziotto che l'ha derubata
dei risparmi, non fa nulla per scagionarsi: condannata a morte, è impiccata.
DIETRO LA MASCHERA
di BOGDANOVICH PETER, USA 1985, 120'
Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky
Dennis è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle
prese con una storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente
senza indulgere né agli effetti né al sentimentalismo.
DIETRO LA MASCHERA
di BOGDANOVICH PETER, USA 1984, 115'
Affetto da una rara malattia (leontiasi) che gli deforma mostruosamente il cranio e il viso, il sedicenne Rocky
Dennis è risarcito dall'amore della madre sgallettata e dalla protezione di una banda di simpatici punk. Alle
prese con una storia non lontana da Elephant Man, Bogdanovich ha il merito di aver fatto un film commovente
senza indulgere né agli effetti né al sentimentalismo.
LA DONNA SCIMMIA
di FERRERI M., ITA 1963, 100'
Scoperta in un monastero, Maria, donna interamente ricoperta di peli, il trafficone Antonio Focaccia la sposa e
la espone come un fenomeno da fiera. Tra i due nasce l'amore, e poi un bambino. Maria muore di parto e il
figlio non le sopravvive, ma il marito continua a girare le fiere esponendo i corpi imbalsamati. Per intervento del
produttore Carlo Ponti quest'ultima parte fu eliminata. Il film si chiude con la morte della donna barbuta. È un
grottesco che continua con sgradevole genialità il discorso sull'anormalità familiare e sulla dimensione
mostruosamente economica della convivenza sociale avviato con L'ape regina (1962).
E' STATA VIA
di HALL P'ETER, GB 1988, 105'
Dopo sessant'anni in un ospedale psichiatrico, una vecchia viene affidata a un ricco nipote e alla sua riluttante
moglie. Tra le due donne, però, nasce un'amicizia solidale che è anche il riconoscimento di una diversità, di
un anticonformismo ribelle. La sempre verde Ashcroft vinse a Venezia la coppa Volpi per l'interpretazione
femminile. P. Hall, regista un po' inamidato e accademico, è stato soccorso dal copione di Poliakoff che ha
saputo combinare capacità d'indignazione, lucidità di scelta dei bersagli e destrezza nel colpirli sotto il segno
di un'ironia mordace e leggera.
EDWARD MANI DI FORBICE
di BURTON TIM, USA 1990, 101'
Un vecchio scienziato muore prima di essere riuscito a fare alla sua meravigliosa creatura tecnoumana le
mani che sostituisce con due paia di forbici. Il giovanotto, che vive in un castello, viene adottato da una
famiglia, va ad abitare nel sobborgo di una moderna città americana, ma è infelice perché odiato dai vicini per
la sua diversità. Pur con qualche ingorgo verso la fine, è la favola più originale uscita da Hollywood da molti
anni, nella sua miscela di tenerezza e crudeltà. Il talento grafico di Burton (il quartiere residenziale di
pistacchio e caramello, l'assurdo e minaccioso castello, Edward che con le sue cesoie tosa i cani e modella
cespugli) è al servizio di un universo intensamente "poe-tico".
EL COCHECITO. LA CARROZZELLA
di FERRERI MARCO, SPA 1959, 80'
Per godere della compagnia degli amici superstiti, tutti paralitici, l'ottantenne don Anselmo chiede ai familiari
una carrozzella a motore. Gliela negano, lui li avvelena. 3o e ultimo film spagnolo di M. Ferreri. Apologo
crudele e grottesco sulla vecchiaia e l'ipocrisia dei rapporti familiari borghesi. È anche un ritratto impietoso
della Spagna franchista.
THE ELEPHANT MAN
di LYNCH DAVID, GB 1980, 125'
Affetto da una grave forma di neurofibromatosi, il mostruoso John C. Merrick (1862-90) diventa un fenomeno da
baraccone e poi ospite privilegiato nel London Hospital, coccolato da ricchi londinesi. Horror in presa diretta
sulla realtà, è un film sulla dignità e il dolore, sull'umanità che si nasconde sotto una maschera mostruosa.
L' ENIGMA DI KASPAR HAUSER
di HERZOG WERNER, GER 1975, 109'
26 maggio 1828: a Norimberga viene trovato giovane un po' tardo abbandonato da tutti. Fra sogno e ambiguità,
Herzog narra con partecipazione autobiografica la vicenda del suo "ragazzo selvaggio", un caso che da più di
un secolo è oggetto di studi e ricerche e ha ispirato Paul Verlaine, Paul Wassermann, George Trakl e Peter
Handke. Kaspar Hauser incarna l'estraneità assoluta, l'imprevisto che non rientra nelle norme sociali,
giuridiche, religiose. La sua è una "passione laica" per l'apprendimento della vita come linguaggio e
comunicazione. Herzog ne delinea lo spazio popolato di sogni, incubi, angoscia, premonizioni di morte e la
segue con rigore visionario, trovando in Bruno S. un interprete fuori dall'ordinario, lui stesso orfano cresciuto fra
riformatori e carceri.
GLI ESCLUSI
di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'
In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo
energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al
messaggio e l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori
GLI ESCLUSI
di CASSAVETES JOHN, USA 1963, 102'
In un ospedale per bambini handicappati c'è chi vorrebbe curarli con l'amore e chi invece trova che il metodo
energico è più efficace. La contaminazione tra l'apostolato sociale e lo spettacolo, con un occhio al
messaggio e l'altro alla cassetta, dà risultati stridenti e contraddittori
FAMILY LIFE
di LOACH KENNETH, GB 1971,
Oppressa dall'ambiente puritano della famiglia, costretta a lasciare il suo ragazzo e ad abortire "per il suo
bene", Janice si ribella nevroticamente. Finirà in un ospedale psichiatrico. Racconto-inchiesta dalla scrittura
sciolta, rigorosa, onesta che alterna momenti descrittivi a squarci drammatici. La bravura di S. Ratcliff nel
disegnare il personaggio che s'inabissa nella malattia è esemplare
FIGLI DI UN DIO MINORE
di HAINES RANDA, USA 1986, 118'
Ricoverata a cinque anni in un istituto per sordi, Sarah vi è rimasta per vent'anni come donna delle pulizie
finché incontra un nuovo insegnante anticonformista. Tra i due nasce un amore che vince incomprensioni,
ostacoli, contrasti. Tratto da un dramma teatrale di Mark Medoff, film d'esordio della quarantenne R. Haines,
parla al cuore in triplice modo: abilmente confezionato, efficacemente vivace in alcune scene, sottile in altre,
furbo e accattivante.
La fossa dei serpenti
di Litvak Anatole, usa 1948, 108'
Dal romanzo di Mary Jane Ward: vittima di una amnesia depressiva, Virginia è curata dal dottor Kirk in una
clinica psichiatrica con l'ipnotismo e la choc-terapia finché, ricoverata nel reparto degli agitati, è così scossa
che riesce a ricordare gli episodi dell'infanzia e dell'adolescenza che l'avevano turbata e guarisce. È ancor oggi
il film più famoso sugli istituti psichiatrici, nonostante il successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975).
Molto discusso sia a livello terapeutico sia per il suo crudo e un po' sensazionalistico resoconto sulla vita in
manicomio, conta soprattutto per l'interpretazione di O. de Havilland e per qualche sequenza descrittiva. 5
nomination agli Oscar senza vincerne alcuno.
FREAKS
di BROWNING TED, 1932,
La cinica trapezista di un circo sposa un nano per interesse e poi lo avvelena per impossessarsi del suo
denaro. I "mostruosi" amici del nano lo vendicano tremendamente, trasformandola in uno di loro. Film
maledetto e leggendario, prima prodotto e poi rinnegato dalla M-G-M, unico nella storia del cinema: i "mostri"
sono autentici. Inno alla mostruosità innocente contro la normalità colpevole. Un piccolo classico. Se fosse
soltanto la traversata di un mondo teratologico, sarebbe il frutto di un sensazionalismo abietto come Mondo
cane, ma l'occhio del regista ha rispetto e compassione per i suoi personaggi sensibili e vulnerabili. Subì
diversi tagli in molti stati dell'Unione e fu per trent'anni proibito nel Regno Unito.
Freud, passioni segrete
di Huston John, GB 1962,
Sono condensati gli avvenimenti di un quinquennio (1885-90) importante nella vita di Sigmund Freud con una
duplice indagine: quella dei ricordi d'infanzia di Cecilia, ragazza isterica, e quella sui ricordi dello stesso
Freud. Più che biografico, è il rapporto sull'avventura della mente. Opera più che decorosa, qua e là fascinosa,
che naviga in difficoltà tra le secche dello sceneggiato didattico e gli scogli dell'aneddotica hollywoodiana. La
sceneggiatura di Charles Kaufman e Wolfgang Reinhardt conserva alcune delle migliori idee di quella
esorbitante (1100 pagine) che Jean-Paul Sartre aveva approntato per Huston.
Il gabinetto del dottor Caligari
di Wiene Robert, ger 1920,
Nella cittadina tedesca di Holstenwall intorno al 1830 il dottor Caligari esibisce in un baraccone da fiera il
sonnambulo Cesare, inconsapevole esecutore dei suoi delitti. Lo studente Franz scopre che Caligari è il
direttore di un manicomio e lo smaschera. In una sequenza finale, ambientata nel manicomio, si viene a
sapere che Franz è pazzo e che tutto il racconto è frutto di una sua ossessione. Responsabile della scelta,
per le scene (tutte dipinte) e i costumi, dei pittori Walter Reimann, Walter Röhrig e dell'architetto Herman
Warm e del regista R. Wiene (che sostituì Fritz Lang), il produttore Erich Pommer aggiunge il finale (e il
prologo) alla sceneggiatura di Carl Mayer e Hans Janowitz. I due protestarono perché l'espediente
contraddiceva le loro intenzioni satiriche contro l'autoritarismo prussiano che tende a trasformare gli uomini in
automi. Opera espressionistica per eccellenza, capolavoro del muto di straordinaria influenza sul cinema
successivo, è probabilmente il 1o film di culto della storia del cinema, il 1o film horror di valore e il 1o a
proporre la teoria che il terrore psicologico può essere spaventevole quanto quello fisico. Oltre alla sua forza
claustrofobica figurativa – frutto di un coerente apporto di scene, costumi, illuminazione, recitazione – che
crea un mondo di caos, paura, incomunicabilità, il film è assai moderno nella sua tematica per l'intersecazione
dei suoi livelli di realtà e l'ironica ambiguità del suo scioglimento.
Un giorno di ordinaria follia
di Schumacher Joel, usa 1993, 115'
Los Angeles, estate 1992, caldo torrido. Bill rimane bloccato con l'auto in un ingorgo, scende, la chiude e "va
a casa" con una passeggiata di quaranta chilometri che si trasforma in un'odissea violenta. A quella di Bill fa
da riscontro la vicenda parallela di un poliziotto al suo ultimo giorno di servizio. È lui che intuisce l'itinerario di
sangue e violenza che Bill traccia attraverso la città. Sarà lui a fermarlo. Tirato come un cavo ad alta tensione,
attraversato da lampi di umorismo sull'assurdità della vita metropolitana, sapientemente giocato sui binari
delle due azioni parallele, il film ha una prima parte quasi perfetta e un finale rassicurante con qualche caduta
nella parte centrale.
IL GRANDE COCOMERO
di ARCHIBUGI FRANCESCA, ITA 1993, 100 '
Alle prese con la dodicenne Pippi (A. Fugardi), figlia di borgatari arricchiti e affetta da ricorrenti crisi
epilettiche, Arturo (S. Castellitto), psichiatra infantile, tenta – contro le apparenze e le norme – una terapia
analitica. Ispirato alle esperienze del neuropsichiatra Marco Lombardo Radice, è il caso raro di un film italiano
con un eroe positivo, un personaggio vincente. Con una tecnica drammaturgica attenta alle dinamiche del
cinema americano e alla lezione della miglior commedia italiana, F. Archibugi racconta con cura intelligente
l'ambiente ospedaliero, il retroterra familiare dei personaggi, le figure minori. È un film aperto alla forza
dell'utopia, segnato da un pessimismo attivo e da una stoica compassione. La regista penetra nel mondo
infantile, comportandosi come un ospite, e si muove in quello del dolore con la leggerezza pensosa di chi sa
dosare umorismo e rispetto, affetto e lucidità.
HOMER & EDDIE
di KONCHALOVSKIJ ANDREIJ, USA 1989, 96'
Lui (Belushi) è un cerebroleso per colpa di una palla di baseball che vuole far visita al padre moribondo benché
l'abbia diseredato; lei (Goldberg), minata da un tumore, gli offre un passaggio in auto. Viaggiano attraverso gli
States, commettendo furtarelli, verso un epilogo funesto. 6o film made in USA del russo Koncalovskij che non
si trova a suo agio con i tempi e i modi del cinema su strada e preme troppo l'acceleratore del dolore e
dell'emarginazione.
Ivo il tardivo
di Benvenuti Alessandro, ita 1995, 107'
Uscito dal manicomio, il quarantenne Ivo torna al toscano paese natio, vive solo nella casa paterna
abbandonata, s'innamora dell'analista Sara, combina guai, mette a frutto il suo talento naturale per pittura e
rebus, fa amicizia con un quartetto di altri "matti", crea bellissimi murales che le scolaresche del posto
visitano. Ivo come cartina di tornasole per i limiti e i difetti dei "normali". La malattia mentale come variante
della normale eccentricità, il volontariato sociale come pratica della bontà intelligente. Un Forrest Gump in
salsa toscana? Strano, divertente, doloroso, questa commedia in cadenze (e con finale) di favola ha forse il
torto di non scegliere con maggiore decisione la via da battere.
LAMA TAGLIENTE
di THORNTON BILLY BOB, USA 1998, 130'
"Lama tagliente" è la storia di un disabile mentale di nome Karl Childers che, uscito dall'istituto di cura dove
aveva trascorso più di vent'anni, ritorna alla società. Sulle prime viene imprevedibilmente accolto. Tutti sono
consapevoli della sua menomazione, alcuni lo deridono chiamandolo ritardato, ma il suo dramma edipico (a 12
anni uccise con un coltello la madre e il suo amante cafone) sembra ormai lontano. Karl instaura con un
bambino, della stessa età di quando lui commise il duplice delitto, un delizioso rapporto, emozionante, basato
su una completa considerazione reciproca. Tuttavia il bambino ha una madre vedova, vive con un uomo molto
rozzo che la vessa e non sopporta il figlio e che, naturalmente, si vorrebbe sbarazzare anche di Karl. Così,
vent'anni dopo, si ripropone lo stesso dramma…
LEZIONI DI PIANO
di CAMPION JANE, FRA 1993, 118'
Nel 1825, venuta dalla Scozia, sbarca in Nuova Zelanda Ada, muta fin da bambina, sposa per procura a un
coltivatore inglese, con una figlia di nove anni, i bagagli e un pianoforte. Un vicino di casa, maori convertito,
l'aiuta a recuperare il piano che il marito rifiuta, e diventa il suo amante tra lo scandalo della piccola comunità
locale. 3o film della neozelandese J. Campion (1955), è un dramma che coniuga il romanticismo gotico di
Emily Brontë con l'acceso erotismo di D.H. Lawrence, filtrandoli attraverso la sensibilità e la lucidità di una
donna di oggi che rifiuta l'ipoteca del pessimismo tragico
Matti da slegare
di Agosti Silvano; Bellocchio M.; Rulli; Petraglia, ITA 1975, 135'
Girato in 16 mm nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma, è la riduzione di Nessuno o
tutti, film documento in due parti ("Tre storie", "Matti da slegare") di 100' ciascuna, distribuito nel circuito
alternativo di ospedali psichiatrici, scuole, cineclub, circoli politici e culturali. Non ha pretese scientifiche. Non
è – in senso stretto – nemmeno un'inchiesta, ma piuttosto una testimonianza e una denuncia. La tesi è
racchiusa nel titolo: i malati mentali sono persone "legate" in molti modi e per diverse cause. Se si vuole
curarli (non guarirli, ma almeno impedire che vengano guastati dai metodi tradizionali) occorre slegarli, liberarli,
reinserirli nella comunità. Il film dice che: a) spesso la malattia mentale ha origini sociali, di classe; b)
l'irrazionalità degli asociali è una risposta all'irrazionalità della società; c) l'assistenza psichiatrica non è
soltanto uno strumento di segregazione e di repressione, ma anche di sottogoverno e di potere economico; d)
lo psichiatra è formalmente un uomo di scienza, ma in sostanza un tutore dell'ordine come il poliziotto e il
carceriere. Il film conta e vale come atto di amore e di rispetto per l'uomo che, anche quando è "diverso" e
malato in modo sconvolgente (catatonici, mongoloidi, paranoici, schizofrenici) è sempre preso sul serio. La
finale festa danzante è un grande momento di cinema. Vale anche per la capacità di rivelazione degli esseri
umani, capaci per ragioni soltanto in parte spiegabili di diventare personaggi.
LA MERLETTAIA
di GORETTA CLAUDE, SVI 1977, 107'
Da un romanzo di Pascal Lainé: nella cittadina balneare di Cabourg studente universitario di famiglia agiata e
Beatrice detta Pomme, parrucchiera apprendista, si conoscono, si amano, decidono di convivere in un
appartamentino a Parigi. Lui si disamora, lei se ne va in silenzio, si ammala di anoressia, è ricoverata in un
ospedale psichiatrico. Una delle più belle storie d'amore degli anni '70 per delicatezza e profondità. È anche la
storia di un delitto, di una demolizione, una metafora del modo con cui la ricca borghesia sfrutta la classe
lavoratrice, una riflessione sulla donna come oggetto di consumo
IL MIO CORPO TI APPARTIENE
di ZINNERMANN FRED, USA 1950, 85'
In una clinica specializzata un reduce di guerra paraplegico cerca di riadattarsi alla vita civile. Scritto da Carl
Foreman, è un dramma semidocumentario apprezzabile per l'autenticità del suo realismo. Fece sensazione
negli USA per la rappresentazione senza ipocrisie del problema sessuale. 1o film di Brando (1924): eccellente
IL MIO PIEDE SINISTRO
di SHERIDAN J., USA 1989,
Storia vera di Christy Brown (1932-81), nono di tredici figli di una famiglia operaia irlandese, paraplegico dalla
nascita, che riuscì a esprimersi col piede sinistro, diventando un apprezzato pittore e scrittore. Opera prima
dell'irlandese J. Sheridan, ha molti meriti: la performance tormentata di D. Day-Lewis (premio Oscar come
protagonista insieme con B. Fricker, la madre, premiata come non protagonista) e, nonostante il taglio
edificante e nobilmente irrealistico del racconto, una ruvida sobrietà nella descrizione dell'ambiente operaio,
con tocchi di umorismo e notazioni che rimandano alla Dublino di Joyce, più volte citato, e alla Liverpool di
Terence Davies.
I misteri di un'anima
di Pabst Georg Wilhelm, GER 1926, 71'
Rientrato a casa della moglie, un chimico viennese apprende che un cugino, in procinto di ritornare dall'Asia,
gli ha inviato un'antica spada giapponese e una statuetta. Entra in una crisi depressiva, ha spaventevoli incubi
notturni, scopre di essere affascinato dagli utensili da taglio e di avere impulsi aggressivi verso al moglie. Si
rivolge a uno psicanalista che dopo molte sedute l'aiuta a individuare l'origine e la causa delle sue ossessioni
e a liberarsene. Per tradurre in immagini la sceneggiatura di Colin Ross e Hans Neumann, G.W. Pabst chiese
prima a Sigmund Freud (che rifiutò), poi a due suoi allievi (Karl Abrahams e Hanns Sachs) una consulenza
scientifica. Al di là della sua importanza storica, il 4o film dell'austriaco Pabst (1885-1967) rimane, nonostante
l'handicap del muto e l'idillica lieta fine, un film interessante e avvincente per l'equilibrio tra la dimensione
estetica e quella esplicativa e la ricchezza delle invenzioni visive: la tecnica psicanalitica offre al regista un
metodo di esplorazione e non l'occasione di una predica destinata a far passare una verità rivelata.
NICK E GINO
di YOUNG ROBERT M., USA 1988, 111'
Nick Luciano, addetto alla nettezza urbana, ritardato mentale, divide la stanza col fratello Gino, giovane
medico che, pur protettivo verso Nick, vorrebbe vivere pienamente le proprie ambizioni e far carriera.
Melodramma con la sordina sui temi dell'amore, della compassione, delle responsabilità. Bella e severa la 1ª
parte, poi si va verso un improbabile thriller. Liotta sopra le righe, ma Hulce non è mai stato così bravo.
OLTRE IL GIARDINO
di ASHBY HAL, USA 1979, 130'
Un giardiniere ignorante, e da anni imbottito solo di TV, viene scambiato per un famoso e saggio filosofo. Di
equivoco in equivoco diventa una celebrità nazionale, e viene ricevuto alla Casa Bianca come consigliere.
Scritta da Jerzy Kosinski (1933-91) che ha adattato il proprio romanzo Presenze (1971), è un'amara, aguzza,
divertente parabola satirica sulla società americana nell'epoca della TV. Penultima e memorabile
interpretazione di Sellers (1925-90).
IL PAESE DEL SILENZIO E DELL'OSCURITA'
di HERZOG WERNER, GER 1975, 85'
Per compiere questo viaggio al termine della notte il regista bavarese (1942) ha avuto per guida la dolcissima e
volitiva Fini Straubinger, sorda e cieca che gli fa da guida - e da interprete attraverso un alfabeto digitale e
tattile - in una serie di visite a persone sorde e cieche o a istituzioni che a Monaco di Baviera li accolgono. È
qualcosa di più di un documentario, sia pure straziante. I sordo-ciechi sono "esponenti di un'umanità estrema
che può raggiungere vertici di profondità altrimenti insondabili ... e quindi diventano per Herzog la base amata
necessaria per produrre immagini e suoni non compromessi da una retorica quotidiana..." (Fabrizio Grosoli). È
anche un film sul cinema, sull'apprendistato della visione. Per Herzog gli spettatori sono dei sordo-ciechi che
hanno da essere rieducati all'esercizio dei loro sensi ottusi dall'abitudine. Non pochi i momenti di sconvolgente
emotività: l'incontro tra la Straubinger e Vladimir, sordo-cieco dalla nascita e handicappato psichico; la scena
in cui un contadino, nato sordo e diventato cieco in età adulta, va ad abbracciare un albero.
PRIMA DEL TRAMONTO
di WINER HARRY, 1990,
I pugni in tasca
di Bellocchio Marco, ITA 1965, 107'
In un'agiata casa borghese di Bobbio (PC) una madre cieca vive di ricordi con 4 figli, uno dei quali, epilettico
ed esaltato, la elimina e uccide anche un fratello deficiente. Colpito da una crisi è lasciato morire dalla sorella.
Dopo Ossessione di Visconti non c'era mai stato nel cinema italiano un esordio così clamoroso e autorevole.
Non c'è più stato nemmeno nei 20 anni seguenti. Bellocchio sfida il grottesco senza cadervi. Duro, crudele,
angoscioso.
QUALCUNO VOLO' SUL NIDO DEL CUCULO
di FORMAN MILOS, USA 1975, 133
Da un romanzo di Ken Kesey: pregiudicato, trasferito in clinica psichiatrica, smaschera il carattere repressivo
e carcerario dell'istituzione. La rivolta dura poco, ma lascia qualche segno. Premiato con 5 Oscar (film, regia,
Nicholson e Fletcher, sceneggiatura di Bo Goldman e Laurence Hauben) – come non succedeva da Accadde
una notte (1934) – è un film efficacemente e astutamente polemico sul potere che emargina i diversi e sul
fondo razzistico della psichiatria.
RAIN MAN
di LEVINSON BARRY, USA 1988,
Viaggio da Cincinnati a Los Angeles di un disinvolto commerciante d'auto e di suo fratello, autistico con genio
matematico. Divertente, commovente, ruffianello, conta specialmente per D. Hoffman e il suo istrionismo
raffreddato. 4 Oscar: film, regia, sceneggiatura (Ronald Bass e Barry Morrow), D. Hoffman. Orso d'oro al
Festival di Berlino 1989.
RATBOY
di LOCKE SONDRA, USA 1986, 105'
Peripezie di un ragazzo-topo di provenienza sconosciuta sfruttato per denaro da una vetrinista che l'ha scovato
e da un gruppo di cinici senza scrupoli. Lieta fine garantita. Esordio nella regia di S. Locke con gli abituali
collaboratori di Clint Eastwood – all'epoca suo compagno nella vita – in una favola drammatica dai risvolti
sociali che non esce dalle convenzioni del genere.
RISVEGLI
di MARSHALL PENNY, USA 1990, 116'
Tratto dal ponderoso libro di Oliver Sacks che era una relazione medica sui "miracoli" indotti dalla droga
L-Dopa somministrata tra il 1969 e il 1973 nel Mount Carmel Hospital di New York a più di duecento malati,
sopravvissuti a una grave epidemia di encefalite letargica (malattia del sonno) che si era diffusa nel mondo tra
il 1917 e il 1927, il film, sceneggiato da Steven Zaillan, sviluppa una delle venti storie, quella del risveglio di
Leonard L. Mediocre in termini estetici e ruffiano nei confronti dello spettatore, è una sagra degli stereotipi del
cinema ospedaliero in salsa hollywoodiana che censura, inzucchera, banalizza e mistifica la materia del libro.
Qualche momento di autentica malinconia e un imperdonabile finale sdolcinato. R. De Niro attraversa da
virtuoso tutte le fasi della malattia in una sarabanda mimica quasi oscena. R. Williams, contenuto e
volutamente in sordina, è superbo.
La seconda ombra
di Agosti, Silvan, ITA 2000, 84'
Un episodio nella vita di Franco Basaglia (1924-80), il più noto esponente dell'antipsichiatria italiana. La sua
opera portò alla legge 180 del 1978 sull'abolizione degli istituti manicomiali che poi fu soltanto parzialmente
applicata. L'azione si svolge nel 1961 quando Basaglia prese la direzione dell'ospedale psichiatrico di Gorizia.
Si divide in 3 parti: 1) Basaglia in incognito percorre le miserie umane del manicomio; 2) la sua attività per
"liberare tutti, anche i medici", occupandosi dei malati (i matti che "tuttavia" sono persone) più che della
malattia; 3) la grande sequenza notturna in cui si abbatte il muro che separa i malati dalla città. Il titolo allude
all'interiorità del malato, il luogo in cui si rifugia con la sua diversità. Film a basso costo (con un ottimo R.
Girone a paga sindacale), fuori dagli schemi, intenso nella sua semplicità che non è soltanto didattica
SENZA PELLE
di D'ALATRI ALESSANDRO, ITA 1994, 90
La vita quieta di una coppia piccoloborghese a Roma – lei impiegata alle Poste, lui conducente d'autobus – è
turbata dall'ossessivo corteggiamento di Saverio, giovane psicolabile e ipersensibile, innamorato della donna.
Lei è imbarazzata; lui, superati i primi impulsi di gelosia aggressiva, cerca di capire l'intruso e la sua diversità,
sentendosi un po' santo, un po' fesso. Un'idea forte di partenza, sviluppata senza divagazioni né demagogia
sentimentale con una conclusione che apre uno spiraglio di speranza per il giovane Saverio.
SESSION 9
di Anderson Brad, USA 2001, 96'
Un vecchio manicomio da ristrutturare.
Un lavoro da svolgere al massimo in una settimana: cinque uomini impegnati a rimuovere tutto l'amianto che
si trova negli ampi spazi dell'edificio, prima che i lavori di ripristino vero e proprio della struttura possano
partire.
Non è la prima volta che vengono descritte le influenze di luoghi sinistri e minacciosi sulla psiche di un gruppo
di individui sempre più isolati.
Dalla sua Session 9 sceglie un interessante punto di vista operaio e proletario, ma il tentativo nel finale di dare
una pennellata razionale non lo aiuta ad avere il coraggio di andare oltre la logica fino in fondo.
UNA STORIA VERA
di MANDOLD LUIS, USA 1987, 110'
Gaby Brinner, nata nel 1947 a Città del Messico con la sola mobilità del piede sinistro e col cervello intatto,
impara a comunicare e a leggere. Nel 1979 scriverà la sua autobiografia che è la fonte di questo film.
L'esordiente R. Levin e L. Monoson, il ragazzo handicappato che s'innamora di lei sono attendibili e credibili.
L. Ullman e R. Loggia, i genitori, recitano con misura pari all'efficacia, ma chi dà più di tutti l'acqua della vita a
Gaby è l'argentina N. Aleandro. Quand'è di scena col suo silenzio e i suoi sguardi, è una presenza che
illumina lo schermo. Ha ben meritato la nomination all'Oscar.
UOMINI E TOPI
di MILESTONE LEWIS, USA 1939, 107'
Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali (B. Meredith) sfrutta
– e, insieme, protegge – l'altro (L. Chaney), dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino.
Epilogo tragico. Prodotta da Hal Roach e sceneggiata da Eugene Solow, è l'efficace e fedele versione del
romanzo (1937) di John Steinbeck (1902-68), archetipo di un classico motivo della narrativa nordamericana
(dunque del cinema hollywoodiano): l'amicizia virile. Recitato benissimo da tutti, giovò soprattutto alla carriera
di Chaney Jr. (1905-73) che poi, sulla scia del padre, fece fortuna nel cinema di spavento.
UOMINI E TOPI
di SINISE GARY, USA 1992, 111'
Nei primi anni '30 della Depressione le peripezie di due braccianti itineranti, uno dei quali sfrutta – e, insieme,
protegge – l'altro , dotato di una forza da Maciste e di un cervello da bambino.
3o adattamento del noto romanzo (1937) di John Steinbeck (1902-68), premio Nobel 1962 per la letteratura.
Nonostante l'egregia fattura (sceneggiatura dello scrittore Horton Foote, fotografia di Kenneth MacMillan), il
risultato è quello di un'inutile operazione di recupero, di un gusto illustrativo che qua e là sconfina
nell'oleografia rurale di maniera, senza una profonda motivazione che non sia quella di offrire a J. Malkovich,
nella parte del gigantesco e infantile Ben, uno di quei personaggi che ogni attore sogna.
L' UOMO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI
di Redford, Robert, USA 1998, 169'
Dal romanzo omonimo (1995) di Nicholas Evans, sceneggiato da Eric Roth e Richard Lagravenese. Figlia di
ricchi professionisti , la quattordicenne Grace MacLean è vittima a New York di un incidente stradale in cui
muore una cara amica, lei perde una gamba e il suo amato purosangue Pilgrim rimane malconcio. Convinta
che l'avvenire della figlia sia legato a quello del cavallo, la madre Annie si reca con la figlia in una fattoria del
Montana dove vive Tom Booker, celebre per la sua conoscenza dei cavalli. Lunga la cura: Grace e il suo
Pilgrim guariscono, Annie s'innamora di Tom, ma decide di continuare la sua vita accanto al marito e alla
figlia.
L' UOMO SENZA VOLTO
di GIBSON MEL, USA 1993, 156'
Il professor McLeod, dal volto sfigurato, vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck,
con madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di
non farcela. I due sono destinati a incontrarsi, a capirsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. La città
maligna li separa e il professore è allontanato dall'allievo con l'infamante accusa di pedofilia.